Il Papa: ottimisti nella vita, fiduciosi nei doni del Signore

All’Udienza generale dedicata a sant’Alfonso Maria de’ Liguori

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ROMA, mercoledì, 30 marzo 2011 (ZENIT.org).- Modello di mitezza evangelica e di azione missionaria capace di testimoniare l’ottimismo del bene. Così Benedetto XVI, nell’Udienza generale di questo mercoledì, ha descritto sant’Alfonso Maria de’ Liguori, fondatore dei Redentoristi, vissuto a Napoli nel XVIII secolo.

Parlando ai fedeli presenti in piazza San Pietro, il Papa ha presentato questa popolare figura di santo che proprio a Napoli iniziò la sua azione di evangelizzazione tra i più umili, “nei quartieri più miseri della città”, dove “si moltiplicavano gruppi di persone che, alla sera, si riunivano nelle case private e nelle botteghe, per pregare e per meditare la Parola di Dio, sotto la guida di alcuni catechisti formati da Alfonso e da altri sacerdoti, che visitavano regolarmente questi gruppi di fedeli”.

Queste riunioni, ha proseguito il Papa, presero il nome di “cappelle serotine”, una vera e propria “fonte di educazione morale e di risanamento sociale”, tanto che, grazie al suo impegno, quasi scomparirono i crimini nella città partenopea.

“Le ‘cappelle serotine’ – ha detto Benedetto XVI – appaiono un modello di azione missionaria a cui possiamo ispirarci anche oggi per una ‘nuova evangelizzazione’, particolarmente dei più poveri, e per costruire una convivenza umana più giusta, fraterna e solidale”.

Sant’Alfonso esortava soprattutto “alla conversione e alla perseveranza nella vita cristiana soprattutto per mezzo della preghiera” e “raccomandava di essere fedeli alla dottrina morale cattolica, assumendo, nel contempo, un atteggiamento caritatevole, comprensivo, dolce perché i penitenti potessero sentirsi accompagnati, sostenuti, incoraggiati nel loro cammino di fede e di vita cristiana”.

Il fondatore dei Redentoristi, ha proseguito il Pontefice, “non si stancava mai di ripetere che i sacerdoti sono un segno visibile dell’infinita misericordia di Dio, che perdona e illumina la mente e il cuore del peccatore affinché si converta e cambi vita”.

Ecco quindi che “nella nostra epoca, in cui vi sono chiari segni di smarrimento della coscienza morale e – occorre riconoscerlo – di una certa mancanza di stima verso il Sacramento della Confessione, l’insegnamento di sant’Alfonso è ancora di grande attualità”.

Ma soprattutto, ha detto il Papa, sant’Alfonso è “un esempio di pastore zelante, che ha conquistato le anime predicando il Vangelo e amministrando i Sacramenti, unito ad un modo di agire improntato a una soave e mite bontà, che nasceva dall’intenso rapporto con Dio, Bontà infinita”.

“Ha avuto una visione realisticamente ottimista delle risorse di bene che il Signore dona ad ogni uomo e ha dato importanza agli affetti e ai sentimenti del cuore, oltre che alla mente, per poter amare Dio e il prossimo”, ha infine concluso.

Dopo la catechesi, nel salutare i fedeli di lingua italiana, il Papa si è rivolto ai diaconi dell’arcidiocesi di Milano e ai pellegrini di Acqui, ricordando la loro conterranea, la Beata Chiara Badano, e invitandoli a seguire il suo impegno di “adesione a Cristo e al Vangelo”.

Benedetto XVI ha quindi salutato i rappresentanti della Lega Italiana Calcio, insieme alle centinaia di bambini e bambine che prima dell’Udienza hanno giocato in tanti campetti di calcio allestiti in piazza San Pietro. A loro il Papa ha espresso l’auspicio che “l’attività sportiva favorisca sempre i valori dell’amicizia, del rispetto e della solidarietà”.

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ZENIT Staff

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