Meditazioni della Via Crucis del Venerdì Santo al Colosseo

Come ogni cristiano, anche ogni singola famiglia ha la sua via crucis

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ROMA, venerdì, 6 aprile 2012 (ZENIT.org).- Riprendiamo di seguito i testi dell’introduzione e delle meditazioni della Via Crucis che Benedetto XVI ha presieduto questa sera al Colosseo di Roma, preparati quest’anno dai coniugi Danilo e Anna Maria Zanzucchi, del Movimento dei Focolari ed iniziatori del Movimento “Famiglie Nuove”.

Pubblichiamo anche la meditazione che il Santo Padre ha tenuto al termine del pio esercizio della Via Crucis.

***

INTRODUZIONE

Gesù dice: «Chi vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda ogni giorno la sua croce e mi segua». Un invito che vale per tutti, celibi e sposati, giovani, adulti e anziani, ricchi e poveri, di una nazionalità o di un’altra. Vale anche per ogni famiglia, per i suoi singoli membri o per l’intera piccola comunità.

Prima di entrare nella sua Passione finale, Gesù, nell’orto degli ulivi, lasciato solo dagli apostoli addormentatisi, ha avuto paura di ciò che lo aspettava e, rivolgendosi al Padre, ha chiesto: «Se possibile, passi da me questo calice». Aggiungendo subito: «Non la mia, ma la tua volontà sia fatta».

In quel momento drammatico e solenne si coglie un profondo insegnamento per tutti coloro che si sono messi alla sua sequela. Come ogni cristiano, anche ogni singola famiglia ha la sua via crucis: malattie, morti, dissesti finanziari, povertà, tradimenti, comportamenti immorali dell’uno o dell’altro, dissensi con i parenti, calamità naturali.

Ma ogni cristiano, ogni famiglia, in questa via di dolore, può rivolgere lo sguardo fisso a Gesù, Uomo-Dio.

Riviviamo insieme l’esperienza finale di Gesù sulla Terra, accolta dalle mani del Padre: un’esperienza dolorosa e sublime, nella quale Gesù ha condensato l’esempio e l’insegnamento più preziosi per vivere la nostra vita in pienezza, sul modello della sua vita.

*

PREGHIERA INIZIALE

Il Santo Padre:

Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.

R. Amen.

Il lettore:

Gesù,

nell’ora in cui facciamo memoria della tua morte,
vogliamo fissare il nostro sguardo d’amore
sulle sofferenze indicibili da Te vissute.

Sofferenze tutte raccolte nel misterioso grido
lanciato sulla croce prima di spirare:
«Mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato?».

Gesù, sembri un Dio tramontato all’orizzonte:
il Figlio senza Padre,
il Padre privo del Figlio.

Quel tuo grido umano-divino,
che ha squarciato l’aria sul Gòlgota,
ci interroga e stupisce ancor oggi,
ci mostra che qualcosa di inaudito è accaduto.

Qualcosa di salvifico:
dalla morte è scaturita la vita,
dalle tenebre la luce,
dalla separazione estrema l’unità.

La sete di conformarci a te
ci porta a riconoscerti abbandonato,
ovunque e comunque:
nei dolori personali e in quelli collettivi,
nelle miserie della tua Chiesa e nelle notti dell’umanità,
per innestare, ovunque e comunque, la tua vita,
propagare la tua luce, generare la tua unità.

Oggi, come allora,
senza il tuo abbandono,
non ci sarebbe Pasqua.

*

I stazione

Gesù condannato a morte

V. Adoramus te, Christe, et benedicimus tibi.
R. Quia per sanctam crucem tuam redemisti mundum.

Dal Vangelo secondo Giovanni 18, 38b-40

E, detto questo, [Pilato] uscì di nuovo verso i Giudei e disse loro: «Io non trovo in lui colpa alcuna. Vi è tra voi l’usanza che, in occasione della Pasqua, io rimetta uno in libertà per voi: volete dunque che io rimetta in libertà per voi il re dei Giudei?». Allora essi gridarono di nuovo: «Non costui, ma Barabba!». Barabba era un brigante.

Pilato non trova colpe particolari da imputare a Gesù, cede alla pressione degli accusatori e il Nazareno viene così condannato a morte.

Ci pare di ascoltarTi:
«Sì, sono stato condannato a morte,
tante persone che sembrava mi amassero
e mi capissero hanno ascoltato le menzogne
e mi hanno accusato.
Non hanno capito ciò che dicevo.
Tradito, mi hanno messo a giudizio e condannato.
A morte, Crocifisso, la morte più ignobile».

Non poche delle nostre famiglie soffrono per il tradimento del coniuge, la persona più cara. Dov’è finita la gioia della vicinanza, del vivere all’unisono? Dov’è il sentirsi una cosa sola? Dov’è quel “per sempre” che ci si era dichiarati?

GuardarTi, Gesù, il Tradito,
e vivere con Te il momento in cui crolla l’amore
e l’amicizia che s’erano creati nella nostra coppia,
avvertire nel cuore le ferite della fiducia tradita,
della confidenza smarrita, della sicurezza svanita.

GuardarTi, Gesù, proprio ora
che vengo giudicato da chi non ricorda il legame
che ci univa, nel dono totale di noi stessi.
Solo Tu, Gesù, mi puoi capire, puoi darmi coraggio,
puoi dirmi parole di verità, anche se fatico a capirle.
Puoi darmi quella forza
che mi permette di non giudicare a mia volta,
di non soccombere, per amore di quelle creature
che mi aspettano a casa
e per le quali ora sono l’unico appoggio.

