Un laico ben formato è “luce per il mondo”

Intervista con il prof. Luis Navarro

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ROMA, giovedì, 7 aprile 2011 (ZENIT.org).- Da giovedì 7 aprile fino a domani 8 aprile, la Pontificia Università della Santa Croce ospita un convegno dal titolo “Il fedele laico: realtà e prospettive”, organizzato dalla Facoltà di Diritto Canonico. 

Per l’occasione, ZENIT ha intervistato il decano della Facoltà di Diritto Canonico, nonché presidente del comitato organizzatore dell’incontro, il prof. Luis Navarro.

Perché un Convegno sui laici?

Prof. Luis Navarro: Da più parti si rende evidente che lo slancio del Concilio Vaticano II sul ruolo dei laici, come fedeli impegnati nelle realtà secolari, chiamati alla santità e partecipi in prima persona della missione della Chiesa per vivificare il mondo, sia in una situazione di stallo. Torna attuale l’espressione di un padre sinodale, all’Assemblea generale sulla vocazione e la missione dei laici nella Chiesa e nel mondo, che chiamava il laicato “gigante addormentato”. Si tratta niente meno che di oltre il 95% del popolo di Dio, innumerevoli persone battezzate che vivono i più diversi gradi di appartenenza e adesione, di partecipazione e corresponsabilità, nella vita della Chiesa. Essi sono oggi più di un miliardo e cento milioni, il 17% della popolazione mondiale. È una cifra impressionante e cionostante è chiaro che resta una grande strada da percorrere perché portino fino in fondo la propria vocazione di cristiani in mezzo ai loro concittadini in tutto il mondo.

E possibile quindi fidarsi dei laici? Anzi, sono affidabili per portare avanti la missione della Chiesa?

Prof. Luis Navarro: La domanda è alquanto insidiosa perché pressuppone che qualcuno (non laico) si chiede della responsabilità altrui. Qualcuno che è il “vero titolare” che affida ai laici un certo compito. Non è questa la prospettiva del Concilio. Alcuni sviluppi della teologia del laicato, che saranno esaminati nel corso del nostro Convegno, certamente hanno fatto fatica a superare alcuni schemi di questo tipo, con il risultato di ammorbidire di fatto il senso della missione dei laici. Il Concilio non ha fatto una scelta politica o sociologica, ha affermato fortemente una percezione teologica di ciò che è il laico e ciò a che è chiamato: un battezzato che segue Cristo dall’interno della sua vocazione umana, piena di responsabilità e sfide secolari che sono il luogo dell’imitazione del Signore e dell’invito ad altri a seguirlo.

Come si rende compatibile questa responsabilità personale con la varietà di nuove realtà o movimenti o gruppi che si rivolgono ai laici? Un laico che non appartiene a queste realtà può portare alla pienezza il suo “essere laico”?

Prof. Luis Navarro: E’ nostro interesse nel Convegno quello di ascoltare rappresentanti di alcune di queste realtà, proprio perché il loro carisma di origine fa riferimento alla condizione battesimale come tale. La ricchezza che queste realtà hanno portato alla Chiesa deve essere ripresa nella sua radice, vale a dire, il dato puro e semplice che essere battezzato porta con sé una profonda gioia e allo stesso tempo una grande responsabilità. Inoltre, aggiungerei anche dal punto di vista giuridico, che queste realtà hanno portato espressioni di creatività anche a livello organizzativo, che devono essere studiate giacché per certi versi hanno stravolto alcuni schemi che sembravano immutabili.

Del laico si parla un po’ dappertutto e alle volte in un modo alquanto ripetitivo: non sarà che il discorso ecclesiale è un po’ logorato e che piuttosto bisogna riflettere direttamente sui bisogni della società, del mondo?

Prof. Luis Navarro: La sua domanda coglie il segno se si riferisce al fatto che il laico ha come interesse primario, e precisamente per forza della sua vocazione che deve allo stesso tempo trovare e portare Cristo nella vita quotidiana e nelle aspirazioni per un mondo più giusto. Sarebbe sbagliato supporre che questo si può intraprendere al margine della Rivelazione cristiana e quindi della sua espressione nel magistero, specie quello sociale: la grande sfida è che i laici lo facciano in prima persona, dal di dentro della propria responsabilità tra gli uomini, cittadini come loro. Perciò siamo certi che dal Convegno emergerà che per “conformare” il mondo alla verità cristiana, il laico deve innanzitutto “formare” la propria coscienza, per agire nella piena libertà e nella piena iniziativa. Il nocciolo della secolarità è l’agire libero dei fedeli laici.

In tal senso, per ciò che riguarda il Convegno, nutriamo molte attese anche dalla tavola rotonda che venerdì coinvolgerà esponenti della società civile, ferrati in diversi ambiti secolari (sindacale, sanitario, bioetico, dei media), i quali si pronunceranno non tanto sui diritti dei laici, ma proprio sui doveri che spettano loro: sul contributo non delegabile che spetta ai laici in un mondo pieno di difficoltà e di incertezze. Un laico ben formato e consapevole dei propri doveri nei confronti della società è “luce per il mondo”.

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ZENIT Staff

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