di Salvatore Cernuzio
CITTA’ DEL VATICANO, domenica, 8 aprile 2012 (ZENIT.org) – Cristo Risorto ha abbattuto il muro della morte, spezzato le “punte acuminate” del male che attanagliano l’uomo e dona oggi speranza alle comunità cristiane in Medio Oriente e Africa.
È questo il cuore del Messaggio di Pasqua Urbi et Orbi che Benedetto XVI ha pronunciato, questa mattina alle ore 12, dalla Loggia centrale della Basilica di San Pietro, al termine della Messa pasquale e alla presenza di circa 80 mila fedeli romani e pellegrini di tutto il mondo.
«Surrexit Christus, spes mea» – «Cristo, mia speranza, è risorto». Così ha esordito il Santo Padre nel suo messaggio, con le parole “che l’antico inno pone sulle labbra di Maria Maddalena”. Fu proprio lei, infatti, la prima a vedere il Signore risorto il mattino di Pasqua e “corse dagli altri discepoli, col cuore in gola” per annunciargli questa buona notizia.
E in questo giorno, ogni cristiano, ha detto il Papa, “rivive l’esperienza di Maria di Magdala”, perché dopo aver attraversato “il deserto della Quaresima e i giorni dolorosi della Passione”, può gridare oggi vittorioso: “È risorto! È veramente risorto!".
Questo incontro con Cristo Risorto “cambia la vita”, ha affermato Benedetto XVI, in quanto “incontro con un Uomo unico, che ci fa sperimentare tutta la bontà e la verità di Dio, che ci libera dal male non in modo superficiale e momentaneo, ma radicalmente”.
Gesù, infatti, “ci guarisce del tutto e ci restituisce la nostra dignità – ha proseguito - ecco perché la Maddalena Lo chiama ‘mia speranza’, perché è stato Lui a farla rinascere, a donarle un futuro nuovo, un’esistenza libera dal male”.
Oggi tutti noi possiamo dire "Cristo mia speranza", perché in Lui “ogni desiderio di bene trova una possibilità reale”; con Gesù Cristo, cioè, “che si è fatto vicino fino ad entrare nella nostra umanità”, è possibile sperare che la “vita sia buona e sia piena”.
Tuttavia tale speranza, in questo mondo, ha aggiunto il Santo Padre, “non può non fare i conti con la durezza del male”, con l’“intreccio mortale” di invidia, orgoglio, menzogna e violenza.
La stessa Maria di Magdala, così come i discepoli, ha dovuto assistere concretamente al male: a Gesù “rifiutato dai capi del popolo, catturato, flagellato, condannato a morte e crocifisso”. “Dev’essere stato insopportabile – ha osservato Benedetto XVI - vedere la Bontà in persona sottoposta alla cattiveria umana, la Verità derisa dalla menzogna, la Misericordia ingiuriata dalla vendetta”.
“C’è stato un momento in cui Gesù appariva sconfitto - ha soggiunto - le tenebre avevano invaso la terra, il silenzio di Dio era totale, la speranza sembrava ormai vana”. La morte di Gesù, infatti, “sembrava fallire la speranza di quanti confidavano in Lui”.
“Ma la fede non venne mai meno del tutto”, soprattutto nel cuore della Vergine Maria, Sua madre, dove “la fiammella è rimasta accesa in modo vivo anche nel buio della notte”. All’alba del giorno dopo il sabato, infatti, “il sepolcro viene trovato vuoto” e Gesù si mostra alla Maddalena, alle altre donne, ai discepoli.
“La fede rinasce più viva e più forte che mai, ormai invincibile, perché fondata su un’esperienza decisiva - ha affermato il Papa -. I segni della risurrezione attestano la vittoria della vita sulla morte, dell’amore sull’odio, della misericordia sulla vendetta”.
Tutto questo è più “attuale” che mai, ha spiegato il Pontefice: Gesù, il Risorto, non appartiene al passato, ma è “presente nel nostro oggi, è vivo”, e proprio in Lui, “non soltanto nel suo messaggio”, possiamo “confidare in modo assoluto”.
Il pensiero del Santo Padre è andato quindi alle comunità cristiane maggiormente provate da discriminazioni e persecuzioni, affinché questo lieto messaggio sia per loro “speranza e conforto”.
In particolare, gli auspici di pace del Pontefice si sono rivolti al Medio Oriente, “affinché tutte le componenti etniche, culturali e religiose collaborino per il bene comune ed il rispetto dei diritti umani”. Alla Siria, perché “cessi lo spargimento di sangue e s’intraprenda la via del rispetto, del dialogo e della riconciliazione”.
Al popolo iracheno “che la vittoria pasquale incoraggi a non risparmiare alcuno sforzo per avanzare nel cammino della stabilità e dello sviluppo” e alla Terra Santa, perché “Israeliani e Palestinesi riprendano con coraggio il processo di pace”.
Un pensiero, inoltre, ai numerosi profughi provenienti da questi paesi e bisognosi di assistenza umanitaria, affinché “trovino l’accoglienza e la solidarietà che possano alleviare le loro penose sofferenze”.
Il Messaggio pasquale Urbi et Orbi si è poi concluso con un’ultima preghiera di pace e di speranza per le comunità cristiane del Continente africano: “Che il Signore, vittorioso sul male e sulla morte - questo l’augurio del Papa - le sostenga e dia loro speranza per affrontare le difficoltà, le renda operatrici di pace e artefici dello sviluppo delle società a cui appartengono”.
Al termine del Messaggio pasquale, il Santo Padre, prima di impartire la Benedizione Urbi et Orbi ai fedeli in Piazza San Pietro e a quanti lo ascoltano attraverso la radio e la televisione, ha pronunciato l’augurio di Pasqua in 65 lingue.
Agli italiani ha detto: “Buona Pasqua a voi, uomini e donne di Roma e d’Italia! Ricercate sempre il Cristo Risorto, la luce della Verità, che ha squarciato le tenebre della morte e ha recato nel mondo lo splendore di Dio. Custodite nel cuore l’irradiazione di pace e di gioia proveniente dalla Risurrezione di Cristo che dà forza e significato ad ogni attesa ed ogni progetto di bene”.