Tutti:

Pater noster, qui es in cælis:
sanctificetur nomen tuum;
adveniat regnum tuum;
fiat voluntas tua, sicut in cælo, et in terra.
Panem nostrum cotidianum da nobis hodie;
et dimitte nobis debita nostra,
sicut et nos dimittimus debitoribus nostris;
et ne nos inducas in tentationem;
sed libera nos a malo. Amen.

Stabat Mater dolorosa
iuxta crucem lacrimosa,
dum pendebat Filius.

*

II stazione

Gesù è caricato della croce

V. Adoramus te, Christe, et benedicimus tibi.
R. Quia per sanctam crucem tuam redemisti mundum.

Dal Vangelo secondo Giovanni 19, 16-17

Allora [Pilato] lo consegnò loro perché fosse crocifisso. Essi presero Gesù ed egli, portando la croce, si avviò verso il luogo detto del Cranio, in ebraico Gòlgota.

Pilato consegna Gesù nelle mani dei capi dei sacerdoti e delle guardie. I soldati gli pongono sulle spalle un manto scarlatto e sulla testa una corona di rami spinosi, Lo sbeffeggiano nella notte, Lo malmenano e Lo flagellano. Poi, al mattino, Lo caricano di un legno pesante, la croce sulla quale vengono inchiodati i briganti, perché tutti vedano che fine fanno i malfattori. Tanti dei suoi scappano.

Questa vicenda di 2000 anni fa si ripete nella storia della Chiesa e dell’umanità. Anche oggi. È il corpo di Cristo, è la Chiesa a essere colpita e ferita, di nuovo.

A vederTi così, Gesù,
sanguinante, solo, abbandonato, deriso,
ci domandiamo:
«Ma quella gente che avevi così amato,
beneficato e illuminato,
quegli uomini, quelle donne non siamo forse anche noi, oggi?
Anche noi ci siamo nascosti per paura di essere coinvolti,
dimenticando di essere Tuoi seguaci».

Ma la cosa più grave, Gesù,
è che ho contribuito anch’io al tuo dolore.
Anche noi sposi e le nostre famiglie.
Anche noi abbiamo contribuito
a caricarTi di un peso inumano.
Ogni volta che non ci siamo amati,
quando ci siamo attribuiti la colpa l’uno all’altro,
quando non ci siamo perdonati,
quando non abbiamo ricominciato a volerci bene.

E noi invece
continuiamo a dare ascolto alla nostra superbia,
vogliamo sempre aver ragione, umiliamo chi ci sta vicino,
anche chi ha legato la propria vita alla nostra.
Non ricordiamo più che Tu stesso, Gesù, ci hai detto:
«Qualunque cosa avrete fatto a uno di questi piccoli
l’avete fatta a me». Hai detto proprio così: «A me».

Tutti:

Pater noster, qui es in cælis:
sanctificetur nomen tuum;
adveniat regnum tuum;
fiat voluntas tua, sicut in cælo, et in terra.
Panem nostrum cotidianum da nobis hodie;
et dimitte nobis debita nostra,
sicut et nos dimittimus debitoribus nostris;
et ne nos inducas in tentationem;
sed libera nos a malo. Amen.

Cuius animam gementem,
contristatam et dolentem
pertransivit gladius.

*

III stazione

Gesù cade per la prima volta

V. Adoramus te, Christe, et benedicimus tibi.
R. Quia per sanctam crucem tuam redemisti mundum.

Dal Vangelo secondo Matteo 11, 28-30

«Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e impara te da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».

Gesù cade. Le ferite, il peso della croce, la strada in salita, sconnessa. E la calca della gente. Ma non è solo questo che Lo ha ridotto così. Forse è il peso della tragedia che si apre nella sua vita. Non si riesce più a vedere Dio in Gesù, uomo che si mostra così fragile, che inciampa e cade.

Gesù, lì, su quella strada,
in mezzo a tutta quella gente che urla e strepita,
dopo essere caduto a terra,
Ti rialzi e cerchi di proseguire l’ascesa.
In fondo al cuore sai che questa sofferenza ha un senso,
avverTi di esserTi caricato del peso
di tante nostre mancanze, tradimenti e colpe.

Gesù, la Tua caduta ci fa soffrire
perché comprendiamo che la causa siamo noi;
o forse la nostra fragilità,
non solo fisica, ma quella di tutto il nostro essere.
Vorremmo non cadere mai;
ma poi basta poco, un intoppo,
una tentazione o un incidente
e ci lasciamo andare, e cadiamo.

Avevamo promesso di seguire Gesù, di rispettare e curare le persone che Egli ci aveva messe vicino. Sì, in realtà le amiamo, o almeno ci sembra di farlo. Se venissero a mancare soffriremmo non poco. Ma poi cediamo nelle situazioni concrete di ogni giorno.

Quante cadute nelle nostre famiglie!
Quante separazioni, quanti tradimenti!
E poi i divorzi, gli aborti, gli abbandoni!
Gesù, aiutaci a capire cos’è l’amore,
insegnaci a chiedere perdono!

Tutti:

Pater noster, qui es in cælis:
sanctificetur nomen tuum;
adveniat regnum tuum;
fiat voluntas tua, sicut in cælo, et in terra.
Panem nostrum cotidianum da nobis hodie;
et dimitte nobis debita nostra,
sicut et nos dimittimus debitoribus nostris;
et ne nos inducas in tentationem;
sed libera nos a malo. Amen.

O quam tristis et afflicta
fuit illa benedicta
mater Unigeniti!

