Il fascio di luce che potrebbe aver impresso la Sindone

Esperti dell’ENEA indagano sulla potente radiazione che ha colorato il telo sindonico

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di Maria Chiara Petrosillo

ROMA, giovedì, 19 aprile 2012 (ZENIT.org).- Il Dott. Paolo Di Lazzaro, dirigente di Ricerca presso l’Enea di Frascati, ha tenuto oggi nell’aula magna dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum la conferenza su “Ipotesi scientifiche sulla formazione dell’immagine della Sindone”.

La conferenza è stata organizzata nell’ambito del Diploma di Specializzazione in Studi Sindonici, con lo scopo di approfondire, in maniera scientifica ed interdisciplinare, la Sindone quale documento eccezionale.

Il dott. Di Lazzaro fa parte di un gruppo di ricerca dell’Enea, che è riuscito a realizzare immagini con “bruciature” esterne delle fibrille superficiali del tessuto molto simili a quelle del telo della Sindone. L’esperimento è stato pubblicato sul Journal of Imaging Science and Technology (vol. 54 pp. 040302-040306 2010).

Per cercare di comprendere quali altri elementi scientifici si vanno ad aggiungere al mistero della Sindone ZENIT ha intervistato il dott. Di Lazzaro.

Da dove è nata l’idea di studiare l’immagine sindonica?

L’idea è nata in modo fortuito. Nel 2005 il Dr. Giuseppe Baldacchini, guardando su internet alcune fotografie al microscopio del tessuto sindonico effettuate dallo Shroud of Turin Research Project (STURP), ha osservato che alcuni aspetti microscopici delle fibrille di immagine mostravano una similitudine con i risultati di irraggiamento laser di tessuti naturali effettuati dal mio Laboratorio alla fine degli anni ’90 nell’ambito di un progetto industriale di nobilitazione di tessuti per abbigliamento. Essendo completamente ignoranti riguardo l’argomento “Sindone” abbiamo chiesto un parere ad alcuni sindonologi italiani, i quali confermarono che la somiglianza meritava un approfondimento e una verifica. Così insieme ad alcuni colleghi ENEA e dell’Università di Padova abbiamo cominciato da una parte a studiare le caratteristiche fisiche e chimiche dell’immagine sindonica, e dall’altra a irraggiare tessuti di lino per trovare i parametri laser adatti ad ottenere una colorazione simil-sindonica.

Nel corso della ricerca quali sono state le vostre valutazioni?

Nella nostra trentennale carriera scientifica abbiamo acquisito una notevole esperienza sui meccanismi di interazione della luce con diversi materiali: metalli, ceramiche, sostanze vetrose, gomme, semiconduttori, isolanti, tessili. Eppure, non ci era mai capitato di trovare un processo così critico e di difficile gestione come la colorazione superficiale e simil-sindonica di tessuti di lino indotta da luce laser. Di fatto, la colorazione simil-sindonica si può ottenere solo in un ristrettissimo intervallo di valori di durata temporale (miliardesimi di secondo), intensità (migliaia di megawatt per centimetro quadro) e successione di impulsi laser. E’ sufficiente variare di poco uno solo dei valori “giusti” per non ottenere più la colorazione con caratteristiche simili a quella dell’immagine sindonica. Dal punto di vista dell’interazione luce-materia, si tratta di un “unicum” e questo fatto ci ha sorpreso.

Perché l’ipotesi radiativa? Cosa significa?

Per spiegarlo è necessario partire da alcune osservazioni. L’immagine sindonica è ben proporzionata e sono assenti le immagini laterali dei fianchi. Non ci sono le tipiche deformazioni che avvengono riportando un corpo in tre dimensioni su un telo che ha ovviamente solo due dimensioni (larghezza e lunghezza). Chiunque può sperimentare questo effetto posando un telo sul proprio viso già coperto da un colorante: la colorazione si trasferisce dal viso al telo riproducendo un viso deformato, molto più largo di quanto lo sia in realtà. Si tratta di una deformazione geometrica nota come “effetto maschera di Agamennone”. La mancanza di immagini dei fianchi e le perfette proporzioni del corpo e del viso stanno a significare che la Sindone non era avvolta a stretto contatto intorno al corpo, ma piuttosto posata sopra e sotto il corpo. Nonostante la mancanza di stretto contatto tra telo e corpo, l’immagine dell’uomo della Sindone è presente in alcune zone che non potevano essere a diretto contatto con il corpo (sotto la punta del naso, sotto il mento, immediatamente sopra e sotto le mani incrociate, etc.). Tutte queste considerazioni suggeriscono che l’immagine NON si è formata a causa del contatto tra corpo e tessuto. Bisogna quindi cercare un meccanismo di formazione di immagine che agisca a distanza. Una volta scartata l’ipotesi dei vapori, che non possono riprodurre il dettaglio dell’immagine sindonica, rimane l’ipotesi radiativa, ovvero una forma di energia (fotoni) che si propaga dalla sorgente al telo e si attenua gradualmente con la distanza percorsa, in modo da riprodurre la sfumatura dell’immagine che contiene informazioni tridimensionali. In linea di principio, l’ipotesi radiativa permette di soddisfare tutte le condizioni a contorno poste dalle particolarissime caratteristiche chimico-fisiche dell’immagine sindonica.

