L'Afghanistan affronta la sfida dell'istruzione

A 10 anni dalla caduta dei talebani, ora anche le ragazze possono studiare

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

di Paul De Maeyer

ROMA, lunedì, 28 marzo 2011 (ZENIT.org).- In un discorso pronunciato in occasione della riapertura delle scuole dopo le festività per l’inizio del nuovo anno persiano e afghano – il “Nowruz” -, il presidente dell’Afghanistan, Hamid Karzai, ha lanciato il 23 marzo scorso un appello ai talebani perché pongano fine ai loro attacchi contro le scuole del Paese, specialmente contro gli istituti femminili. “Incendiare scuole è un atto codardo”, così ha detto Karzai (BBC, 23 marzo). I talebani e gli altri gruppi estremisti dovrebbero capire – ha ribadito il presidente – che prendere di mira le scuole e dare fuoco a edifici scolastici è sintomo di “inimicizia” verso la nazione.

“Non distruggete il futuro di questa povera, sofferente nazione, che finalmente ha alcune opportunità”, ha implorato Karzai, spiegando che “la scuola è un luogo pubblico dove i figli e le figlie di questo Paese imparano come servire la nazione”. “Se volete che le truppe straniere lascino il paese, allora permettete ai figli e alle figlie dell’Afghanistan di essere istruiti”, ha aggiunto molto significativamente il capo dello Stato.

Solo tre mesi fa, il ministro dell’Educazione di Kabul, Ghulam Farooq Wardak, si era dimostrato ancora ottimista. Intervistato a Londra dal Times Educational Supplement (14 gennaio), Wardak aveva affermato che i talebani – ironicamente la parola vuole dire “studenti”, ovvero delle scuole coraniche – stavano per abbandonare la loro opposizione all’educazione. “È un cambiamento di atteggiamento, è un cambiamento comportamentale, è un cambiamento culturale”, aveva sottolineato Wardak. “Quello che sento dire ai livelli più alti dei talebani è che non si oppongono più all’istruzione, e neppure all’istruzione delle ragazze”, aveva continuato il ministro.

Durante il breve dominio dei talebani sull’Afghanistan, durato dal 1996 fino all’invasione statunitense nel 2001 e caratterizzato da una cruente applicazione della legge islamica o shari’a (incluse le amputazioni e la lapidazione pubblica), era proibito ad esempio alle ragazze di andare a scuola. Secondo le stime dell’UNICEF, sotto il giogo talebano appena due milioni di bambini afghani frequentavano la scuola e la partecipazione delle donne o ragazze era più o meno inesistente. Oggi invece, a dieci anni dalla caduta del regime, le iscrizioni scolastiche sono aumentate “in modo strabiliante”. Secondo i dati del ministero dell’Educazione di Kabul, attualmente circa 8,3 milioni di bambini vengono scolarizzati – ossia 500.000 in più rispetto al 2010 -, il 39% dei quali sono bambine e ragazze.

Ma la strada da percorrere è ancora lunghissima e molto insidiosa. Si calcola infatti che meno di un terzo della popolazione dell’Afghanistan è alfabetizzato e che ben 4 milioni di bambini afghani (in maggioranza femminucce) non frequentano la scuola. Anzi, secondo un rapporto pubblicato il 24 febbraio scorso sotto il titolo “High Stakes: Girls’ Education in Afghanistan” da un gruppo di 16 ONG e associazioni umanitarie, fra le quali Oxfam e CARE, la continua violenza, la povertà e la mancanza di investimenti rischiano di annichilire i frutti della campagna “Back to School” che ha permesso a milioni di bambini afghani di ritornare sui banchi di scuola. Anche se nel corso degli ultimi due anni sono state costruite nel Paese centro-asiatico 2.281 scuole, quasi nella metà dei casi (il 47%) mancano veri e propri edifici scolastici.