*

IV stazione

Gesù incontra la Madre

V. Adoramus te, Christe, et benedicimus tibi.
R. Quia per sanctam crucem tuam redemisti mundum.

Dal Vangelo secondo Giovanni 19, 25

Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria madre di Clèopa e Maria di Màgdala.

Nella salita al Calvario Gesù scorge sua madre. I loro sguardi si incrociano. Si comprendono. Maria sa chi è suo Figlio. Sa da dove viene. Sa qual è la sua missione. Maria sa di essere sua madre; ma sa anche di essere sua figlia. Lo vede soffrire, per tutti gli uomini, di ieri, oggi e domani. E soffre anche lei.

Certamente, Gesù,
Tu patisci di fare soffrire in quel modo Tua madre.
Ma la devi coinvolgere
nella Tua divina e tremenda avventura.
È il piano di Dio,
per la salvezza di tutta l’umanità.

Per tutti gli uomini e tutte le donne di questo mondo, ma in particolare per noi famiglie, l’incontro di Gesù con la madre, lì sulla via del Calvario, è un avvenimento vivissimo, sempre attuale. Gesù si è privato della madre perché noi, ciascuno di noi – anche noi sposi – avessimo una madre sempre disponibile e presente. A volte ce ne dimentichiamo, purtroppo. Ma, quando ci ripensiamo, ci rendiamo conto che nella nostra vita di famiglia innumerevoli volte siamo ricorsi a lei. Quanto ci è stata vicina nei momenti difficili! Quante volte le abbiamo raccomandato i nostri figli, l’abbiamo supplicata di intervenire per la loro salute fisica e ancor più per una protezione morale!

E quante volte Maria ci ha ascoltato, ce la siamo sentita vicina a confortarci con il suo amore materno.

Nella via crucis di ogni famiglia, Maria è il modello del silenzio che, pur nel dolore più straziante, genera la vita nuova.

Tutti:

Pater noster, qui es in cælis:
sanctificetur nomen tuum;
adveniat regnum tuum;
fiat voluntas tua, sicut in cælo, et in terra.
Panem nostrum cotidianum da nobis hodie;
et dimitte nobis debita nostra,
sicut et nos dimittimus debitoribus nostris;
et ne nos inducas in tentationem;
sed libera nos a malo. Amen.

Quæ mærebat et dolebat
pia Mater, dum videbat
Nati poenas incliti.

*

V stazione

Gesù è aiutato da Simone di Cirene a portare la Croce

V. Adoramus te, Christe, et benedicimus tibi.
R. Quia per sanctam crucem tuam redemisti mundum.

Dal Vangelo secondo Luca 23, 26

Mentre conducevano via Gesù, fermarono un certo Simone di Cirene, che tornava dai campi, e gli misero addosso la croce, da portare dietro a Gesù.

Forse Simone di Cirene rappresenta tutti noi allorché all’improvviso ci arriva una difficoltà, una prova, una malattia, un peso imprevisto, una croce talvolta pesante. Perché? Perché proprio a me? Perché proprio adesso? Il Signore ci chiama a seguirLo, non sappiamo dove e come.

La cosa migliore da fare, Gesù,
è venirTi dietro, essere docili a ciò che ci chiedi.
Tante famiglie lo possono confermare
per esperienza diretta:
non serve ribellarsi, conviene dirTi di sì,
perché Tu sei il Signore del Cielo e della Terra.

Ma non solo per questo
possiamo e vogliamo dirTi di sì.
Tu ci ami di amore infinito.
Più del padre, della madre, dei fratelli,
della moglie, del marito, dei figli.
Ci ami di un amore che vede lontano,
un amore che, al di là di tutto,
anche della nostra miseria,
ci vuole salvi, felici, con Te, per sempre.

Anche in famiglia, nei momenti più difficili, quando si deve prendere una decisione impegnativa, se la pace alberga nel cuore, se si è attenti a cogliere quello che Dio desidera da noi, veniamo illuminati da una luce che ci aiuta a discernere e a portare la nostra croce.

Il Cireneo ci ricorda pure i tanti volti di persone che ci sono state vicine nei momenti in cui una croce pesante si è abbattuta su di noi o sulla nostra famiglia. Ci fa pensare ai tanti volontari che in molte parti del mondo si dedicano generosamente a confortare e aiutare chi è nella sofferenza e nel disagio. Ci insegna a lasciarci aiutare con umiltà, se ne abbiamo bisogno, e anche a essere cirenei per gli altri.

Tutti:

Pater noster, qui es in cælis:
sanctificetur nomen tuum;
adveniat regnum tuum;
fiat voluntas tua, sicut in cælo, et in terra.
Panem nostrum cotidianum da nobis hodie;
et dimitte nobis debita nostra,
sicut et nos dimittimus debitoribus nostris;
et ne nos inducas in tentationem;
sed libera nos a malo. Amen.

Quis est homo qui non fleret,
Matrem Christi si videret
in tanto supplicio?

*

VI stazione

Veronica asciuga il volto di Gesù

V. Adoramus te, Christe, et benedicimus tibi.
R. Quia per sanctam crucem tuam redemisti mundum.

Dalla seconda lettera ai Corinzi di san Paolo apostolo 4, 6

Dio, che disse: «Rifulga la luce dalle tenebre», rifulse nei nostri cuori, per far risplendere la conoscenza della gloria di Dio sul volto di Cristo.

Veronica, una delle donne che segue Gesù, che ha intuito chi Lui sia, che Lo ama e perciò soffre nel vederLo soffrire. Ora scorge da vicino il suo volto, quel volto che tante volte aveva parlato all
a sua anima. Lo vede stravolto, sanguinante e sfigurato, anche se sempre mite e umile.

