Le Chiese non vogliono essere costrette a pagare i contraccettivi

Libertà religiosa a rischio negli Stati Uniti

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di Padre John Flynn, LC

ROMA, domenica, 29 gennaio 2012 (ZENIT.org).- La decisione del governo federale degli Stati Uniti di spingere le Chiese a rimborsare le spese per i contraccettivi ha suscitato un’ondata di critiche.

La nuova legge sull’assistenza sanitaria nazionale, approvata dal Congresso di Washington, lascia infatti al Dipartimento della Salute e dei Servizi Umani (HHS in acronimo inglese) la decisione su quali istituzioni saranno esentate dal dover pagare per le spese sostenute dai loro dipendenti per i contraccettivi nell’ambito dei rispettivi piani assicurativi.

Venerdì 20 gennaio il Dipartimento ha annunciato che mentre le Chiese saranno sì esentate non lo saranno invece le altre associazioni legate alle Chiese, come scuole, ospedali ed enti di beneficenza, che dovranno quindi rimborsare i loro dipendenti.

L’unica concessione da parte del Ministero è che i datori di lavoro hanno ottenuto un margine di tempo supplementare per adeguarsi alla legge, fino all’agosto 2013, una concessione – come osservano alcuni osservatori – che sposta l’obbligo ben oltre le prossime elezioni.

“Ritengo che questa proposta raggiunge il giusto equilibrio tra rispettare la libertà religiosa ed aumentare l’accesso ad importanti servizi preventivi”, così ha dichiarato il Ministro della Salute, Kathleen Sebelius, in un comunicato stampa.

Una posizione non condivisa da molte persone che nei giorni successivi hanno espresso la loro posizione in merito.

“In effetti, il presidente ci sta dicendo che abbiamo un anno di tempo per capire come violare le nostre coscienze”, così ha dichiarato il cardinale designato Timothy Dolan, arcivescovo di New York e presidente della Conferenza dei Vescovi Cattolici degli USA (USCCB), in un comunicato stampa del 20 gennaio.

Dolan ha fatto notare che la norma significa che la sterilizzazione e i contraccettivi ad effetto abortivo dovranno essere inclusi nei piani di assistenza sanitaria.

“Il governo non dovrebbe costringere gli americani ad agire come se la gravidanza fosse una malattia da evitare a tutti i costi”, ha affermato.

“Non è mai accaduto, nella storia degli Stati Uniti, che il governo federale abbia costretto i cittadini a pagare per qualcosa che viola le nostre convinzioni”, così ha dichiarato il cardinale Daniel DiNardo il 22 gennaio nella sua omelia durante la Messa di apertura della Veglia di Preghiera Nazionale per la Vita.

La posta in gioco, – ha detto- , “è la sopravvivenza di una fondamentale libertà costituzionalmente protetta, che garantisce il rispetto della coscienza e della libertà religiosa”.

Suor Carol Keehan, DC, presidente della Catholic Health Association degli Stati Uniti, ha espresso il suo disappunto per la decisione. “Questa è stata un’occasione persa per promuovere un’appropriata protezione della libertà di coscienza”, ha detto la religiosa.

Le critiche sono venute da tutte le parti. “Non riesco a immaginare un attacco più diretto e frontale alla libertà di coscienza che la decisione di oggi”, ha scritto il cardinale Roger Mahony, in una nota postata il 20 gennaio sul suo blog. L’arcivescovo emerito di Los Angeles ha dichiarato: “Per me non c’è un altro tema fondamentale importante quanto questo, proprio adesso che entriamo in una campagna per eleggere il Presidente e il Congresso”.

Persino il Washington Post ha condannato la decisione del Dipartimento. In un editoriale del 23 gennaio, il quotidiano ha scritto: “L’amministrazione ha fatto finta di cedere ad un compromesso, dando ai datori di lavoro un altro anno per capire come adeguarsi al provvedimento, è un giochino improduttivo che non riesce a risolvere il problema fondamentale, cioè richiedere ad istituzioni religiosamente affiliate di spendere il proprio denaro in un modo che contraddice i principi della loro fede”.

Inoltre, “richiedere ad un datore di lavoro religiosamente affiliato di spendere il proprio denaro in un modo che viola i suoi principi religiosi non rappresenta un accordo adeguato”.

“E’ imperativo”, ha detto Papa Benedetto XVI rivolgendosi ad un gruppo di vescovi americani, il giorno prima della decisione del Dipartimento, “che l’intera comunità cattolica negli Stati Uniti si renda conto delle gravi minacce per la testimonianza pubblica morale della Chiesa, presentata da un secolarismo radicale che si esprime sempre più in ambito politico e culturale”.

“Particolarmente preoccupanti sono certi tentativi fatti per limitare la libertà più apprezzata in America, la libertà di religione”, ha insistito il Pontefice.

Si fanno congetture sull’impatto che questa decisione possa avere sulle elezioni che si terranno nel prossimo novembre.

In un post del 24 gennaio sul sito web del Wall Street Journal, William McGurn ha commentato che Barack Obama aveva ottenuto nel 2008 la maggioranza del voto cattolico.

Ma adesso, molti cattolici che in precedenza avevano sostenuto Obama sono scandalizzati dalla decisione del Dipartimento. Fra di loro ci sono persone come il rettore dell’Università di Notre Dame, padre John Jenkins, fortemente criticato per aver invitato il presidente per un discorso e per aver conferitogli una laurea honoris causa.

McGurn. ha fatto notare che è paradossale che “la decisione è stata imposta da un ministro della Salute e dei Servizi Umani cattolico, Kathleen Sebelius, che lavora in un’amministrazione con un vicepresidente cattolico, Joe Biden”,

E non sono solo i cattolici ad essere sconvolti. Lo scorso 21 dicembre, più di 60 esponenti protestanti ed ebrei ortodossi hanno scritto una lettera al presidente Obama chiedendogli di non richiedere a tutti gli assicuratori privati di fornire una copertura della contraccezione e sterilizzazione.

“Non sono certamente solo i cattolici ad opporsi profondamente alla condizione di pagare assicurazioni sanitarie che coprono anche contraccettivi abortivi”, hanno scritto.

“Crediamo che il governo federale sia obbligato dal Primo Emendamento a venire incontro alle convinzioni religiose di organizzazioni basate sulla fede di tutti i tipi, cattoliche e non cattoliche”, così hanno insistito.

Si tratta di un’affermazione che verrà indubbiamente ripetuta nei prossimi mesi, quando si avvicineranno le elezioni.

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ZENIT Staff

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