di Roberta Sciamplicotti
CITTA’ DEL VATICANO, venerdì, 22 aprile 2011 (ZENIT.org).- L’Eucaristia è lo strumento prezioso grazie al quale possiamo accedere fin da ora al corpo glorioso di Cristo risorto, ha spiegato Benedetto XVI questo Venerdì Santo rispondendo nel programma “A Sua Immagine” a sette domande postegli da persone di tutto il mondo.
La risurrezione in vista della Pasqua imminente è stata oggetto di due dei quesiti rivolti al Pontefice, uno dei quali richiamava il fatto che quando le donne giungono al sepolcro, la domenica dopo la morte di Gesù, non riconoscono il Maestro, così come accade agli Apostoli, al punto che Cristo deve mostrare le ferite e spezzare il pane per essere riconosciuto.
“Il fatto che il suo corpo risorto non abbia le stesse fattezze di quello di prima, che cosa vuol dire? Cosa significa, esattamente, corpo glorioso? E la Risurrezione sarà per noi così?”, è stato chiesto al Pontefice, che ha riconosciuto che “non possiamo definire il corpo glorioso perché sta oltre le nostre esperienze”.
“Possiamo solo registrare i segni che Gesù ci ha dato per capire almeno un po’ in quale direzione dobbiamo cercare questa realtà”, il primo dei quali è il fatto che “la tomba è vuota”, “cioè, Gesù non ha lasciato il suo corpo alla corruzione, ci ha mostrato che anche la materia è destinata all’eternità, che realmente è risorto, che non rimane una cosa perduta”.
Gesù, inoltre, “non muore più”. E’ “una condizione nuova”, “la grande promessa per noi tutti che c’è un mondo nuovo”, “una vita nuova che non è più sottomessa alla morte”, ha sottolineato il Papa.
“Nell’Eucaristia, il Signore ci dona il suo corpo glorioso”: “così siamo già in contatto con questa nuova vita, questo nuovo tipo di vita, essendo Lui entrato in me, e io sono uscito da me e mi estendo verso una nuova dimensione di vita”.
Viaggio dell’anima
Al Pontefice è stato chiesto anche “che cosa fa Gesù nel lasso di tempo tra la morte e la Risurrezione”. “E visto che nella recita del Credo si dice che Gesù, dopo la morte, discese negli Inferi, possiamo pensare che sarà una cosa che accadrà anche a noi, dopo la morte, prima di salire al Cielo?”.
Questa discesa dell’anima di Gesù, ha spiegato il Pontefice, “non si deve immaginare come un viaggio geografico, locale, da un continente all’altro”, “è un viaggio dell’anima”.
“Vuol soprattutto dire che anche il passato è raggiunto da Gesù, che l’efficacia della Redenzione non comincia nell’anno zero o trenta, ma va anche al passato, abbraccia il passato, tutti gli uomini di tutti i tempi”.
La discesa agli Inferi è dunque una discesa “nelle profondità dell’essere umano, nelle profondità del passato dell’umanità”, ed è “una parte essenziale” della missione redentrice di Gesù.
Maria
L’ultima domanda ha avuto come tema Maria. Sotto la croce, Gesù, indicandole Giovanni, le dice: “Ecco tuo Figlio”, e a Giovanni: “Ecco tua madre”.
Nel suo libro “Gesù di Nazaret”, il Papa ha definito questo gesto “un’ultima disposizione di Gesù”. “Che significato avevano in quel momento e che significato hanno oggi” quelle parole?
Secondo il Papa, in questo gesto “vediamo Gesù come vero uomo che fa un atto di uomo, un atto di amore per la madre e affida la madre al giovane Giovanni perché sia sicura. Una donna sola, in Oriente, in quel tempo, era in una situazione impossibile”.
In Giovanni, ha sottolinato il Pontefice, “Gesù affida tutti noi, tutta la Chiesa, tutti i discepoli futuri, alla madre e la madre a noi”.
“Possiamo essere grati perché la Madre c’è realmente, a noi tutti è data una madre”.
La Madre, inoltre, esprime la Chiesa. “Non possiamo essere cristiani da soli, con un cristianesimo costruito secondo la mia idea”, ha indicato il Papa.
“Affidandoci a Maria dobbiamo anche affidarci alla Chiesa, vivere la Chiesa, essere la Chiesa con Maria”, ha concluso, invitando “ad entrare in questo affidamento”, “perché sia realtà vissuta da noi ogni giorno e cresca così una Chiesa realmente mariana, che è Madre e Sposa e Figlia di Gesù”.
Gesto coraggioso
Gli interventi del Papa sono stati commentati da padre Ugo Sartorio, direttore del “Messaggero di Sant’Antonio”, da Chiara Amirante, fondatrice della comunità “Nuovi Orizzonti”, e dallo scrittore Davide Rondoni.
Padre Sartorio ha definito l’iniziativa del Papa di rispondere in tv a domande sulla fede “un gesto coraggioso, bellissimo”, mentre Rondoni ha sottolineato che è stata una dimostrazione di “stima verso le persone”.
“La fede non è contraria alle domande”, ha aggiunto Rondoni, rimarcando la “lealtà” del Papa, che non ha nascosto la difficoltà di trovare una risposta razionale ad alcuni quesiti, come quello sulla sofferenza postogli da una bambina giapponese all’indomani del disastro combinato di sisma, tsunami e pericolo nucleare nel Paese asiatico.
Circa il sacrificio di Gesù, la Amirante ha osservato che caratteristica dell’amore è far proprio “il dolore della persona amata”. Gesù ha fatto sua la sofferenza dell’uomo, ha indicato, e possiamo consolarlo con il nostro amore per Lui.
Padre Sartorio ha definito la morte di Gesù una “scelta inevitabile di fedeltà al Padre”. Circa la questione dei giorni tra la morte e la risurrezione, ha voluto citare von Balthasar, per il quale in quel periodo di tempo Gesù scende nel punto più basso: nessun uomo potrà più stare all’ultimo posto, perché per amor nostro ci si è messo Lui stesso.