Non resiste. Vuole alleviare le sue sofferenze. Prende un panno e tenta di tergere sangue e sudore da quel volto.

Talvolta nella nostra vita abbiamo avuto modo di asciugare lacrime e sudore delle persone che soffrono. Forse in una corsia di ospedale abbiamo assistito un malato terminale, abbiamo aiutato un immigrato o un disoccupato, abbiamo ascoltato un carcerato. E per cercare di sollevarlo, forse, abbiamo terso il suo volto guardandolo con compassione.

Eppure poche volte ci ricordiamo
che in ogni nostro fratello che è nel bisogno
Ti nascondi Tu, Figlio di Dio.
Come sarebbe diversa la nostra vita
se ce lo ricordassimo!
Pian piano prenderemmo coscienza della dignità
di ogni uomo che vive sulla Terra.
Ogni persona, bella o brutta, dotata o meno,
fin dai primi momenti nel ventre della madre
oppure ormai anziana Ti rappresenta, Gesù.
Non solo. Ogni fratello sei Tu.
Guardando a Te, ridotto a poca cosa lì sul Calvario,
capiremmo con la Veronica
che in ogni creatura umana possiamo riconoscerTi.

Tutti:

Pater noster, qui es in cælis:
sanctificetur nomen tuum;
adveniat regnum tuum;
fiat voluntas tua, sicut in cælo, et in terra.
Panem nostrum cotidianum da nobis hodie;
et dimitte nobis debita nostra,
sicut et nos dimittimus debitoribus nostris;
et ne nos inducas in tentationem;
sed libera nos a malo. Amen.

Qui non posset contristari,
Christi Matrem contemplari
dolentem cum Filio?

*

VII stazione

Gesù cade per la seconda volta

V. Adoramus te, Christe, et benedicimus tibi.
R. Quia per sanctam crucem tuam redemisti mundum.

Dalla prima lettera di san Pietro apostolo 2, 24

Egli portò i nostri peccati nel suo corpo sul legno della croce, perché, non vivendo più per il peccato, vivessimo per la giustizia; dalle sue piaghe siete stati guariti.

Per la seconda volta, mentre avanza nell’angusta via del Calvario, Gesù cade. Intuiamo la sua debolezza fisica, dopo una terribile nottata, dopo le torture che Gli hanno inflitto. Forse non sono solo le sevizie, lo sfinimento e il peso della croce sulle spalle a farLo cadere. Su Gesù grava un peso non misurabile, qualcosa di intimo e profondo che si fa sentire a ogni passo più nitido.

Ti vediamo come un povero uomo qualsiasi,
che ha sbagliato nella vita e adesso deve pagare.
E sembri non avere più forza fisica o morale
di affrontare il nuovo giorno. E cadi.

Come ci riconosciamo in Te, Gesù,
anche in questa nuova caduta di sfinimento.
E invece Ti alzi di nuovo, vuoi farcela.
Per noi, per tutti noi,
per darci il coraggio di rialzarci.
La nostra debolezza c’è,
ma il Tuo amore è più grande delle nostre carenze,
può sempre accoglierci e capirci.

I nostri peccati, di cui Ti sei fatto carico,
Ti schiacciano, ma la Tua misericordia
è infinitamente più grande delle nostre miserie.
Sì, Gesù, grazie a Te ci rialziamo.
Abbiamo sbagliato.
Ci siamo lasciati prendere dalle tentazioni del mondo,
magari per bagliori di soddisfazione,
per sentirci dire che qualcuno ancora ci desidera,
che qualcuno dice di volerci bene, di amarci addirittura.
Facciamo talvolta fatica persino a mantenere
l’impegno preso nella nostra fedeltà di sposi.
Non abbiamo più la freschezza e lo slancio di una volta.
Tutto è ripetitivo, ogni atto pare pesante,
viene voglia di evadere.

Ma cerchiamo di rialzarci, Gesù,
senza cedere alla più grande di tutte le tentazioni:
quella di non credere che il Tuo amore può tutto.

Tutti:

Pater noster, qui es in cælis:
sanctificetur nomen tuum;
adveniat regnum tuum;
fiat voluntas tua, sicut in cælo, et in terra.
Panem nostrum cotidianum da nobis hodie;
et dimitte nobis debita nostra,
sicut et nos dimittimus debitoribus nostris;
et ne nos inducas in tentationem;
sed libera nos a malo. Amen.

Pro peccatis suæ gentis
vidit Iesum in tormentis
et flagellis subditum.

*

VIII stazione

Gesù incontra le donne di Gerusalemme che piangono su di Lui

V. Adoramus te, Christe, et benedicimus tibi.
R. Quia per sanctam crucem tuam redemisti mundum.

Dal Vangelo secondo Luca 23, 27-28

Lo seguiva una grande moltitudine di popolo e di donne, che si battevano il petto e facevano lamenti su di lui. Ma Gesù, voltandosi verso di loro, disse: «Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me, ma piangete su voi stesse e sui vostri figli».

Tra la folla che Lo segue c’è un gruppo di donne di Gerusalemme: Lo conoscono. VedendoLo in quelle condizioni, si confondono tra la folla e salgono verso il Calvario. Piangono.

Gesù le vede, coglie il loro sentimento di pietà. E anche in quel tragico momento vuole lasciare una parola che supera la semplice pietà. Egli desidera che in loro, che in noi non ci sia solo commiserazione ma conversione del cuore, quella che riconosce di aver sbagliato, che chiede perdono, che ricomincia una vita nuova.

