Con gli occhi degli apostoli: una presenza che travolge la vita

di Luca Marcolivio

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RIMINI, giovedì, 25 agosto 2011 (ZENIT.org).- Un avvenimento che ha messo insieme passato, presente e futuro. L’incontro tra Cristo e gli apostoli è un fatto storico e documentato che non si limita alla sua epoca ma coinvolge irreversibilmente anche noi contemporanei, credenti o atei.

Con gli occhi degli apostoli: una presenza che travolge la vita è il titolo della mostra allestita al Meeting di Rimini, in esposizione fino a sabato 27 agosto e presentata ieri sera.

Come spiegato da Giancarlo Cesana, professore di Igiene all’Università Bicocca di Milano, “anche la persona più miscredente di questo mondo non può non riconoscere che l’avvenimento di Gesù Cristo sia uno dei più importanti della storia. Un ‘caso’ diventa un avvenimento quando mette insieme le cose della vita. Anche il presente, il passato e il futuro. Noi siamo immersi in questa lunga storia”.

Luogo dell’inizio della predicazione di Cristo fu Cafarnao di Galilea, luogo sul quale si è soffermato padre Pierbattista Pizzaballa OFM, dal 2004 custode di Terra Santa. “Questo incontro – ha affermato il padre francescano – mi obbliga a ridefinire il mio rapporto personale con la certezza che è Cristo”.

La predicazione di Gesù a Cafarnao è stata un fatto concreto e reale e l’uomo è “fatto per questo incontro, per la relazione viva e reale con Cristo nella quale nasce e cresce la vita”, ha proseguito padre Pizzaballa. Il Cristo predicante a Cafarnao è dunque “un Dio che si incontra nella vita reale, nella realtà semplice e quotidiana”.

La permanenza in Terra Santa, dunque, implica questo continuo rapporto con la storicità di Cristo che si manifesta ogni giorno della nostra vita, non tanto nella “trasmissione di idee”, quanto nella “vita vissuta che è sostegno delle idee stesse”, ha aggiunto Pizzaballa.

Vivere la realtà della Terra Santa è anche e soprattutto vivere l’apostolato e il dialogo interreligioso, esperienze che cambiano in modo radicale il nostro stesso rapporto con Cristo.

In particolare in occasione del suo ciclo di studi presso l’Università ebraica di Gerusalemme, padre Pizzaballa ha raccontato che “nel mio parlare di Cristo con ebrei e musulmani, era molto difficile riuscire a far loro comprendere concetti come, ad esempio, quello di messianicità. A loro interessava la mia esperienza di Cristo, la quale richiedeva uno sforzo di purificazione delle motivazioni, quasi una rifondazione della mia vocazione”.

“Parlare di Cristo, anche a chi non lo accettava come Messia – ha osservato il custode di Terra Santa – non ci divideva, anzi ci avvicinava e a me è servito per incontrare il Signore in maniera più intima”.

Anche l’intervento di padre José Miguel Garcia, professore di esegesi del Nuovo Testamento alla Facoltà Teologica San Damaso di Madrid, si è focalizzato sulla concretezza dell’esistenza di Cristo e della realtà il cui splendore supera quello di ogni immaginazione.

“Sono tra i curatori della mostra – ha affermato padre Garcia – eppure quando l’ho vista realizzata, mi sono commosso. La commozione che ho provato davanti alla mostra realizzata è stata cento volte più intensa che davanti alla mostra che avevo immaginato. Come scriveva Goethe: ‘Grigia è la teoria, amico mio, ma verde è l’eterno albero della vita’”.

Il cristianesimo è quindi “qualcosa che accade ora, non è un ricordo, ma una presenza che vince lo scetticismo e la disperazione – ha proseguito il biblista -. L’Incarnazione è il vero contenuto, un mistero visibile. È la suprema genialità di Dio che ha voluto comunicarsi all’uomo attraverso una presenza umana”.

E l’errore di molta teologia moderna è proprio quello di limitarsi “all’aspetto kerygmatico e all’annuncio, trascurando la realtà concreta e storica. Sarebbe stato folle se i primi discepoli fossero andati in giro a raccontare un avvenimento frutto di pura immaginazione”. Un ragionamento coerente con Sant’Agostino che accusava gli eretici pelagiani che pretendevano “di far consistere la grazia di Cristo nel suo esempio e non nel dono della sua persona”.

Infine, citando una frase di don Giussani riportata anche nel padiglione della mostra, Garcia ha ricordato che “la fede è il riconoscimento stupefatto, grato, intimidito e, nello stesso tempo, esaltante, di una presenza; perché Cristo è venuto ed è tra noi”.

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ZENIT Staff

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