ROMA, mercoledì, 17 agosto 2011 (ZENIT.org).- I santuari ancora oggi possono contribuire efficacemente ad arginare il secolarismo e a incrementare la pratica religiosa, diventando sempre più luoghi di nuova evangelizzazione. È quanto si legge in una Lettera circolare a firma del Cardinale Mauro Piacenza e dell’Arcivescovo Celso Morga Iruzubieta, rispettivamente Presidente e Segretario della Congregazione per il clero, che è stata indirizzata, attraverso i rispettivi Vescovi, ai rettori dei santuari di tutto il mondo.
“In un clima di diffuso secolarismo – si legge nel testo –, il santuario continua, ancora oggi, a rappresentare un luogo privilegiato in cui l’uomo, pellegrino su questa terra, fa esperienza della presenza amorevole e salvifica di Dio”.
Nel santuario, scrive la Congregazione per il clero, si “trova uno spazio fecondo, lontano dagli affanni quotidiani, ove potersi raccogliere e riacquistare vigore spirituale per riprendere il cammino di fede con maggiore ardore e cercare, trovare e amare Cristo nella vita ordinaria, nel mezzo del mondo”.
Inoltre, si legge, “la pietà popolare è di grande rilievo per la fede, la cultura e l’identità cristiana di molti popoli. Essa è espressione della fede di un popolo, vero tesoro del popolo di Dio nella e per la Chiesa: per capirlo, basti immaginare la povertà che ne risulterebbe per la storia della spiritualità cristiana d’Occidente l’assenza del Rosario o della Via crucis, come delle processioni. Sono soltanto esempi, ma sufficientemente evidenti per rilevarne l’imprescindibilità”.
Ecco perché, si afferma, i responsabili della pastorale nei santuari hanno il compito di “istruire i pellegrini sul carattere assolutamente preminente che la celebrazione liturgica deve assumere nella vita di ogni credente. La pratica personale di forme di pietà popolare non va assolutamente ostacolata o rigettata, anzi va favorita, ma non può sostituirsi alla partecipazione al culto liturgico”.
Nella lettera si insiste poi anche sulla confessione, poiché “il santuario è pure il luogo della permanente attualizzazione della misericordia di Dio”. A questo proposito, occorre “favorire e dove sia possibile intensificare la presenza costante di sacerdoti che, con animo umile e accogliente, si dedichino generosamente all’ascolto delle confessioni sacramentali”, mettendo “in evidenza il vincolo stretto che lega la confessione sacramentale a un’esistenza nuova, orientata verso una decisa conversione”. E’ inoltre opportuno che siano, “in luoghi adatti (a esempio, possibilmente, cappella della Riconciliazione) disponibili dei confessionali provvisti di una grata fissa”.
Nella lettera si evidenzia quindi la necessità di potenziare “la formazione dei confessori per la cura pastorale di chi non ha rispettato la vita umana dal concepimento fino al naturale suo termine”, facendo sì che i sacerdoti “siano ben formati nella dottrina e non trascurino di aggiornarsi periodicamente su questioni attinenti soprattutto all’ambito morale e bioetico. Anche nel campo matrimoniale, rispettino quanto autorevolmente insegna il magistero ecclesiale. Evitino quindi di manifestare in sede sacramentale dottrine private, opinioni personali o valutazioni arbitrarie non conformi a ciò che la Chiesa crede e insegna”.
Quanto alle messe celebrate nei santuari, la Congregazione per il clero ricorda la necessaria dignità “messa in risalto mediante il canto gregoriano, polifonico o popolare; ma anche selezionando adeguatamente sia gli strumenti musicali più nobili (organo a canne ed affini) sia le vesti che vengono indossate dai ministri unitamente alle suppellettili utilizzate nella liturgia. Esse devono rispondere a canoni di nobiltà e di sacralità”. Mentre “uno stile celebrativo, che introduca innovazioni liturgiche arbitrarie, oltre a generare confusione e divisione tra i fedeli, lede la veneranda tradizione e l’autorità stessa della Chiesa, nonché l’unità ecclesiale”.
Dopo aver invitato a promuovere l’adorazione eucaristica, la lettera esorta ad attribuire “notevolissima importanza al luogo del tabernacolo nel santuario (o anche di una cappella destinata esclusivamente all’adorazione del Santissimo) poiché è in sé ‘calamita’, invito e stimolo alla preghiera, all’adorazione, alla meditazione, all’intimità con il Signore”.
Infine, continua la Lettera, “i santuari, nella fedeltà alla loro gloriosa tradizione, non dimentichino di essere impegnati nelle opere caritative e nel servizio assistenziale, nella promozione umana, nella salvaguardia dei diritti della persona, nell’impegno per la giustizia, secondo la dottrina sociale della Chiesa”.
In una intervista alla Radio Vaticana, il Cardinale Mauro Piacenza ha spiegato che “questa lettera ai santuari ha soprattutto lo scopo di inserirsi nel grande movimento di nuova evangelizzazione che ci coalizza un po’ tutti, nella Chiesa”.
“Si vuole concentrare l’attenzione su questi luoghi che Paolo VI chiamava ‘le cliniche dello spirito’ – ha aggiunto il porporato –, perché in un periodo di vasta secolarizzazione probabilmente ancora di più questi santuari hanno una funzione, perché talvolta coloro i quali magari anche non frequentano regolarmente o addirittura non frequentano, trovandosi fuori per una gita o perché comunque sono in villeggiatura, o per motivi d’arte o per altri vari motivi, entrano nel Santuario”.
“Allora – ha spiegato –, si vorrebbe in qualche modo coalizzare tutti gli elementi per aiutare l’incontro con il Signore, la revisione della propria vita, attraverso tutti quegli elementi che il Santuario porta con sé”