Pakistan: il mea culpa di due leader musulmani sui fatti di Gojra

Azioni di fanatici “contrarie allo spirito stesso dell’Islam”

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ROMA, martedì, 16 agosto 2011 (ZENIT.org).- A due anni dai tragici fatti di Gojra, in Pakistan, che nella  notte tra il 30 luglio e il primo agosto 2009 hanno sconvolto la locale comunità cristiana, due leader religiosi islamici hanno pubblicamente chiesto perdono per “una delle peggiori manifestazioni dell’odio anti-cristiano in Pakistan”.

Dopo il mea culpa del Capo della polizia nel 2010 – le forze dell’ordine sono infatti state accusate di non essere intervenute in alcun modo per fermare le violenze –, durante un incontro che ha avuto luogo dopo una Messa in suffragio delle vittime presieduta da monsignor Joseph Coutts, vescovo di Faisalabad, Israr Bihar Shah, direttore di una madrassa [scuola islamica] nella regione, e Hafiz Abbul Haui, capo di una vicina moschea, hanno accusato esplicitamente i “fanatici” responsabili e condannato le loro azioni come “contrarie allo spirito stesso dell’Islam”.

Due anni fa una folla di circa 3mila musulmani invase il quartiere cristiano di Gojra, cittadina del Punjab pachistano, appiccando il fuoco a 2 chiese (che Aiuto alla Chiesa che Soffre sta contribuendo a ricostruire) e oltre 150 edifici. Nel vasto incendio morirono arse vive otto persone – tra cui quattro donne e un bambino di sette anni – e altre 20 rimasero gravemente ferite.

Ad innescare le violenze fu l’accusa rivolta da alcuni leader religiosi islamici a tre cristiani – Mukhtar Masih, Talib Masih e Imran Masih – colpevoli, secondo lui, di aver bruciato alcune pagine del Corano, reato che, in applicazione della famigerata Legge anti-blasfemia pachistana, prevede l’ergastolo. In difesa dei tre uomini si schierò subito l’allora Ministro per le minoranze, Shahbaz Bhatti – ucciso in un attentato il 2 marzo 2011 – sostenendo fermamente la loro innocenza. 

 “Sono affermazioni d’importanza straordinaria”, ha dichiarato ad Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS) padre Aftab James Paul, direttore della Commissione per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso di Faisalabad. Parlando con ACS il sacerdote ha fatto notare come – pur non essendo in alcun modo implicati nell’attacco del 2009 – le due guide islamiche abbiano avuto il coraggio di chiedere scusa a nome della loro comunità per quanto accaduto.

“Hanno pronunciato frasi molto rilevanti – ha aggiunto – affermando che la religione islamica non accetta in alcun modo l’omicidio e che i colpevoli di tali azioni non comprendono il vero spirito dell’Islam”. Padre Aftab ha poi sottolineato come, “sebbene si tratti di dichiarazioni non ufficiali pronunciate al termine dell’incontro”, le parole dei due leader religiosi siano doppiamente preziose, in quanto queste due figure così conosciute nella comunità “influenzeranno sicuramente gli altri fedeli”.

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ZENIT Staff

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