CITTA’ DEL VATICANO, mercoledì, 11 gennaio 2011 (ZENIT.org) – Meditando sull’Ultima Cena, papa Benedetto XVI, nel corso dell’Udienza Generale di oggi, ha riflettuto sul sacramento dell’Eucaristia, momento culminante della predicazione di Gesù in Gerusalemme.
Lo sfondo “temporale ed emozionale” di questo evento è la consapevolezza da parte di Cristo dell’imminenza della propria morte, che avviene proprio alla vigilia della Pasqua ebraica, ovvero il memoriale della liberazione di Israele dalla schiavitù d’Egitto.
In un contesto di ritualità e di festa religiosa, Gesù è pienamente consapevole di “Qualcosa di totalmente nuovo” che sta per accadere, dell’eccezionalità della propria Pasqua con cui sta per prendere congedo dai propri discepoli, anticipando la sua Croce e la sua Resurrezione.
L’istituzione dell’Eucaristia è quindi “la grande preghiera di Gesù e della Chiesa”, ha affermato Benedetto XVI.
Il Santo Padre si è poi soffermato sull’etimologia della parola eucaristia. I due termini greci eucaristeìn (ringraziamento) ed eulogeìn (benedizione) “rimandano alla berakha ebraica, cioè alla grande preghiera di ringraziamento e di benedizione della tradizione d’Israele che inaugurava i grandi conviti”.
La preghiera di lode e ringraziamento che Gesù eleva al Padre “ritorna come benedizione, che scende da Dio sul dono e lo arricchisce”, trasformando il pane e il vino nel Corpo e nel Sangue di Gesù.
I gesti dello spezzare il pane e del passare il calice, inoltre, sono tipici del capofamiglia, “che accoglie alla sua mensa i familiari, ma questi gesti sono anche quelli dell’ospitalità, dell’accoglienza alla comunione conviviale dello straniero, che non fa parte della casa”.
Compiute da Gesù queste azioni acquisiscono “una profondità del tutto nuova: Egli dà un segno visibile dell’accoglienza alla mensa in cui Dio si dona. Gesù nel pane e nel vino offre e comunica Se stesso”.
Donando il pane e il vino diventati il Suo Corpo e Sangue, Cristo “offre in anticipo la vita che gli sarà tolta e in questo modo trasforma la sua morte violenta in un atto libero di donazione di sé per gli altri e agli altri”.
La “profonda originalità” della Pasqua di Gesù è “il culmine della preghiera che contrassegna la cena di addio con i suoi”. Egli, attraverso il memoriale eucaristico, diviene “l’Agnello che porta a compimento tutto il culto antico”.
Un elemento in più, rispetto agli altri Vangeli, ci è fornito da Luca che riporta una frase del Signore rivolta a Pietro: “Satana vi ha cercati per vagliarvi come il grano; ma io ho pregato per te, perché la tua fede non venga meno. E tu, una volta convertito, conferma i tuoi fratelli” (Lc 22,31-32).
L’Eucaristia, infatti, è il “cibo dei pellegrini”, è ciò che dà forza nei momenti di stanchezza e di debolezza dei discepoli: così avviene con Pietro, affinché riprenda il cammino dietro al Maestro, dopo il triplice rinnegamento.
La partecipazione al banchetto eucaristico ci permette di vivere “in modo straordinario la preghiera che Gesù ha fatto e continuamente fa per ciascuno affinché il male, che tutti incontriamo nella vita, non abbia a vincere e agisca in noi la forza trasformante della morte e della risurrezione di Cristo”, ha aggiunto il Papa.
Nutrendoci della Carne e del Sangue del Figlio di Dio, diventa per noi possibile unire “la nostra preghiera a quella dell’Agnello pasquale nella sua notte suprema, perché la nostra vita non vada perduta, nonostante la nostra debolezza e le nostre infedeltà, ma venga trasformata”, ha poi concluso il Pontefice.