Gesù, quante volte per stanchezza o per incoscienza,
er egoismo o per timore
chiudiamo gli occhi e non vogliamo affrontare la realtà!
Soprattutto non coinvolgiamo noi stessi,
non ci impegniamo nella partecipazione profonda e attiva
alla vita e ai bisogni dei nostri fratelli, vicini e lontani.
Continuiamo a vivere comodamente,
deprechiamo il male e chi lo fa,
ma non cambiamo la nostra vita
e non paghiamo di persona affinché le cose cambino
e il male sia debellato e giustizia sia fatta.

Spesso le situazioni non migliorano perché noi non ci siamo impegnati a farle cambiare. Ci siamo ritirati senza fare del male a nessuno, ma anche senza fare quel bene che avremmo potuto e dovuto fare. E qualcuno, forse, paga anche per noi, per la nostra latitanza.

Gesù, che queste Tue parole ci risveglino,
ci diano un po’ di quella forza
che muove i testimoni del Vangelo,
spesso anche martiri, padri o madri o figli,
che col loro sangue unito a quello Tuo,
hanno aperto e aprono anche oggi
la strada al bene nel mondo.

Tutti:

Pater noster, qui es in cælis:
sanctificetur nomen tuum;
adveniat regnum tuum;
fiat voluntas tua, sicut in cælo, et in terra.
Panem nostrum cotidianum da nobis hodie;
et dimitte nobis debita nostra,
sicut et nos dimittimus debitoribus nostris;
et ne nos inducas in tentationem;
sed libera nos a malo. Amen.

Eia, Mater, fons amoris,
me sentire vim doloris
fac, ut tecum lugeam.

*

IX stazione

Gesù cade per la terza volta

V. Adoramus te, Christe, et benedicimus tibi.
R. Quia per sanctam crucem tuam redemisti mundum.

Dal Vangelo secondo Luca 22, 28-30a

«Voi siete quelli che avete perseverato con me nelle mie prove e io preparo per voi un regno, come il Padre mio l’ha preparato per me, perché mangiate e beviate alla mia mensa nel mio regno».

La strada in salita è breve, ma la sua debolezza è estrema. Gesù è sfinito nel fisico, ma anche nello spirito. Avverte su di Sé l’odio dei capi, dei sacerdoti, della folla che sembrano voler scaricare su di Lui la rabbia repressa per le oppressioni passate e presenti. Quasi che cerchino una rivincita, facendo valere il loro potere su Gesù.

E cadi, cadi Gesù, per la terza volta.
Sembri soccombere.
Ma ecco che con estrema fatica Ti rialzi
e riprendi il terribile cammino verso il Gòlgota.
Certamente tanti nostri fratelli in tutto il mondo
stanno soffrendo prove tremende perché Ti seguono, Gesù.
Stanno salendo con Te verso il Calvario
e con Te stanno persino cadendo
sotto le persecuzioni che da duemila anni
inferiscono sul Tuo Corpo che è la C
hiesa.

Vogliamo con questi nostri fratelli nel cuore offrire la nostra vita, le nostre fragilità, la nostra miseria, le nostre piccole e grandi sofferenze quotidiane. Viviamo spesso anestetizzati dal benessere, senza impegnarci con tutte le forze a rialzarci e a rialzare l’umanità. Ma possiamo rialzarci, perché Gesù ha trovato la forza di rialzarSi e riprendere il cammino.

Anche le nostre famiglie sono parte di questo tessuto sfibrato, si ritrovano legate a una vita di benessere che diventa lo scopo stesso della vita. I nostri figli crescono: cerchiamo di abituarli alla sobrietà, al sacrificio, alla rinuncia. Cerchiamo di dar loro una vita sociale appagante negli ambienti sportivi, associativi e ricreativi, ma senza che queste attività siano solo un modo per riempire la giornata e avere tutto quello che si desidera.

Perciò, Gesù,
abbiamo bisogno di ascoltare le Tue parole,
che vogliamo testimoniare:
«Beati i poveri, beati i mansueti, beati i costruttori di pace,
beati coloro che soffrono per la giustizia…».

Tutti:

Pater noster, qui es in cælis:
sanctificetur nomen tuum;
adveniat regnum tuum;
fiat voluntas tua, sicut in cælo, et in terra.
Panem nostrum cotidianum da nobis hodie;
et dimitte nobis debita nostra,
sicut et nos dimittimus debitoribus nostris;
et ne nos inducas in tentationem;
sed libera nos a malo. Amen.

Fac ut ardeat cor meum
in amando Christum Deum,
ut sibi complaceam.

*

X stazione

Gesù è spogliato delle vesti

V. Adoramus te, Christe, et benedicimus tibi.
R. Quia per sanctam crucem tuam redemisti mundum.

Dal Vangelo secondo Giovanni 19, 23

I soldati poi… presero le vesti di Gesù, ne fecero quattro parti – una per ciascun soldato – e la tunica. Ma quella tunica era senza cuciture, tessuta tutta d’un pezzo da cima a fondo.

Gesù è nelle mani dei soldati. Come ogni condannato viene spogliato, per umiliarLo, ridurLo a niente. L’indifferenza, il disprezzo e la noncuranza per la dignità della persona umana si uniscono con l’ingordigia, la cupidigia e l’interesse privato: «Presero le vesti di Gesù».

La Tua veste, Gesù, era senza cuciture.
Questo dice la cura che avevano per Te
Tua madre e le persone che Ti seguivano.
Ora Ti trovi senza vestito, Gesù,
e provi il disagio di chi è in balia della gente
che non ha rispetto per la persona umana.

