di Salvatore Cernuzio
MILANO, domenica, 1° aprile 2012 (ZENIT.org) – Un invito ad invocare la propria conversione, momento di profondo cambiamento inseguito lungo tutta la Quaresima.
È stato questo il centro dell’omelia che il cardinale Angelo Scola, Arcivescovo di Milano, ha tenuto nella Messa presieduta, questa mattina, dopo la tradizionale processione con gli ulivi dalla chiesa di Santa Maria Annunciata in Camposanto a Milano fino al maestoso Duomo.
Iniziando la Settimana Santa, nella sua riflessione, il porporato ha esortato a vivere con fede questo tempo eminente “come figura del percorso della nostra vita”.
“La Domenica delle Palme è il portico della Settimana Autentica” ha infatti spiegato, aggiungendo che “con la processione, le palme, gli ulivi, i canti ed i salmi abbiamo voluto immedesimarci con il popolo che accolse l’ingresso di Gesù a Gerusalemme”. I fatti della vita di Gesù, quindi, che la Chiesa nostra Madre ci farà vivere a partire da oggi, “danno senso pieno all’esistenza di ciascuno di noi e di tutti gli uomini di ogni tempo, di tutta la storia”.
“Noi sappiamo che Gesù ci rivela chi è il nostro Dio” ha proseguito l’Arcivescovo, ovvero “uno che non si sottrasse in nulla all’orrore della sofferenza e della morte, ma che sovrabbondò nell’amore per aprirci l’accesso alla sovrabbondanza della vita”.
Dio, dunque, come ha detto il porporato, è “un Padre che ama la libertà dei figli a tal punto da non sopraffarla mai, senza mai cessare di provocarla con la forza della verità”. In virtù di questa libertà, siamo scossi da quella “ ‘gaia rassegnazione’ in cui spesso, quasi senza accorgercene, scivoliamo, incapaci e stanchi di cercare il senso pieno della nostra esistenza”.
Parlando dell’ingresso di Gesù in Gerusalemme prima della sua Passione, morte e Risurrezione, il cardinale Scola si è poi soffermato su un aspetto in particolare: la “mansuetudine” del Figlio di Dio, ovvero “la Sua obbedienza al disegno del Padre”, segno della nuova “regalità” inaugurata da Gesù.
Tale mansuetudine, ha soggiunto, “deve essere anche la nostra, dal momento che portiamo il Suo nome: cristiani”. La Chiesa, infatti, “nasce dal costato di Cristo e deve ogni giorno rinascere dal cuore di ogni fedele”.
Il riferimento è andato, quindi, a Benedetto XVI che, nel primo volume del suo Gesù di Nazaret, sottolineava che Gesù «con la sua obbedienza ci chiama dentro questa pace, la pianta dentro di noi». Nell’azione eucaristica, infatti, “il Re della pace ci educa a riconoscere che non c’è possibilità di bene per sé e di edificazione di vita buona a tutti i livelli dell’umana convivenza che non passi dal dono di sé”, ha proseguito il cardinale, concludendo “se questo è vero, a nessuno sfugga la grande attualità della Pasqua di nostro Signore”.
In questa solennità, dunque, si attua la signorìa di Dio sul mondo creato e redento, “di cui Egli ci vuole partecipi”. Una signorìa, una regalità, che il Signore «non ha voluto riservare solo a sé, ma assegna ad ogni creatura” secondo le “funzioni” che è in grado di esercitare e le “capacità” proprie della sua natura.
L’augurio, quindi, che tale modo di governare possa essere imitato nella vita sociale: “Il comportamento di Dio nel governo del mondo – ha affermato infatti l’Arcivescovo di Milano – testimonia un profondissimo rispetto per la libertà umana e dovrebbe ispirare la saggezza di coloro che governano le comunità umane. Costoro devono comportarsi come ministri della provvidenza divina”.
Alcune indicazioni concrete, rivolte a noi cristiani, hanno concluso l’omelia del cardinale Scola. Indicazioni circa gli atteggiamenti da assumere in questo tempo così importante, ovvero: “prostrarci nell’umile riconoscimento dei nostri peccati nel sacramento della Confessione; donare qualcosa di noi stessi e dei nostri beni a chi è nel bisogno materiale e spirituale; fare intenso spazio al Crocifisso glorioso nelle nostre giornate e conformarci non a questo mondo ma al pensiero di Cristo”.