L'Italia riconquista un ruolo centrale nelle relazioni con il Medio Oriente

Il Ministro Andrea Riccardi propone un dialogo, politico, religioso e culturale alternativo alla logica dell’11 settembre

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di Sergio Mora

ROMA, martedì, 17 aprile 2012 (ZENIT.org) – “Dobbiamo uscire dall’idea che i musulmani vogliono incendiare e distruggere tutto. Se questa è la vulgata, mi dispiace ma non è esatta”.

Lo ha detto Andrea Riccardi, ministro italiano per la Cooperazione e l’Integrazione, alla conferenza dell’Associazione Stampa Estera svoltasi ieri, lunedì 16 aprile.

Il ministro ha ricordato l’importanza di rispettare quel mosaico delle minoranze affinché vengano fatte politiche che aderiscano alle diverse realtà esistenti.

Secondo Riccardi bisogna porre fine a quella logica dell’11 settembre che ha portato a guerre e ad appoggiare regimi autoritari come alternativa a governi teocratici o radicali.

Il Ministro ha accennato, inoltre al fatto che il Libano ha goduto di una democrazia consociativa prima della primavera araba, oltre a ricordare l’attuale difficoltà che il Paese oggi vive e il peso che la situazione della Siria ha sulle diverse regioni. Un riferimento è andato anche all’importanza della presenza delle minoranze cristiane, non soltanto in Libano, quale elemento primario di pluralismo democratico.

“Il 2011 è stato un anno di svolta per il sud del Mediterraneo”, ha precisato il fondatore della Comunità di Sant’Egidio, che si è distinto per la sua mediazione diplomatica in diverse occasioni e in diversi Paesi.

La svolta è avvenuta, per una situazione iniziata “alla fine del 2010 in Tunisia, a 10 anni dai fatti dell’11 settembre”, un evento che “ha generato un’ipotesi di lettura geopolitica dello scontro tra Occidente e islamismo e che ha determinato alcune  azioni, iniziative politiche e visioni culturali”.

“A me sembra – ha proseguito il ministro – che quella visione in dieci anni si sia consumata”, per questo è necessario “portare la democrazia nel mondo arabo attraverso percorsi alternativi  al caos, alle teocrazie o all’islamismo radicale”.

Riguardo alla libertà religiosa, ha poi detto: “L’esodo dei cristiani è un fatto tristissimo che dura da sempre e che è stato accelerato dalla crisi. la dipartita dei copti, ad esempio, è un fatto che preoccupa molto in questo senso”.

A tal proposito, ha aggiunto: “La forza e la resistenza del Libano è importante per i cristiani, che sono una garanzia di pluralismo”.

Sulla prossima visita in Libano, il ministro per la Cooperazione e Integrazione ha sottolineato che essa “s’inquadra nell’interesse storico istituzionale dell’Italia”, ricordando che il Paese dei cedri ospita 400mila rifugiati palestinesi ed è quindi stato molte volte “al centro del susseguirsi delle crisi dei suoi vicini”.

Riccardi ha raccontato che dopo gli incontri in Libano ha avuto “la percezione di come la situazione siriana abbia  una ricaduta fortissima nel panorama libanese”. “La coalizione oggi al potere è sostanzialmente preoccupata della crisi del regime di Assad”.

Ed ha aggiunto: “Tutte le autorità religiose da me incontrate, cioè il patriarca maronita, con il suo ruolo particolare”, tutti i leader religiosi con sfumature differenti mi hanno espresso la loro preoccupazioni per la fine del regime di Assad, paventando per la Siria uno scenario tipo iracheno e quindi una conseguente crisi per i cristiani. Devo dire che non tutti i cristiani la pensano così, e considerano questa opzione non prudente o sbagliata, perché significa legarsi a un mondo che sta finendo”.

“Perché questo atteggiamento dei cristiani?”, si è chiesto Riccardi che ha risposto: “Perché  temono la democrazia della maggioranza, degli islamisti, una democrazia che riduca il loro ruolo”. Il ministro ha ricordato anche come “il Libano garantisce di più con la sua democrazia consociativa la libertà dei cristiani” perché è “un processo di democrazia avanzata”.

Circa il futuro politico dell’islamismo Riccardi ha sottolineato che “bisogna prendere in conto ciascuna diversa realtà”, tutte le soluzioni sono possibili con le complicazioni “delle elezioni egiziane e della transizione del regime di Assad”.

Per il Ministro “con il Mediterraneo del Sud che si mette in movimento l’Italia torna ad avere una sua peculiare responsabilità” ed è evidente dai viaggi di membri del governo, e quello del presidente Monti, che significativamente ha toccato il Libano, Israele, autorità palestinese ed Egitto.

“L’Italia – ha rilevato – sta tornando in un posizione di responsabilità e deve giocare un ruolo tutto peculiare facendo capire agli amici europei non è uno scherzo,  che la pace del mediterraneo riguarda la pace di tutta l’Europa”.

Per quanto riguarda la Tunisia il ministro italiano ha ricordato che “è forse il processo democratico, il più significativo e quello che offre più garanzie, anche se non dobbiamo dimenticare che non si tratta solo di fatti politici o delle garanzie che gli islamisti possono dare, ma di una difficile situazione economica con 800 mila disoccupati”.

In merito alla situazione del Sahel, del Niger, del Burkina Faso e della Guinea Conakry”, il Ministro ha detto che bisogna “sostenere quei Paesi che in quella regione hanno una politica democratica e di equilibrio, una politica laica”.

Il Ministro è convinto che “c’è bisogno del rapporto con i diversi partiti politici e con le stesse autorità religiose”. A questo proposito ha ricordato che in Egitto il presidente Monti ha incontrato il gran Iman di Al-Azhar al Cairo, e ha invitato lo sceicco Ahmed El Tyeb a far visita in Italia”.

Per concludere Riccardi ha ricordato che la politica più coerente e quella di essere capaci di fare “una lettura adeguata della complessità”.

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ZENIT Staff

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