<p>Quante persone hanno sofferto e soffrono per questa mancanza di rispetto per la persona umana, per la propria intimità. A volte anche noi, forse, non abbiamo il rispetto dovuto alla dignità personale di chi ci sta accanto, “possedendo” chi ci sta vicino, figlio o marito o moglie o parente, conoscente o sconosciuto. In nome della nostra presunta libertà feriamo quella degli altri: quanta noncuranza, quanta trascuratezza nei comportamenti e nel modo di presentarci l’uno all’altro!

Gesù, che si lascia esporre in questo modo agli occhi del mondo di allora e agli occhi dell’umanità di sempre ci richiama la grandezza della persona umana, la dignità che Dio ha dato a ogni uomo, a ogni donna e che niente e nessuno dovrebbe violare, perché sono plasmati ad immagine di Dio. A noi è affidato il compito di promuovere il rispetto della persona umana e del suo corpo. In particolare a noi sposi il compito di coniugare queste due realtà fondamentali e inscindibili: la dignità e il dono totale di sé.

Tutti:

Pater noster, qui es in cælis:
sanctificetur nomen tuum;
adveniat regnum tuum;
fiat voluntas tua, sicut in cælo, et in terra.
Panem nostrum cotidianum da nobis hodie;
et dimitte nobis debita nostra,
sicut et nos dimittimus debitoribus nostris;
et ne nos inducas in tentationem;
sed libera nos a malo. Amen.

Sancta Mater, istud agas,
Crucifixi fige plagas
cordi meo valide.

*

XI stazione

Gesù è inchiodato sulla croce

V. Adoramus te, Christe, et benedicimus tibi.
R. Quia per sanctam crucem tuam redemisti mundum.

Dal Vangelo secondo Giovanni 19, 18-19

Lo crocifissero e con lui altri due, uno da una parte e uno dall’altra, e Gesù in mezzo. Pilato compose anche l’iscrizione e la fece porre sulla croce; vi era scritto: «Gesù il Nazareno, il re dei Giudei».

Giunti alla località detta “Calvario”, i soldati crocifiggono Gesù. Pilato fa scrivere: «Gesù il Nazareno, re dei Giudei», per deriderLo e umiliare i giudei. Ma, pur senza volerlo, questa scritta certifica una realtà: la regalità di Gesù, re di un Regno che non ha confini né di spazio, né di tempo.

Possiamo solo immaginare il dolore di Gesù durante la crocifissione, cruenta e dolorosissima. Si entra nel mistero: perché Dio, fattosi uomo per amore nostro, si lascia inchiodare su un legno e innalzare da terra tra spasimi atroci, fisici e spirituali?

Per amore. Per amore. È la legge dell’amore che porta a donare la propria vita per il bene dell’altro. Lo confermano quelle madri che hanno affrontato anche la morte pur di dare alla luce il loro figlio. O quei genitori che hanno perso un figlio in guerra o in atti di terrorismo e che scelgono di non vendicarsi.

Gesù, sul Calvario impersoni tutti noi,
tutti gli uomini di ieri, oggi e domani.
Sulla croce ci hai insegnato ad amare.
Ora cominciamo a capire il segreto di quella gioia perfetta
di cui parlavi ai discepoli nell’ultima cena.
Hai dovuto scendere dal Cielo, farTi bambino,
poi adulto e quindi patire sul Calvario
per dirci con la Tua vita che cos’è il vero amore.

Guardandoti lassù sulla croce, anche noi come famiglia, sposi, genitori e figli stiamo imparando ad amarci e ad amare, a nutrire tra noi quell’accoglienza che dona se stessa e che sa essere accolta con riconoscenza. Che sa soffrire, che sa trasformare la sofferenza in amore.

Tutti:

Pater noster, qui es in cælis:
sanctificetur nomen tuum;
adveniat regnum tuum;
fiat voluntas tua, sicut in cælo, et in terra.
Panem nostrum cotidianum da nobis hodie;
et dimitte nobis debita nostra,
sicut et nos dimittimus debitoribus nostris;
et ne nos inducas in tentationem;
sed libera nos a malo. Amen.

Tui Nati vulnerati,
tam dignati pro me pati,
poenas mecum divide.

*

XII stazione

Gesù muore sulla croce

V. Adoramus te, Christe, et benedicimus tibi.
R. Quia per sanctam crucem tuam redemisti mundum.

Dal Vangelo secondo Matteo 27, 45-46

A mezzogiorno si fece buio su tutta la terra, fino alle tre del pomeriggio. Verso le tre, Gesù gridò a gran voce: «Elì, Elì, lemà sabactàni?», che significa: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?».

Gesù è sulla croce. Ore d’angoscia, ore terribili, ore di sofferenze fisiche disumane. «Ho sete», dice Gesù. E Gli viene accostata alla bocca una spugna imbevuta di aceto.

Un grido sale improvviso: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». Blasfemia? Il condannato grida il Salmo? Come accettare un Dio che grida, che Si lamenta, che non sa, non capisce? Il Figlio di Dio fatto uomo che sente di morire abbandonato dal Padre suo?

Gesù, fino a questo punto Ti sei fatto uno di noi,
uno con noi, eccetto il peccato!
Tu, Figlio di Dio fatto uomo,
Ti sei immedesimato con noi fino a sperimentare,
Tu che sei il Santo, la nostra condizione di peccatori,
la lontananza da Dio, l’inferno di coloro che sono senza Dio.
Tu hai sperimentato il buio per darci la luce.
Hai vissuto la separazione per darci l’unità.
Hai accettato il dolore per lasciarci l’Amore.
Hai provato l’esclusione, abbandonato e sospeso
tra Cielo e Terra, per accoglierci nella vita di Dio.

