ROMA, martedì, 29 marzo 2011 (ZENIT.org).- I Vescovi italiani guardano alle parrocchie come a delle “palestre dello Spirito”, dove “avvengono miracoli perché si cerca il Signore”. E' questo quanto ha dichiarato martedì mons. Domenico Pompili, portavoce della Conferenza Episcopale Italiana (CEI), al termine della seconda giornata di lavori del Consiglio Permanente in corso in questi giorni a Roma.
Nel sintetizzare gli argomenti emersi nel corso dei lavori, mons. Pompili ha detto che gli interventi che hanno fatto seguito alla prolusione di lunedì del Cardinale Angleo Bagnasco, Presidente della CEI, hanno espresso apprezzamento in particolare per “la trattazione di alcuni temi come lo specifico contributo della Chiesa al nostro Paese e la richiesta di abbandono delle armi con l’avvio di una soluzione diplomatica per la questione libica”.
Per quanto riguarda invece l’azione ecclesiale, ha aggiunto il portavoce della CEI, “è stata valorizzata da più di uno dei Vescovi l’immagine delle parrocchie 'come palestre dello Spirito'”, a cui il Cardinale Bagnasco aveva fatto riferimento accennando al cammino quaresimale che stiamo vivendo, tempo “forte” per antonomasia dedicato alla conversione.
Per l'occasione il porporato aveva invitato a pensare alle parrocchie come a luoghi in cui ci si imbatte con lo “sguardo” del Signore, in cui “ci si sente raccolti nella sua mano, e se ne ricava la vita trasformata, non più sottomessa al conformismo o sofferente per il giudizio altrui”.
L’attività pastorale, secondo i Vescovi italiani, non è dunque “'una distesa polverosa di fatti burocratici che si ripetono', ma 'una serie provvidenziale di eventi che aiutano le persone ad uscire dall’individualismo', ripartendo dalla realtà”.
“Per far questo – è stato sottolineato – si richiede anche uno sforzo di pensiero che tragga spunto dalla rivelazione cristiana. Solo un discernimento attento che faccia perno sulle categorie cristiane di fondo evita di andare a rimorchio dei luoghi comuni o dei pregiudizi più diffusi, facendosi interpreti di un giudizio originale e controcorrente”.
“Così, ad esempio, il problema demografico è un segno dell’erosione antropologica che dovrà mettere in conto non solo politiche familiari più attente, ma anche una cultura della vita più diffusa”, ha continuato mons. Pompili.
“Analogamente – ha aggiunto –, sulla delicata questione dell’immigrazione, la pace e l’accoglienza risultano strettamente collegate: ci si apre all’una, solo se si è aperti anche all’altra. La necessità di una nuova stagione di inclusione sociale che porti al riconoscimento degli immigrati come cittadini, soggetti di diritti e di doveri, è un obiettivo che non potrà essere ulteriormente dilazionato”.
“Il decennio appena avviato – ha concluso mons. Pompili – sarà l’occasione non tanto per riflessioni accademiche sull’educare quanto piuttosto per concrete esperienze educative che sappiano valorizzare l’ordinarietà della vita ecclesiale per una rinnovata stagione di evangelizzazione”.