Udienza Generale (21/11/2018) - Foto © Vatican Media

Messaggio al XL Meeting per l’amicizia fra i popoli

Rimini, 18 – 24 agosto 2019

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In occasione della 40.ma edizione del Meeting per l’amicizia fra i popoli, che si apre domani [18 agosto 2019] a Rimini sul tema “Nacque il tuo nome da ciò che fissavi”, il Santo Padre Francesco ha inviato al Vescovo di Rimini, S.E. Mons. Francesco Lambiasi, tramite il Cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin, il Messaggio che riportiamo di seguito:
Messaggio
Vaticano, 16 agosto 2019
A Sua Eccellenza Reverendissima
Mons. Francesco LAMBIASI
Vescovo di Rimini
Eccellenza Reverendissima, in occasione del XL Meeting per l’amicizia tra i popoli, sono lieto di far giungere a Lei, agli organizzatori, ai volontari e a quanti vi prenderanno parte il saluto e i migliori auguri del Sommo Pontefice. Il tema scelto quest’anno è tratto da una poesia di San Giovanni Paolo II, riferita alla Veronica, che si fa largo tra la folla per asciugare il volto di Gesù sulla via della croce: «Nacque il tuo nome da ciò che fissavi» (K. Wojtyła, «III. Il nome», in Id., Tutte le opere letterarie, Milano 2001, 155).
Il Servo di Dio don Luigi Giussani commentava così tale verso poetico: «Immaginiamoci la folla, Cristo che passa con la croce, e lei che fissa Cristo e si apre un varco nella folla guardandolo. Tutti la guardano. Lei che non aveva volto, era una donna come le altre, ha acquistato nome, cioè volto, personalità nella storia, per cui la stiamo ancora ricordando, per ciò che fissava. […] L’amare è affermare l’altro» (La convenienza umana della fede, Milano 2018, 159-160). «Fu guardato e allora vide; […] se non fosse stato guardato, non avrebbe visto» (S. Agostino, Discorsi, 174, 4.4), dice sant’Agostino a proposito di Zaccheo.
Questa è la verità che la Chiesa annuncia all’uomo da duemila anni. Cristo ci ha amato, ha dato la sua vita per noi, per ciascuno di noi, per affermare il nostro volto unico e irripetibile. Ma perché è così importante che oggi risuoni di nuovo questo annuncio? Perché tanti nostri contemporanei cadono sotto i colpi delle prove della vita, e si trovano soli e abbandonati. E spesso sono trattati come numeri di una statistica. Pensiamo alle migliaia di individui che ogni giorno fuggono da guerre e povertà: prima che numeri, sono volti, persone, nomi e storie. Mai dobbiamo dimenticarlo, specialmente quando la cultura dello scarto emargina, discrimina e sfrutta, minacciando la dignità della persona. Quanti dimenticati hanno urgente bisogno di vedere il volto del Signore per poter ritrovare sé stessi!
L’uomo di oggi vive spesso nell’insicurezza, camminando come a tentoni, estraneo a sé stesso; sembra non avere più consistenza, tanto è vero che facilmente si lascia afferrare dalla paura. Ma allora, che speranza ci può essere in questo mondo? Come l’uomo può ritrovare sé stesso e la speranza? Non può farlo solo attraverso un ragionamento o una strategia. Ecco allora il segreto della vita, quello che ci fa uscire dall’anonimato: fissare lo sguardo sul volto di Gesù e acquistare familiarità con Lui. Guardare Gesù purifica la vista e ci prepara a guardare tutto con occhi nuovi. Incontrando Gesù, guardando il Figlio dell’uomo, i poveri e i semplici ritrovavano sé stessi, si sentivano amati nel profondo da un Amore senza misura.
Pensiamo a quando l’Innominato de I promessi sposi si trova davanti al cardinale Federigo che lo abbraccia: «L’Innominato, sciogliendosi da quell’abbraccio, si coprì di nuovo gli occhi con una mano, e, alzando insieme la faccia, esclamò: “Dio veramente grande! Dio veramente buono! io mi conosco ora» (A. Manzoni, I promessi sposi, Milano 2012, 481). Anche noi siamo stati guardati, scelti, abbracciati, come ci ricorda il profeta Ezechiele nella stupenda allegoria della storia d’amore con il suo popolo: «Eri figlia di stranieri, eri stata messa da parte; ma sono passato e ti ho pulito e ti ho preso con me» (cfr Ez 16). Anche noi eravamo “stranieri”, e il Signore è venuto, ci ha dato una identità e un nome. In un’epoca dove le persone sono spesso senza volto, figure anonime perché non hanno nessuno su cui posare gli occhi, la poesia dei San Giovanni Paolo II ci ricorda che noi esistiamo in quanto siamo in relazione.
Papa Francesco ama sottolinearlo riferendosi al Vangelo della vocazione di Matteo: «Un giorno come qualunque altro, mentre era seduto al banco della riscossione delle imposte, Gesù passò e lo vide, si avvicinò e gli disse: “Seguimi”. Ed egli si alzò, lo seguì. Gesù lo guardò. Che forza di amore ha avuto lo sguardo di Gesù per smuovere Matteo come ha fatto! Che forza devono avere avuto quegli occhi per farlo alzare! […] Gesù si fermò, non passò oltre frettolosamente, lo guardò senza fretta, lo guardò in pace. Lo guardò con occhi di misericordia; lo guardò come nessuno lo aveva guardato prima. E quello sguardo aprì il suo cuore, lo rese libero, lo guarì, gli diede una speranza, una nuova vita» (Omelia, Plaza de la Revolución, Holguín [Cuba], 21 settembre 2015). È questo che rende il cristiano una presenza nel mondo diversa da tutte le altre, perché porta l’annuncio di cui – senza saperlo – più hanno sete gli uomini e le donne del nostro tempo: è tra noi Colui che è la speranza della vita. Saremo “originali” se il nostro volto sarà lo specchio del volto di Cristo risorto. E questo sarà possibile se cresciamo nella consapevolezza a cui Gesù invitava i suoi discepoli, come quella volta dopo averli inviati in missione: «I settantadue tornarono pieni di gioia» per i miracoli compiuti; ma Gesù dice loro: «Rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli» (cfr Lc 10,20-21). Questo è il miracolo dei miracoli. Questa è l’origine della gioia profonda che niente e nessuno ci può togliere: il nostro nome è scritto nei cieli, e non per i nostri meriti, ma per un dono che ciascuno di noi ha ricevuto con il Battesimo. Un dono che siamo chiamati a condividere con tutti, nessuno escluso. Questo significa essere discepoli missionari.
Il Santo Padre Francesco auspica che il Meeting sia sempre un luogo ospitale, in cui le persone possano “fissare dei volti”, facendo esperienza della propria inconfondibile identità. È il modo più bello per festeggiare questo anniversario, guardando avanti senza nostalgie o paure, sempre sostenuti dalla presenza di Gesù, immersi nel suo corpo che è la Chiesa. La memoria grata di questi quattro decenni di impegno alacre e di creativa opera apostolica possa suscitare nuove energie, per la testimonianza della fede aperta ai vasti orizzonti delle urgenze contemporanee. Sua Santità invoca la materna protezione della Vergine Maria e di cuore invia la Benedizione Apostolica a Vostra Eccellenza e all’intera comunità del Meeting. Aggiungo il mio personale augurio e profitto della circostanza per confermarmi con sensi di distinto ossequio dell’Eccellenza
Vostra Reverendissima dev.mo
Pietro Card. Parolin
Segretario di Stato

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ZENIT Staff

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