del cardinale Carlo Caffarra

BOLOGNA, venerdì, 6 aprile 2012 (ZENIT.org).- Il nostro itinerario compiuto nella memoria della strada percorsa da Gesù dalla condanna alla sepoltura, è stato di stazione in stazione un itinerario della nostra mente, e del nostro cuore dentro al mistero di Dio e dentro al mistero dell’uomo.

Dentro al mistero di Dio. Quale Dio abbiamo conosciuto percorrendo la via Crucis? Un Dio che ha voluto conoscere per esperienza diretta la via Crucis dell’uomo, di ogni uomo: il suo soffrire, la durezza del suo mestiere di vivere. Un Dio che, percorrendo la via Crucis, ha imparato per esperienza la compassione per ogni uomo: un prendere parte dal di dentro alla vicenda umana. La compassione di Dio è una compassione onnipotente, non impotente come la compassione dell’uomo. L’onnipotenza della compassione divina la celebreremo la notte prossima, la santa Veglia pasquale.

Quale Dio abbiamo conosciuto percorrendo la via Crucis? Un Dio che in Gesù si è fatto uno di noi senza cessare di essere nella sua onnipotenza, e così ha mostrato il suo amore per l’uomo e la sua decisione di non abbandonarlo al potere della morte. Un amore tanto grande da non ritrarsi neppure di fronte alla umiliazione della morte in croce. È questo il Dio che in Gesù si rivela. Se lo pensi dimenticando tutto questo, non pensi più il Dio dei cristiani, il Dio che Gesù ci ha rivelato.

La via Crucis è stata anche e di conseguenza un itinerario della mente e del cuore dentro al mistero dell’uomo.

E lo abbiamo visto come un mistero di iniquità, l’iniquità di un potere religioso che ama più la consuetudine che la verità. L’iniquità di un potere politico che giunge perfino a condannare consapevolmente un innocente. L’iniquità della menzogna di testimonianze false. E la triste galleria potrebbe continuare.

Ebbene è questo groviglio che è l’uomo, che è amato da Dio fino al punto estremo: «non c’è un amore più grande che dare la vita» aveva detto Gesù.

«Guardo il tuo cielo, opera delle tue mani, la luna e le stelle che tu hai fissate, che cosa è l’uomo perché te ne curi?», prega un Salmo. Dal confronto fra l’immensità dell’universo e la misera piccolezza dell’uomo, questi esce sconfitto e come turbato.

La via Crucis ci ha introdotto in un altro confronto: la miseria e la morte dell’uomo di fronte al mistero di Dio che è giustizia. Come ne esce l’uomo? Condannato? No.

Ne esce giustificato perché perdonato. Ed allora nel suo cuore si producono frutti non soltanto di adorazione di Dio, ma anche di profonda meraviglia di se stesso. Quale valore devo avere agli occhi di Dio, quale preziosità deve possedere la mia persona, se Dio si è preso così a cuore il mio destino!

Via Crucis: via al mistero di Dio; via al mistero dell’uomo. Non perdiamo mai la memoria di questa via: costruiremmo la nostra dimora in un deserto di morte e di non senso.