Il Papa in Spagna e la questione educativa sul rispetto della vita

di Flora Gualdani*

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ROMA, venerdì, 19 agosto 2011 (ZENIT.org).- La stampa mondiale pare accorgersi che la Chiesa cattolica è madre oltre che maestra su temi scottanti come l’aborto. L’ambulatorio ostetrico è un “confessionale” speciale e dopo oltre mezzo secolo di esperienza posso testimoniare quanto è grande la potenza di Gesù misericordioso, che scende con il cuore sulle nostre miserie. Lo sguardo della trascendenza è davvero l’unico farmaco capace di sanare il cuore di una donna ferita dall’aborto. Dobbiamo capire che anche se tronchiamo il futuro ad una creatura appena concepita, non facciamo altro che restituirla al mittente. E Lui porterà comunque a compimento quella persona, là dove un giorno o mille anni sono la stessa cosa.

Noi cristiani crediamo infatti nel Dio dell’amore, che ha vinto la morte e che non lascia incompiute le sue opere: prima o poi avverrà un incontro, l’abbraccio. Ma la riconciliazione con quel figlio deve cominciare adesso: sentirlo vivo, dargli un nome, sapere che ti sta aspettando e che magari sta pregando per te: ti ama. Questo è il cammino su cui ho accompagnato moltissime donne fino alla guarigione, donne di ogni livello culturale. E’ un lungo cammino, scandaloso per i bioeticisti del “personalismo empirico”, ma che ci colma di speranza di fronte a tutti quei germogli recisi, che nell’indifferenza morale e nel buio della nostra civiltà si contano ormai come le stelle nel cielo.

Sono altrettanto convinta però che i giovani, prima che di assoluzione e misericordia, abbiano bisogno oggi di una profonda formazione in materia: devono sapere esattamente cos’è l’aborto e come le versioni farmacologiche rendono sempre più incerto il suo confine con la contraccezione. Devono sapere quante migliaia di piccole vite umane vengono sacrificate in provetta. Devono sapere cos’è il peccato ed essere responsabilizzati sulla grandezza del gesto sessuale. A Madrid Benedetto XVI, sulla scia del suo predecessore, abbraccia i giovani invitandoli ad una riflessione esigente. Andrè Frossard diceva che la gioventù “si onora chiedendole molto”, cioè somministrando nella carità la verità tutta intera.

E’ noto che la maggior parte delle persone non parla di queste cose in confessionale, spesso perché neppure conosce la portata di certi comportamenti: quando ciò accade, la grave responsabilità si sposta allora sopra chi aveva il compito di informare e motivare (gli educatori).

Prima che di morale sessuale, si tratta di curare un’urgente alfabetizzazione bioetica sui “fondamentali” del magistero: in armonia tra fede, disciplina, scienza e cultura. Soltanto così i nostri giovani potranno diventare, come qualcuno ha detto, «veramente liberi e liberamente veri».

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*Flora Gualdani è fondatrice dell’opera “Casa Betlemme”, Arezzo.

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ZENIT Staff

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