Quali i dati per affermare che la scienza non è in grado di spiegare come si sia formata l’immagine?

Si tratta di una mera constatazione. Ad oggi, nonostante le centinaia di tentativi effettuati con le tecnologie più diverse, nessuno è riuscito ad ottenere una colorazione simile a quella sindonica a livello microscopico. Non ci riusciamo appieno con le più potenti sorgenti di luce disponibili, i laser, né con metodi di strinatura e riscaldamento, a maggior ragione non ci si riesce nei moderni e attrezzati laboratori che utilizzano metodi chimici a contatto. In generale, le tecniche cosiddette radiative, che coinvolgono luce ultravioletta (laser eccimero, scarica corona) ottengono la colorazione che più si avvicina a quella sindonica, sia in termini di spessore di colorazione sub micrometrico, sia di colore RGB, sia di alternanza di fibrille colorate e non. Ma rimane il mistero di come sia stato possibile emettere una quantità di radiazione avente una potenza talmente elevata da consentire la colorazione di circa 1,7 metri quadri di tessuto, corrispondenti alla superficie corporea di un uomo di medie dimensioni. La Scienza non è attualmente in grado di rispondere a questa domanda.

Che ruolo può avere la fede nell’indagine?

A parer mio, la fede NON deve avere nessun ruolo nell’indagine scientifica. Lo scienziato, per ottenere risultati credibili e validi, deve spogliarsi di qualunque condizionamento, sia esterno che interiore, e affidarsi al proprio talento e know-how per analizzare con animo sereno e privo di pregiudizi le risultanze degli esperimenti. In fondo, questo è quanto auspicava Giovanni Paolo II quando disse a tale proposito che “la Chiesa esorta ad affrontare lo studio della Sindone senza posizioni precostituite, che diano per scontati risultati che tali non sono; invita ad agire con libertà interiore e premuroso rispetto sia della metodologia scientifica sia della sensibilità dei credenti”. Abbiamo già visto, purtroppo, diversi casi di annunci di risultati e scoperte scientifiche riguardo la Sindone fatti in buona fede ma che ad un esame più attento si sono rivelati errati o sopravvalutati, frutto a volte di uno scetticismo aprioristico, a volte di una fede altrettanto aprioristica che ha “spinto” inconsapevolmente gli autori a privilegiare una interpretazione piuttosto che un’altra, senza una analisi sufficientemente oggettiva.

Quali prospettive di studio per il futuro? </p>

I nostri esperimenti hanno raggiunto un importante risultato: abbiamo individuato una catena di reazioni fotochimiche (cioè reazioni chimiche innescate da radiazione) che possono aver generato la colorazione sindonica. Per andare avanti sono necessari investimenti per l’acquisizione di sofisticate strumentazioni adatte a migliorare la comprensione dei dettagli fisici e chimici dell’interazione lu
ce-lino. Più in generale, le prospettive degli studi sulla Sindone non dipendono dagli Scienziati, perché fare misure o elaborare teorie su un oggetto non a disposizione non è facile e non può portare molto lontano. Piuttosto, le prospettive dipendono dai Custodi della Sindone, e dalla volontà di riaprire una stagione di misure analoga a quanto si fece nel 1978. Oggi la tecnologia mette a disposizione strumenti di misura assai più accurati di quelli utilizzati dallo STURP, e le competenze fisiche, chimiche e di medicina forense al massimo livello, necessarie per ottenere risultati validi, non mancano, né in Italia né all’estero. A questo proposito, mi torna alla mente una intervista concessa dal Cardinale Ballestrero nel 1997 quando disse che tra biblisti, storici e scienziati, solo questi ultimi sono in maggioranza autenticisti, aggiungendo “…questa cosa è un po’ paradossale perché di solito la scienza nega tutto, sul tema delle reliquie, poi… La ragione è che tutte le analisi fatte per dare una spiegazione scientifica all’origine dell’immagine non stanno in piedi. L’immagine c’è e nessuno riesce a dire come sia stata fatta”.

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ZENIT Staff

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