Finora, gli estremisti islamici non hanno mai smesso i loro attacchi intimidatori nei confronti del neonato sistema scolastico afghano. Secondo quanto riferito dall’agenzia Associated Press, l’esplosione di una bomba ha ucciso martedì 15 marzo nel capoluogo della provincia orientale di Nangarhar, Jalalabad, il preside della Najmul Jihad School, Bahram Khail Salehi, e ferito altri due insegnanti dell’istituto. Sabato 26 giugno 2010, alcuni sospetti talebani avevano decapitato nella provincia orientale di Ghazni il preside della Al Berooni School, Sakandar Shah Mohammadi. Lo stesso giorno, estremisti islamici avevano incendiato anche due scuole elementari nell’area di Zardalo, nel sud del Paese (Deutsche Presse-Agentur, 27 giugno 2010).

Del resto, come ha ricordato un rapporto della nota organizzazione per i diritti umani Amnesty International, pubblicato nell’aprile del 2007 con il titolo “Afghanistan All who are not friends, are enemies: Taleban abuses against civilians”, il codice o manuale militare dei talebani (noto come “Laheya”) prevede esplicitamente le intimidazioni nei confronti degli insegnanti e del personale scolastico e anche la loro uccisione se dopo un primo e un secondo avvertimento continuano comunque l’attività.

Un’altra feroce “tattica” usata dai talebani e simili prende di mira direttamente le alunne delle scuole. Spesso viene gettato loro sul volto dell’acido per sfigurarle per il resto della vita, anche se poi molte non si fanno intimidire e appena possono riprendono i corsi, come nel caso di Shamsia Husseini e compagne. Come ha raccontato il New York Times (13 gennaio 2009), due mesi dopo aver subito nel novembre 2008 un attacco all’acido la coraggiosa ragazza e 10 delle sue compagne (erano state colpite anche quattro insegnanti) erano di nuovo al loro posto nei banchi della Mirwais School for Girls a Kandahar, capoluogo dell’omonima provincia meridionale.

Nel loro tentativo di smorzare il desiderio di studiare nelle ragazze, gli estremisti hanno persino riempito intere aule scolastiche di gas tossici, una “tecnica” utilizzata soprattutto nelle zone a maggioranza Pashtun (NYT, 31 agosto 2010). Ma anche se i talebani sono riusciti ad intossicare decine di ragazze ed insegnanti di varie scuole, fra cui la Zabihullah Esmati High School, situata in un quartiere periferico della capitale Kabul, l’attività scolastica è stata ripresa molto rapidamente.

L’oltranzismo talebano non si limita al solo Afghanistan: ha superato infatti i confini e si è diffuso anche in alcune regioni del Pakistan. Venerdì 25 marzo, sconosciuti hanno fatto saltare in aria due scuole elementari per ragazze nell’area di Landi Khotal, nella zona tribale Khyber Agency (nel nordovest del Paese). Secondo quanto riferito da Radio Free Europe/Radio Liberty (25 marzo) Hasham Khan Afridi, responsabile per l’Educazione nella Khyber Agency, circa 1.200 bambine frequentavano i due istituti femminili nel villaggio di Sultankhel. Con gli ultimi due attacchi dinamitardi, il numero delle strutture scolastiche fatte esplodere dal 2009 nella regione è salito ad almeno 38.

Nella stessa zona, che ospita lo strategico passo di montagna Khyber, che collega il Pakistan all’Afghanistan, militanti islamici avevano distrutto solo due settimane fa, cioè giovedì 10 marzo, un’altra scuola governativa per ragazze, la Haji Yaseen Khan School.

Secondo le stime di RFE/RL, gruppi estremisti hanno fatto saltare in aria più di 700 scuole nei distretti pachistani di Swat, Buner, Dir e Peshawar, e nelle Aree tribali di amministrazione federale (FATA in acronimo inglese) di Bajaur e di Mohmand, la maggioranza delle quali erano istituti per ragazze, impedendo loro di continuare gli studi.

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

ZENIT Staff

Sostieni ZENIT

Se questo articolo ti è piaciuto puoi aiutare ZENIT a crescere con una donazione