Navarro-Valls: il segreto nella comunicazione di Giovanni Paolo II

ROMA, giovedì, 7 aprile 2011 (ZENIT.org).- Qual è stato il segreto della feconda comunicazione di Giovanni Paolo II? Il fatto che aveva studiato arte scenica? La dizione, la sua gestualità sempre comprensibile e mai enigmatica, l’arte della retorica, la dottrina del suoi messaggi, la sincerità della sua comunicazione?

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E’ stata questa la domanda ricorrente al centro dell’incontro svoltosi venerdì alla Pontificia Università della Santa Croce di Roma, nell’Aula Magna “Giovanni Paolo II”.

Il Cardinale Angelo Amato, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, ha introdotto i lavori con la relazione “Sensus fidei e beatificazioni. Il caso di Giovanni Paolo II”.
 
Il più atteso dei relatori è stato senza dubbio l’ex portavoce della Sala Stampa vaticana, il medico e giornalista spagnolo Joaquín  Navarro-Valls, che nella relazione ha apportato una serie di ricordi e fatti poco conosciuti.

Navarro-Valls ha ricordato come fin dalla sua prima apparizione in pubblico e dal primo viaggio in Messico Giovanni Paolo II abbia fatto interrogare gli esperti di comunicazione.

Ha raccontato come dopo il viaggio negli Stati Uniti nel 1979 un giornalista, cercando di interpretare il successo della comunicazione di Giovanni Paolo II, disse “Mi sono innamorato non di quello che ha detto, ma di come lo ha detto”, pensiero non condiviso da Navarro-Valls.  

“E’ stato un personaggio indiscusso nei mezzi di comunicazione perché si trovava a suo agio quando comunicava”, perché “sapeva che sia lui che chi lo ascoltava erano creature di Dio e quindi potevano capire, perché tutti gli esseri umani hanno la capacità di conoscere una cosa: il vero”, ha spiegato l’ex portavoce.

“Per questo esponeva le cose con una semplificazione originaria che facilitava la trasmissione. E la semplificazione originaria è uno dei doni della comunicazione di massa che molti vollero imitare”.

Nel viaggio negli Stati Uniti del settembre 1987, un giornalista del New York Times disse: “Il Papa domina la televisione semplicemente ignorandola”; “farebbe rabbrividire qualsiasi consulente di comunicazione degli Stati Uniti”.

Il direttore emerito della Sala Stampa ha anche sottolineato la grande libertà di comunicazione che il Santo Padre permetteva: “Nel 1991, quando ha avuto un tumore al colon che si pensava potesse essere maligno, prima del ricovero voleva durante l’Angelus domenicale chiedere ai fedeli preghiere per il Papa”. Disse poi a Navarro-Valls: “Lei che è informato di tutto dica quello che ritiene conveniente”.

“Ho pensato allora, ma ancor più oggi – ha precisato l’ex portavoce –, che l’efficacia comunicativa dipendeva più da quanto diceva che da come lo diceva, anche se c’erano ambedue gli aspetti”.

Navarro-Valls ha indicato un punto chiave sottolineato dallo stesso Pontefice in una cena informale: “Parlando mi disse: il punto centrale e la nostra responsabilità è mantenere il carattere trascendente della persona umana, che può trasformarsi molte volte in oggetto”.

“Avendo visitato con lui 160 Paesi vedevamo quanto è piccolo l’Occidente, dove i parametri prevalenti, semplificando, erano lo strutturalismo e il marxismo, ma non quello sovietico dove di pensiero c’era poco, ma quello esistente nei gruppi universitari ed intellettuali ma diffusi nella percezione popolare”.  

Qui il suo messaggio è scoppiato, perché “ha mostrato a una generazione l’inevitabilità del tema di Dio”. “Ha convinto che non si può capire l’essere umano se si accantona Dio. E senza Dio l’uomo è solamente un triste animale ingegnoso”.

“Anche in quel ‘non abbiate paura’ c’era un modo di comunicare – ha precisato -, perché era entrare in una esperienza personale universale di chi ascolta, lui che ha conosciuto la paura e l’ha superata”.

Quell’esperienza personale che si ripete come leitmotiv, quindi, “può rispondere alla domanda iniziale sull’interesse popolare e mediatico”. Questo perché c’era un’altra cosa, “la fusione perfetta tra la forza del messaggio che lui portava e il vissuto esistenziale che si manifestava in lui incontrando la gente”.

I ragazzi che lo incontravano, ha proseguito, catturavano la verità del suo messaggio. E nei diversi Paesi, dopo averlo incontrato, concordavano su queste risposte: “Nessuno mi mai ha detto queste cose, né la famiglia, né la scuola, né la società; non so se potrò d’ora in poi vivere al livello etico proposto; ma lui ha ragione”.

“Questa percezione della verità esistenziale delle sue parole non si applicava soltanto ai giovani”, ha osservato Navarro-Valls, raccontando quando il Papa a Miami andò nella sinagoga e dopo i discorsi in diretta un giornalista della CNN disse “Sembra il Papa abbia fatto poche concessioni”.

“Il Pontefice esce e attraverso un microfono che era rimasto aperto si sente un rabbino che dice: ‘Ha parlato con il cuore e non con le labbra’. C’era la percezione della verità che lui predicava. Forse in questo si trovava il segreto della capacità comunicativa di Giovanni Paolo II”.

Per quanto riguarda la forza della sua gestualità, era evidente, ha detto, precisando che questa “esprimeva sempre una verità”. “Niente di posticcio, erano gesti autentici”.

“Il miglior testimone di quanto stava dicendo era lui stesso, le strategie di comunicazione non servivano, né le apparenze. Eravamo consapevoli che non si trattava di una tecnica, ma di una testimonianza”.

Circa i suoi viaggi, Navarro-Valls ha ricordato che ci voleva più tempo per prepararli che per farli, perché il Papa si informava sulla geografia, la storia, le etnie, ecc.

L’ex portavoce ha riferito anche altri incontri, come quelli con un sanguinario dittatore o con Clinton dopo il caso Lewinsky. Giovanni Paolo II incontrava tutti da solo, e in ogni caso si sentiva sacerdote. Ha anche ricordato come dopo incontri con Pinochet, Stroessner, Mobutu e Gorbaciov i loro regimi siano finiti, anche se non necessariamente per una ragione causa-effetto.
 
“Nel suo caso la comunicazione non serviva a vincere, a ottenere un consenso, ma a convincere le persone della grandezza cristiana”, ha detto Navarro-Valls. “Penso che l’insegnamento più importante è che in definitiva comunicare consiste nel far apparire la verità, non nel creare un’apparenza”.

“Nella vita umana, d’altra parte, l’unica cosa non comunicativa né comunicabile non è il male, né tantomeno il dolore. E’ semplicemente la falsità”, ha concluso.

Nella seconda parte della giornata si è svolta una tavola rotonda con giornalisti vaticanisti e docenti di comunicazione, moderata dal prof. Diego Contreras, decano della Facoltà di Comunicazione della Santa Croce, sul tema “Opinione pubblica e risposta popolare nei confronti di Giovanni Paolo II”.

Sono intervenuti Luigi Accattoli, vaticanista emerito del “Corriere della Sera”; Aldo Maria Valli, vaticanista del TG1-Rai; Marina Ricci, vaticanista del TG5-Mediaset; Elisabetta Lo Iacono, docente di giornalismo presso la Facoltà Teologica “S. Bonaventura”; Giovanni Tridente, docente di Etica informativa presso l’Università della Santa Croce.

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ZENIT Staff

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