Un mistero ci avvolge
rivivendo ogni passo della Tua Passio
ne.
Gesù, Tu non tieni come un tesoro geloso
la Tua uguaglianza con Dio,
ma Ti fai povero di tutto per arricchirci.

Nelle Tue mani consegno il mio spirito».
Come hai fatto, Gesù, in quell’abisso di desolazione,
ad affidarti all’Amore del Padre,
abbandonarTi in Lui, morire in Lui?
Solo guardando a Te, solo con Te
possiamo affrontare le tragedie, le sofferenze degli innocenti,
le umiliazioni, gli oltraggi, la morte.

Gesù vive la Sua morte come dono per me, per noi, per la nostra famiglia, per ogni persona, per ogni famiglia, per ogni popolo, per l’umanità intera. In quell’atto rinasce la vita.

Tutti:

Pater noster, qui es in cælis:
sanctificetur nomen tuum;
adveniat regnum tuum;
fiat voluntas tua, sicut in cælo, et in terra.
Panem nostrum cotidianum da nobis hodie;
et dimitte nobis debita nostra,
sicut et nos dimittimus debitoribus nostris;
et ne nos inducas in tentationem;
sed libera nos a malo. Amen.

Vidit suum dulcem Natum
moriendo desolatum,
dum emisit spiritum.

*

XIII stazione

Gesù è deposto dalla Croce e consegnato alla Madre

V. Adoramus te, Christe, et benedicimus tibi.
R. Quia per sanctam crucem tuam redemisti mundum.

Dal Vangelo secondo Giovanni 19, 38

Dopo questi fatti Giuseppe di Arimatea, che era discepolo di Gesù, ma di nascosto, per timore dei Giudei, chiese a Pilato di prendere il corpo di Gesù. Pilato lo concesse. Allora egli andò e prese il corpo di Gesù.

Maria vede morire Suo Figlio, Figlio di Dio e anche suo. Sa che è innocente, ma si è caricato del peso delle nostre miserie. La Madre offre il Figlio, il Figlio offre la Madre. A Giovanni, a noi.

Gesù e Maria, ecco una famiglia che, sul Calvario, vive e soffre il supremo distacco. La morte li divide, o perlomeno sembra dividerli, una madre e un figlio con un legame insieme umano e divino inimmaginabile. Per amore lo donano. Si abbandonano entrambi alla Volontà di Dio.

Nella voragine apertasi nel cuore di Maria entra un altro figlio, che rappresenta l’umanità intera. E l’amore di Maria per ciascuno di noi è il prolungamento dell’amore che ella ha avuto per Gesù. Sì, perché nei discepoli vedrà il volto di Lui. E vivrà per loro, per sorreggerli, aiutarli, incitarli, portarli a riconoscere l’Amore di Dio, perché nella loro libertà si rivolgano al Padre.

Cosa dicono a me, a noi, alla nostra famiglia, questa Madre e questo Figlio sul Calvario? Ognuno si può solo fermare, attonito, di fronte a tale scena. Intuisce che questa Madre, questo Figlio ci stanno facendo un dono unico, irripetibile. In loro infatti troviamo la capacità di dilatare il nostro cuore e aprire il nostro orizzonte a dimensione universale.

Lì, sul Calvario,
accanto a te, Gesù, morto per noi,
le nostre famiglie accolgono il dono di Dio:
il dono di un amore
che può allargare le braccia all’infinito.


Tutti:

Pater noster, qui es in cælis:
sanctificetur nomen tuum;
adveniat regnum tuum;
fiat voluntas tua, sicut in cælo, et in terra.
Panem nostrum cotidianum da nobis hodie;
et dimitte nobis debita nostra,
sicut et nos dimittimus debitoribus nostris;
et ne nos inducas in tentationem;
sed libera nos a malo. Amen.

Fac me tecum pie flere,
Crucifixo condolere,
donec ego vixero.

*

XIV stazione

Gesù è deposto nel sepolcro

V. Adoramus te, Christe, et benedicimus tibi.
R. Quia per sanctam crucem tuam redemisti mundum.

Dal Vangelo secondo Giovanni 19, 41-42

Ora, nel luogo dove era stato crocifisso, vi era un giardino e nel giardino un sepolcro nuovo, nel quale nessuno era stato ancora posto. Là dunque, poiché era il giorno della Parasceve dei Giudei e dato che il sepolcro era vicino, posero Gesù.

Un profondo silenzio avvolge il Calvario. Giovanni, nel suo Vangelo, attesta che il Calvario si trova in un giardino dove c’è un sepolcro ancora non usato. Proprio lì i discepoli di Gesù depongono il Suo corpo.

Quel Gesù, che hanno poco alla volta riconosciuto come Dio fattoSi Uomo, è lì, cadavere. Nella solitudine sconosciuta si sentono smarriti, non sanno che fare, come comportarsi. Non resta loro che consolarsi reciprocamente, farsi forza l’uno con l’altro, stringersi assieme. Ma proprio lì matura nei discepoli il momento della fede, del ricordo di quello che Gesù ha detto e fatto quand’era in mezzo a loro, e che allora avevano capito solo in parte.

Lì cominciano ad essere Chiesa, in attesa della Risurrezione e dell’effusione dello Spirito. Con loro c’è la madre di Gesù, Maria, che il Figlio aveva affidato a Giovanni. Si radunano tra loro, con lei, attorno a lei. In attesa. In attesa che il Signore si manifesti.

