di Valerio De Luca*
ROMA, venerdì, 20 aprile 2012 (ZENIT.org) – Le questioni globali che agitano il mondo economico e il lavoro, la crisi della politica e le istanze acute del disagio sociale, l’emergenza educativa e i nodi strutturali che ostacolano la crescita del nostro Paese richiedono di porre al centro un nuovo metodo di formazione delle classi dirigenti, mirato non solo alla competenza tecnica e specialistica al c.d. Know How, il “saper fare”, ma soprattutto all’educazione del know why , al saper essere per meglio comprendere il “perchè” e il “senso” di ogni azione, decisione e risultato.
Un nuovo modello di sviluppo economico e sociale dipende, infatti, dal rinnovamento culturale dell’uomo e dal senso della vita che sapremo scegliere per noi stessi e per le future generazioni.
Per questo la persona umana deve tornare al centro di tutto il mondo economico, perché non è l’economia che domina l’uomo, ma è l’uomo che si serve dell’economia.
Così scrive infatti il Papa: «Desidererei ricordare a tutti, soprattutto ai governanti impegnati a dare un profilo rinnovato agli assetti economici e sociali del mondo, che il primo capitale da salvaguardare e valorizzare è l’uomo, la persona, nella sua integrità: “L’uomo infatti è l’autore, il centro e il fine di tutta la vita economico-sociale”» (n. 25).
A nostro parere, infatti, la finanza sia pubblica che privata non è uno strumento intrinsecamente etico , ma è neutro rispetto a quelle finalità etiche che solo l’uomo è chiamato a decidere nei diversi ambiti del agire economico, politico e sociale, ove si sviluppa la sua personalità, questa sì unica dimora dell’essere morale.
E’ questa anche la missione ambiziosa di AISES che, in collaborazione con il Global Rules Ethics and Economics Network: una rete internazionale di università e centri di ricerca di eccellenza, tra cui la London School of Economics, Science Po di Parigi, la Luiss Guido Carli, l’Università di Roma Tor Vergata, intende ripensare insieme i valori etici e i principi guida, le regole e gli standard globali, i modelli teorici e gli strumenti applicativi, le strategie di investimento, le best practices e la governance di banche e imprese, da porre alla base di un nuovo modello di sviluppo sostenibile e di un sistema di finanziario al servizio del bene comune.
La crisi finanziaria internazionale, iniziata nel 2007 nel settore subprime statunitense si è poi estesa al debito pubblico dei Paesi dell’Eurozona, determinando forti tensioni a causa dell’intrecciarsi dei rischi bancari con quelli sovrani e da una governance europea ancora tutta da definire.
La crisi è, dunque, lontano dall’essere superata, e ciò condiziona il clima di fiducia, elemento essenziale per il buon funzionamento dell’economia reale e per un’efficiente allocazione delle risorse all’interno del sistema finanziario.
Di fronte agli attuali scenari di crisi del debito pubblico e dell’economia reale, la ricapitalizzazione delle banche e l’erogazione del credito alle imprese diventano il fattore determinate sia per la ripresa della crescita che per la competitività del sistema paese in Europa e nel mondo.
Uno degli elementi che possono contribuire a ripristinare la fiducia è rappresentato dall’insieme di regole che gli operatori della finanza saranno chiamati ad osservare nei prossimi anni.
L’agenda del G20 dello scorso dicembre è stata in buona parte realizzata; le norme di Basilea 3 hanno il compito arduo di bilanciare due necessità: da un lato, assicurare una riforma rigorosa, capace di promuovere un sistema finanziario più stabile; dall’altro, ridurre le possibili ricadute negative della riforma sulla crescita economica, soprattutto nella fase attuale, caratterizzata ancora da una ripresa incerta.
In questa fase congiunturale particolarmente difficile risulta davvero decisivo che le regole stabilite a livello globale siano attuate in maniera coerente nelle diverse giurisdizioni.
Le recenti dinamiche globali e il blocco della raccolta di fondi sul mercato hanno mostrato la necessità di innalzare i livelli qualitativi e quantitativi di capitale, anche nel sistema bancario del nostro Paese, pur estraneo alle cause originarie della crisi e dotati di robusti impianti di vigilanza.
