Nella Sacrosanctum Concilium leggiamo: «Esse [le arti], per loro natura, hanno relazione con l’infinita bellezza divina, che deve essere in qualche modo espressa dalle opere dell’uomo e sono tanto più orientate a Dio e all’incremento della sua lode e della sua gloria, in quanto nessun altro fine è stato loro assegnato se non quello di contribuire il più efficacemente possibile, con le loro opere, a indirizzare religiosamente le menti degli uomini a Dio»1.
La Sacrosanctum Concilium sembra prospettare una dimensione universalmente religiosa per le arti: proprio il legame con la bellezza significa una intrinseca relazione a Dio. Tramite l’espressione della bellezza, e nella misura con cui si orientano verso la Bellezza infinita, le arti possono esplicitare il loro “unico” («nessun altro fine è stato loro assegnato») fine di indirizzare “religiosamente” le anime a Dio. La bellezza dell’arte esprime la bellezza del creato e, dunque, del Creatore, è quindi costitutivamente aperta nei confronti di Dio. Nel contesto delle arti belle troviamo la collocazione dell’arte sacra.
In un altro passaggio della Sacrosanctum Concilium troviamo una affermazione che se ben intesa risulta veramente illuminante: «fra le più nobili attività dell’ingegno umano sono annoverate, a pieno diritto, le belle arti, soprattutto l’arte religiosa e il suo vertice l’arte sacra»2.
Entro le arti belle si ritaglia l’arte religiosa, ovvero un’arte che esprime un sentimento religioso. Dentro, o meglio al vertice, dell’arte religiosa individuiamo finalmente l’arte sacra. La dimensione sacra dell’arte viene spiegata in modo chiaro con riferimento alla “sacralità” del rito. L’aggettivo “sacro” viene infatti attribuito innanzitutto al culto, ai riti, ai luoghi, appunto “sacri” e, solo di conseguenza, all’arte “sacra” e alle sue opere. L’arte religiosa diviene cioè “sacra” quando è finalizzata al sacro culto, al sacro rito, al sacro luogo, affinché «serva con la dovuta reverenza e il dovuto onore alle esigenze degli edifici sacri e dei sacri riti»3.
Dunque l’arte sacra è integralmente arte, ma trova la sua specificità nella sacralità del rito cui è destinata e che la informa dall’interno, cosicché un’opera d’arte sacra deve essere autenticamente un’opera d’arte, ma non è sufficiente che lo sia; deve infatti essere intimamente e interamente finalizzata alla sacralità, deve farsi specchio delle verità di fede, deve farsi celebrazione e liturgia.
L’arte sacra si distingue dall’arte religiosa proprio per un intimo legame con la liturgia; l’arte sacra è un’«arte adeguata alla liturgia»4.
Notiamo che l’arte sacra è un’attività di “vetta”: essa è “vertice” dell’arte religiosa, e serve la liturgia che è «il culmine verso cui tende l’azione della Chiesa»5 .
Nella Esortazione Sacramentum Caritatis, Benedetto XVI analizza «Il legame profondo tra la bellezza e la liturgia», sottolineando la speciale finalità delle arti sacre: «Lo scopo dell’architettura sacra è di offrire alla Chiesa che celebra i misteri della fede, in particolare l’Eucaristia, lo spazio più adatto all’adeguato svolgimento della sua azione liturgica […] l’iconografia6 religiosa deve essere orientata alla mistagogia sacramentale »7.
Lo specifico servizio dell’arte sacra si compie, dunque, grazie alla mediazione della bellezza. Quindi un’opera d’arte non bella non può a priori essere sacra. L’accordo tra liturgia ed arte è necessario per la produzione di arte sacra, ma non risulta facile nella attuazione: «Liturgia ed arte sono così sorelle e devono necessariamente accordarsi. Tuttavia il loro connubio non è facile da attuarsi anche perché la dialettica tra criteri artistici e teologici riposa sovente su quadri ideologici diversi. Inoltre i singoli operatori non sempre possono vantare una reciproca conoscenza per cui il dialogo che ne deriva è spesso inidoneo a contemperare la sperequazione degli interessi e delle posizioni in gioco»8.
La problematica della attuazione di una reale “arte sacra” coinvolge i soggetti: l’artista, il liturgista, il teologo. E’ fondamentale predisporre la formazione in campo artistico per i presbiteri e in campo liturgico per gli artisti, come afferma la Sacrosanctum Concilium che prescrive la formazione degli artisti: «I vescovi, o direttamente o per mezzo di sacerdoti idonei che conoscono e amano l’arte, si prendano cura degli artisti, allo scopo di formarli allo spirito dell’arte sacra e della sacra liturgia. Si raccomanda inoltre di istituire scuole o accademie di arte sacra per la formazione degli artisti, dove ciò sembrerà opportuno» e la formazione artistica del clero: «I chierici, durante il corso filosofico e teologico, siano istruiti anche sulla storia e sullo sviluppo dell’arte sacra, come pure sui sani principi su cui devono fondarsi le opere dell’arte sacra, in modo che siano in grado di stimare e conservare i venerabili monumenti della Chiesa e di offrire consigli appropriati agli artisti nella realizzazione delle loro opere»9.
Se la «la liturgia si presenta come alleata e come compagna di viaggio dell’arte»10, nella contemporaneità è stata spesso l’arte a non voler accettare l’alleanza della liturgia, pur pretendendo comunque di entrare nelle chiese. A tal scopo è fondamentale la fede personale dei soggetti coinvolti nella produzione e nella committenza delle opere: «Senza fede non c’è arte adeguata alla liturgia»11. Prima ancora che una condizione personale dell’artista e del committente, la fede è costitutiva della dimensione ontologica dell’arte sacra, che si configura proprio all’incrocio di ratio, fides et facere. Per questo è necessario un profondo studio dell’arte, ridefinirne i confini e comprendere il fine e approfondire alla luce del Magistero il vero compito dell’arte sacra, per poter poi con tali risultati formare il clero, gli artisti e soprattutto i committenti per attuare finalmente quel che scrissero i Padri conciliari nella Sacrosanctum Concilium mezzo secolo fa.
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1 Concilio vaticano II, Sacrosanctum Concilium, n. 122.
2 Ibid.
3 Ibid., n. 123.
4 J. Ratzinger, Opera omnia. Teologia della liturgia, Parte A: “Lo spirito della Liturgia”, cap. III: “Arte e liturgia”, Città del Vaticano 2010, vol. XI, p. 132
5 «La liturgia è il culmine verso cui tende l’azione della Chiesa e, al tempo stesso, la fonte da cui promana tutta la sua energia» Concilio Vaticano II, Sacrosanctum Concilium, n. 10 – corsivo aggiunto.
6 Per “iconografia” non si intende, come si pensa normalmente, la “scrittura di icone” nella forma orientale bizantina e ortodossa, ma la branca dell’arte e della storia dell’arte che conosce e studia i significati dei segni e dei simboli di tutta l’arte cristiana.
7 Benedetto XVI , Esortazione Apostolica Postsinodale Sacramentum Caritatis, 22 febbraio 2007, nn. 121, 123-125.
8 Ibid.
9 Concilio Vaticano II, Sacrosanctum Concilium, nn. 127 e 129.
10 G. Ravasi, “E Dio vide che era bello”. Fede, bellezza, arte, in P. Iacobone, E. Guerriero (a cura di), La nobile form
a. Chiesa e artisti sulla via della bellezza, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2009, p. 64.
11 J. Ratzinger, Opera omnia. Teologia della liturgia, cit., vol. XI, Parte A, cap. III, p. 132