Sappiamo che quel corpo dopo tre giorni è risorto. Così Gesù vive per sempre e ci accompagna, Lui personalmente, nel nostro viaggio terreno, tra gioie e tribolazioni.

Gesù, fa’ che ci amiamo reciprocamente.
Per averti di nuovo in mezzo a noi,
ogni giorno, come tu stesso hai promesso:
«Dove due o tre sono riuniti nel mio nome,
lì sono io in mezzo a loro».

Tutti:

Pater noster, qui es in cælis:
sanctificetur nomen tuum;
adveniat regnum tuum;
fiat voluntas tua, sicut in cælo, et in terra.
Panem nostrum cotidianum da nobis hodie;
et dimitte nobis debita nostra,
sicut et nos dimittimus debitoribus nostris;
et ne nos inducas in tentationem;
sed libera nos a malo. Amen.

Quando corpus morietur,
fac ut animæ donetur
Paradisi gloria.
Amen.

***

DISCORSO DEL SANTO PADRE E BENEDIZIONE APOSTOLICA

Il Santo Padre ha rivolto la seguente meditazione ai presenti:

Cari fratelli e sorelle,

abbiamo rievocato, nella meditazione, nella preghiera e nel canto, il cammino di Gesù sulla via della Croce: una via che sembrava senza uscita e che invece ha cambiato la vita e la storia dell’uomo, ha aperto il passaggio verso i «cieli nuovi e la nuova terra» (cfr Ap 21,1). Specialmente in questo giorno del Venerdì Santo, la Chiesa celebra, con intima adesione spirituale, la memoria della morte in croce del Figlio di Dio, e nella sua Croce vede l’albero della vita, fecondo di una nuova speranza.

L’esperienza della sofferenza segna l’umanità, segna anche la famiglia; quante volte il cammino si fa faticoso e difficile! Incomprensioni, divisioni, preoccupazione per il futuro dei figli, malattie, disagi di vario genere. In questo nostro tempo, poi, la situazione di molte famiglie è aggravata dalla precarietà del lavoro e dalle altre conseguenze negative provocate dalla crisi economica. Il cammino della Via Crucis, che abbiamo spiritualmente ripercorso questa sera, è un invito per tutti noi, e specialmente per le famiglie, a contemplare Cristo crocifisso per avere la forza di andare oltre le difficoltà. La Croce di Gesù è il segno supremo dell’amore di Dio per ogni uomo, è la risposta sovrabbondante al bisogno che ha ogni persona di essere amata. Quando siamo nella prova, quando le nostre famiglie si trovano ad affrontare il dolore, la tribolazione, guardiamo alla Croce di Cristo: lì troviamo il coraggio per continuare a camminare; lì possiamo ripetere, con ferma speranza, le parole di san Paolo: «Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? … Ma in

tutte queste cose noi siamo più che vincitori grazie a colui che ci ha amati» (Rm 8,35.37).

Nelle afflizioni e nelle difficoltà non siamo soli; la famiglia non è sola: Gesù è presente con

il suo amore, la sostiene con la sua grazia e le dona l’energia per andare avanti. Ed è a questo amore di Cristo che dobbiamo rivolgerci quan
do gli sbandamenti umani e le difficoltà rischiano di ferire l’unità della nostra vita e della famiglia. Il mistero della passione, morte e risurrezione di Cristo incoraggia a camminare con speranza: la stagione del dolore e della prova, se vissuta con Cristo, con fede in Lui, racchiude già la luce della risurrezione, la vita nuova del mondo risorto, la pasqua di ogni uomo che crede alla sua Parola.

In quell’Uomo crocifisso, che è il Figlio di Dio, anche la stessa morte acquista nuovo

significato e orientamento, è riscattata e vinta, è il passaggio verso la nuova vita: «se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto» (Gv 12,24). Affidiamoci alla Madre di Cristo. Lei che ha accompagnato il suo Figlio sulla via dolorosa, Lei che stava sotto la Croce nell’ora della sua morte, Lei che ha incoraggiato la Chiesa al suo nascere perché viva alla presenza del Signore, conduca i nostri cuori, i cuori di tutte le famiglie attraverso il vasto mysterium passionis verso il mysterium paschale, verso quella luce che prorompe dalla Risurrezione di Cristo e mostra la definitiva vittoria dell’amore, della gioia, della vita, sul male, sulla sofferenza, sulla morte. Amen

Al termine del discorso il Santo Padre ha impartito la sua Benedizione Apostolica:

Dominus vobiscum.
R. Et cum spiritu tuo.

Sit nomen Domini benedictum.
R. Ex hoc nunc et usque in sæculum.

Adiutorium nostrum in nomine Domini.
R. Qui fecit cælum et terram.

Benedicat vos omnipotens Deus,
Pater, X et Filius, X et Spiritus X Sanctus.
R. Amen.

Crux fidelis

La schola:

R. Crux fidelis, inter omnes arbor una nobilis,
nulla silva talem profert, fronde, flore, germine!
Dulce lignum, dulces clavos, dulce pondus sustinet!

1. Pange, lingua, gloriosi prœlium certaminis,
et super crucis tropæo dic triumphum nobilem,
qualiter Redemptor orbis immolatus vicerit. R.

2. De parentis protoplasti fraude factor condolens,
quando pomi noxialis morte morsu corruit,
ipse lignum tunc notavit, damna ligni ut solveret. R.

[© Copyright 2012 – Libreria Editrice Vaticana]

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ZENIT Staff

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