In ragione dei perduranti frizioni sui mercati finanziari europei, il Consiglio europeo decise il 26 ottobre 2011 di rafforzare la base patrimoniale delle banche. In attuazione della decisione, lo scorso 8 dicembre l’EBA ha emanato una raccomandazione riferita a 71 grandi banche europee: le autorità di vigilanza nazionali devono chiedere agli intermediari di costituire, ove necessario, un cuscinetto (buffer) aggiuntivo di capitale tale da innalzare, entro la fine di giugno 2012, al 9 per cento il rapporto tra capitale di qualità più elevata (Core tier 1) e attività ponderate per il rischio.
La ratio di tale decisione aveva due finalità: l’una ha la funzione di stabilizzare e contenere il rischio percepito dagli investitori sulla solidità patrimoniale delle banche, cresciuto a seguito delle tensioni sul debito sovrano; la seconda, richiedendo un ulteriore cuscinetto patrimoniale, ha l’importante compito di consentire alle banche di prevenire ulteriori shock, e allo stesso tempo di continuare a finanziare l’economia.
Il recepimento in Europa dei principi concordati a livello globale costituisce uno snodo decisivo per garantire la loro piena e omogenea attuazione in tutti i paesi dell’Unione e per promuovere la competitività del sistema banche-impresa a livello mondiale.
Le risposte alla crisi finanziaria mondiale e alla crisi del debito sovrano utilizzando denaro pubblico hanno generato effetti recessivi e distorsivi , inducendo a ripensare il ruolo dell’ intervento pubblico nell’ economia dove gli stati da fattori di crisi diventano attori nella soluzione dei problemi di interesse generale in un gioco cooperativo con il settore privato e il mercato per promuovere regole, incentivi e strumenti finanziari a sostegno del credito, delle piccole e medie imprese e degli investimenti in infrastrutture per rilanciare la crescita di lungo periodo .
Ne sono un esempio il Fondo Italiano di Investimento a sostegno delle piccole e medie imprese, e la Banca del Sud promosse dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, dove l’interevento dello Stato riesce a garantire la remunerazione del capitale per la parte privata dei soci investitori, e a realizzare al tempo stesso l’ obiettivo generale della crescita del sistema produttivo, rendendo più solide e redditizie le imprese, e facilitando la qualità e l’accesso al credito.
Se da un lato, la “buona finanza” torna al servizio dell’economia reale attraverso l’uso sapiente di strumenti innovativi, capaci di proiettarsi sia nel breve che nel lungo termine, dall’altro la “buona politica” riconquista gli spazi del mercato e ridefinisce i tempi della finanza, rafforzando la fiducia nelle istituzioni e la coesione sociale.
In questa cornice, e’ essenziale la condivisione di principi e radici comuni, regole e stili di vita per superare gli interessi di parte e mobilitare le energie più sane e capaci della società, per rilanciare la crescita e il progresso civile, rafforzare la fiducia e la coesione sociale, restituendo soprattutto futuro e speranza ai giovani.
Solo su queste solide basi sarà possibile rilanciare di sfida culturale per una “Buona Finanza”, in grado di proporre una visione dell’economia dal volto umano, rispettosa dei diritti dei più deboli e bisognosi, capace di coniugare crescita di lungo periodo e sostenibilità, innovazione e solidarietà, efficienza ed equità.
Solo quando gli “uomini nuovi” della buona finanza e quelli del buon governo cammineranno affianco verso il traguardo del bene comune, che potrà realizzarsi un vero e profondo cambiamento cu
lturale del nostro Paese, forgiato dai valori di un nuovo umanesimo, per una società che è chiamata ad essere veramente umana.
* Presidente dell’Accademia Internazionale per lo Sviluppo Economico e Sociale, direttore del corso di Alta Formazione Etica, Finanza e Sviluppo alla Pontificia Università Lateranense PUL, docente di Business Ethics and Corporate Governance alla Facoltà di Economia di Tor Vergata.