ROMA, domenica, 27 marzo 2011 (ZENIT.org).- A tre giorni di distanza dal 67° anniversario dell’eccidio nazista del 24 marzo 1944, come rappresaglia per l'attentato partigiano avvenuto il giorno prima in via Rasella a Roma e in cui morirono 33 soldati tedeschi, Benedetto XVI si è recato questa domenica in visita privata al Sacrario delle Fosse Ardeatine. 

Il Papa – il terzo successore di Pietro a recarsi in visita al monumento delle Fosse Ardeatine inaugurato nel 1949 – ha voluto così raccogliere l'invito dell’Associazione Nazionale tra le Famiglie Italiane dei Martiri caduti per la libertà della Patria (A.N.F.I.M.).

In quell'eccidio, organizzato ed eseguito da Herbert Kappler, all'epoca ufficiale delle SS e comandante della polizia tedesca a Roma, già responsabile del rastrellamento del Ghetto di Roma nell'ottobre del 1943, vennero assassinate 335 persone: 255 civili e 68 militari italiani (76 di questi erano ebrei), dai 14 ai 75 anni.

Per l'occasione il Papa era accompagnato, tra gli altri, dal Cardinale Andrea Cordero Lanza di Montezemolo, figlio di una delle vittime dell’eccidio – il colonnello Giuseppe, fondatore del fronte militare clandestino e rappresentante del comando supremo del sud per l'Italia occupata –, dal Cardinale Vicario di Roma Agostino Vallini, dalla signora Rosina Stame, Presidente dell’A.N.F.I.M., e dal Rabbino Capo di Roma, Riccardo Di Segni.

Prima di entrare nel Sacrario, Benedetto XVI ha offerto un cesto di rose rosse che è stato posto davanti alla lapide che ricorda la strage. Quindi si è inginocchiato in preghiera silenziosa davanti alle tombe delle 335 vittime.

Il Rabbino Riccardo Di Segni ha poi recitato in ebraico il salmo 129, il “De Profundis”, mentre Benedetto XVI ha recitato in italiano il salmo 23, “Il Signore è il mio Pastore, non manco di nulla”.

Il Papa si è poi soffermato in particolare davanti a tre tombe: quella del padre del Cardinale Cordero Lanza di Montezemolo; quella di don Pietro Pappagallo, che collaborò intensamente alla lotta clandestina e si prodigò in soccorso di ebrei, antifascisti e perseguitati; e quella di Alberto Funaro, appartenente ad una famiglia ebrea che ha sofferto la perdita di due parenti alle Fosse Ardeatine e di altri venti ad Auschwitz.

All’uscita dal Sacrario, nel piazzale dove erano radunati i fedeli, tra cui molti familiari delle vittime, il Papa ha rivolto ai presenti un breve discorso, a partire dalle testimonianze di due delle vittime.

“'Credo in Dio e nell’Italia / credo nella risurrezione / dei martiri e degli eroi / credo nella rinascita / della patria e nella / libertà del popolo'. Queste parole – ha detto il Papa – sono state incise sulla parete di una cella di tortura, in Via Tasso, a Roma, durante l’occupazione nazista”.

“Sono il testamento di una persona ignota – ha aggiunto –, che in quella cella fu imprigionata, e dimostrano che lo spirito umano rimane libero anche nelle condizioni più dure. Chi ha scritto quelle parole l’ha fatto solo per intima convinzione, come estrema testimonianza alla verità creduta, che rende regale l’animo umano anche nell’estremo abbassamento”.

Il Papa ha quindi ricordato un'altra testimonianza che è stata ritrovata proprio nelle Fosse Ardeatine. Un foglio di carta su cui una delle vittime aveva appuntato: “Dio mio grande Padre, noi ti preghiamo affinché tu possa proteggere gli ebrei dalle barbare persecuzioni”.

“In quel momento così tragico, così disumano – ha detto Benedetto XVI –, nel cuore di quella persona c’era l’invocazione più alta: 'Dio mio grande Padre'. Padre di tutti! Sì, dovunque sia, in ogni continente, a qualunque popolo appartenga, l’uomo è figlio di quel Padre che è nei cieli, è fratello di tutti in umanità. Ma questo essere figlio e fratello non è scontato. Lo dimostrano purtroppo anche le Fosse Ardeatine. Bisogna volerlo, bisogna dire sì al bene e no al male”.

Uscendo dal Sacrario, lasciando la sua firma nel Libro dei visitatori illustri, il Papa ha aggiunto un verso del salmo 23: “Non timebo, quia Tu mecum es” (Non temerò, perché Tu sei con me).