ROMA, venerdì, 6 aprile 2012 (ZENIT.org).- «Politica comprensibile. Ma senza alcuna possibilità di riuscita. Perché – che piaccia o no – in Siria il regime non ha futuro». Il custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa, commenta così ad Aiuto alla Chiesa che Soffre la decisione di alcuni leader della Chiesa siriana – non ultimo il patriarca greco-melchita di Antiochia, Gregorio III Laham – di preservare lo status quo continuando a sostenere Assad.
«Anche se non la chiamiamo così, quella in Siria è una guerra civile – continua – e i cristiani sono stretti in una morsa tra il governo, che li ha sempre sostenuti, e l’opposizione». Per i fedeli la paura che il Paese si trasformi in un nuovo Iraq è forte e del tutto comprensibile. Ma il francescano spiega che la mentalità siriana è diversa da quella irachena: frutto di una maggiore varietà etnica e religiosa». Intanto i cristiani hanno lasciato Homs. Ed è questa l’unica certezza per il ministro provinciale dei Frati minori, dal momento che «è praticamente impossibile ricevere notizie affidabili e oggettive dal Paese arabo».
Padre Pizzaballa è contrario a un possibile intervento esterno e ritiene che la collocazione della Siria nel cuore del Medio Oriente renda improbabile un’eventuale azione militare internazionale. «Non è come in Libia. Stavolta l’intervento avrebbe conseguenze sull’intera regione mediorientale». I Paesi occidentali devono scendere in campo, ma con la sola pressione politica e diplomatica. Altrimenti, «abbiamo visto cosa è successo in Iraq e in Afghanistan».