KADOC: una memoria per il domani (Seconda parte)

Intervista al prof. Jan De Maeyer, direttore del KADOC, a Lovanio

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

di Paola De Groot-Testoni

ROMA, martedì, 3 aprile 2012 (ZENIT.org) – Proponiamo la seconda ed ultima parte di un’intervista al prof. Jan De Maeyer, direttore del KADOC, il Centro di Documentazione e Ricerca per la Religione, Cultura e Società, di Lovanio, in Belgio, e docente di Storia della Chiesa presso l’Università Cattolica della stessa città. La prima parte è stata pubblicata ieri, lunedì 2 aprile.

***

Il KADOC ospita anche collezioni condivise o non-Europee. Ce le può descrivere e come funzionano?

Negli archivi dei grandi ordini e congregazioni missionari si trovano un gran numero di collezioni non-europee. I missionari di Scheut per esempio in Cina registrarono un gran numero di lingue o abitudini locali, fotografarono la vita come adesso non esiste più. I Gesuiti tradussero in immagini la vita quotidiana in India oppure i Padri Scheutisti registrarono dei racconti nelle lingue locali dell’Africa Centrale. L’oblato Franz van de Velde tradusse ampiamente in immagini la vita degli Inuit o Eschimo in Alaska. Spesso non si ha più a disposizione questo tipo di fonti storiche. Il nostro fine è condividere questa parte di patrimonio con le “Source Communities”, digitalizzarlo e metterlo a disposizione o studiarne il significato e il contenuto in progetti comuni. Così nel 2013 arriverà un collega filippino come fellow presso il KADOC per studiare la parte di patrimonio riguardante il suo paese, mentre la scorsa estate sei Padri Scheutisti – responsabili dell’archivio nelle loro provincie nelle varie parti del mondo – sono venuti a fare un stage nel nostro archivio.

All’estero ci sono delle istituzioni paragonabili alla vostra o con le quali avete rapporti di collaborazione?

Nella doppia veste di centro di documentazione e di ricerca il KADOC è certamente unico. Non ci sono esempi immediati della stessa mole e importanza lavorativa. Ma lavoriamo con moltissime altre istituzioni che hanno in parte la stessa nostra missione, per esempio il Centro di Documentazione Cattolica di Nimega o l’Archivio Storico Protestante e il Centro di Documentazione di Amsterdam, la Fondazione Konrad Adenauer di Bonn, l’Istituto Luigi Sturzo di Roma o il Centro degli Archivi Religiosi in Francia. Abbiamo anche contatti con il Cushwa Center for the Study of American Catholicism (Notre Dame University, USA) ma anche con tantissime altre università in Belgio e all’estero.

Il KADOC non solo colleziona e conserva ma vuole anche “restituire” qualcosa. Ce ne può parlare?

Attraverso le nostre attività pubbliche, vogliamo valorizzare le collezioni che ci sono state affidate. Per mezzo di mostre, progetti di studi e pubblicazioni o tramite la creazione di aspetti storici su siti web, vogliamo mettere il pubblico in contatto con questo patrimonio. Conservare per conservare è sterile, vogliamo farlo conoscere al pubblico. Spesso le organizzazioni o le congregazioni ci affidano i loro archivi con la richiesta di dedicare loro uno studio. Ora, uno studio è per se stesso importante, ma consigliamo al nostro committente di creare intorno allo studio anche una discussione o una sessione di formazione. Non ha senso richiedere uno studio su un istituto se poi non ne viene fatto niente. In questa maniera possiamo svolgere un’attività interattiva con gli archivi.

Collezionare, conservare e pubblicare costa molto denaro. Come finanzia il KADOC questa serie di attività?

Il KADOC viene finanziato al 75% dal Governo (Comunità Fiamminga) nel quadro del Decreto per il Patrimonio Culturale. Circa il 25% dei mezzi proviene da fondi di ricerca o da ricerche a contratto, inoltre veniamo finanziati anche da privati o da istituti religiosi.

Una domanda personale. Lei collabora attivamente alla Parrocchia Universitaria dell’Università Cattolica di Lovanio, per esempio come catechista. Qual è la sua esperienza?

Come vedo è ben informata. Dal 1981 sono attivo presso la Parrocchia Universitaria dell’Università Cattolica di Lovanio dove coordino il Gruppo di Accoglienza e da un ventennio sono catechista per la preparazione alla Cresima. In questa catechesi seguiamo un nostro metodo, cioè mettiamo in contatto i ragazzi due ore alla settimana con una selezione tematica di testi dell’Antico e Nuovo Testamento. Le nostre esperienze sono molto positive, lavoriamo perchè i ragazzi si aprano e restino impressionati dalla forza letteraria, di immagini e di contenuti di questi testi. È un tragitto molto intenso che ogni anno richiede molto a genitori e ragazzi ma che dà anche molto. L’entusiasmo durante il fine settimana di chiusura del corso è spesso molto grande, il coronamento è la celebrazione della Cresima proprio il giorno dell’Ascensione.

Come considera la posizione della Chiesa nella Fiandre?

La Chiesa nelle Fiandre (Belgio) attraversa un momento difficile, non lo si può negare. C’è una forte secolarizzazione della società e cresce la distanza mentale tra il popolo di Dio e la lingua che parla la Chiesa. In aggiunta è arrivata anche la crisi della pedofilia che ha danneggiato moltissimo la fiducia nella Chiesa, soprattutto per il coinvolgimento dell’ex vescovo di Bruges. Eppure ci sono diversi osservatori e cristiani impegnati che sono dell’opinione che condannare può portare alla salvezza. La condanna non ha mai portato alla salvezza. Nei fatti la secolarizzazione si muove nella direzione della pluralizzazione e della differenziazione religiosa. Le cifre in crescita delle chiese evangeliche-protestanti di Bruxelles e Anversa lo dimostrano. Ci sono diversi indicatori che c’è un grande interesse verso il dare un senso alla vita. Un esempio: recentemente il sito religioso “Hoe word je mens” è stato visitato da 465.000 visitatori in due settimane. C’è stata pure la richiesta di un coinvolgimento della Chiesa nella celebrazione in memoria delle vittime del recente tragico incidente di pullman in Svizzera. Il fatto che la Chiesa fosse visibilmente presente – per esempio nella persona del decano di Lovanio – e che i vescovi abbiano preso un’iniziativa chiara di riconoscimento degli errori e di indennizzo delle vittime della pedofilia è stato anche accolto positivamente. L’interesse per il senso religioso esiste, il punto sarà formare una Chiesa che sia concretamente presente tra la gente, che saprà presentarsi in un modo attuale. Anche una Chiesa di minoranza può essere una presenza molto dinamica nella società.

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

ZENIT Staff

Sostieni ZENIT

Se questo articolo ti è piaciuto puoi aiutare ZENIT a crescere con una donazione