Pax Christi sulla Libia: assenza della politica e fretta della guerra

Per mons. Giudici non sono state tentate tutte le vie diplomatiche

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ROMA, lunedì, 21 marzo 2011 (ZENIT.org).- “Constatiamo l’assenza della politica e la fretta della guerra”: è il giudizio di Pax Christi sull’intervento delle forze Onu in Libia, contenuto in una nota diffusa lunedì a firma del presidente, il vescovo di Pavia, mons. Giovanni Giudici. 

“E’ evidente a tutti – afferma la nota – che non si sono messe in opera tutte le misure diplomatiche, non sono state chiamate in azione tutte le possibili forze di interposizione”. “L’opinione pubblica – chiede Pax Christi – deve esserne consapevole e deve chiedere un cambiamento della gestione della politica internazionale”.

“Il Colonnello Gheddafi era già in guerra con la sua gente anche quando era nostro alleato e amico”, ricorda l’organizzazione per la pace che da tempo aveva denunciato “le connivenze di chi, Italia in testa, gli forniva una quantità enormi di armi senza dire nulla, anche dopo la sua visita in Italia sui diritti umani violati in Libia, sulla tragica sorte delle vittime dei respingimenti, su chi muore nel deserto o nelle prigioni libiche”.

“Non possiamo tacere – prosegue la nota – la triste verità di un’operazione militare che, per quanto legittimata dal voto di una incerta e divisa comunità internazionale, porterà ulteriore dolore in un’area così delicata ed esplosiva, piena di incognite ma anche di speranze”. Le operazioni militari contro la Libia “non ci avvicinano all’alba, come si dice, ma costituiscono un’uscita dalla razionalità, un’ ‘odissea’ perché viaggio dalla meta incerta e dalle tappe contraddittorie a causa di una debolezza della politica”.

“Non vogliamo arrenderci alla logica delle armi”: questa la chiara affermazione di Pax Christi. E se in Libia, come ha sottolineato mons. Giudici a Radio Vaticana, esisteva “un problema di controllo di una violenza non solo assolutamente ingiustificata ma addirittura fratricida”, tuttavia “ci si augura sempre che l’intervento armato non giunga, perché le conseguenze sono sempre dolorose. Questo è un caso in cui il male ci conquista e si appropria della volontà buona che noi possiamo esprimere”.

“Non possiamo accettare – insiste Pax Christi – che i conflitti diventino guerre”. “Teniamo desto – propone la nota – il dibattito a proposito delle azioni militari, chiediamo che esse siano il più possibile limitate e siano accompagnate da seri impegni di mediazione”. Perché si sceglie sempre e solo la strada della guerra? Questo è l’interrogativo di fronte alle crisi internazionali degli ultimi anni, sollecitati anche dai “tanti amici che abbiamo in Bosnia, in Serbia, in Kosovo, in Iraq”. Si avverte, a questo proposito, “la mancanza di una polizia internazionale che garantisca il Diritto dei popoli alla autodeterminazione”.

Pax Christi è anche preoccupata della facile lettura che può essere data di un attacco delle forze occidentali in un paese di cultura musulmana: “operiamo in ogni ambito possibile di confronto e di dialogo – avverte la nota – perché si faccia ogni sforzo così che l’attuale attacco armato non diventi anche una guerra di religione”. In particolare “vogliamo rivolgerci al mondo musulmano e insieme, a partire dall’Italia, invocare il Dio della Pace e dell’Amore, non dell’odio e della guerra. Ce lo insegnano tanti testimoni che vivono in molte zone di guerra”.

Come Pax Christi, prosegue la dichiarazione, “continuiamo con rinnovata consapevolezza la campagna per il disarmo contro la produzione costosissima di cacciabombardieri F-35”. La nota invita quindi tutti a “mobilitarsi per la difesa della attuale legge sul commercio delle armi” e ricorda le parole di d. Tonino Bello per il quale: “dovremmo protenderci nel Mediterraneo non come ‘arco di guerra’ ma come ‘arca di pace’.

Ricorda altresì le parole di Giovanni Paolo II che per molti anni e senza mezzi termini ha parlato dei fenomeni bellici contemporanei come “avventura senza ritorno, spirale di lutto e di violenza, abisso del male, suicidio dell’umanità, crimine, tragedia umana e catastrofe religiosa”.

In questa prospettiva Pax Cristi ricorda ai suoi aderenti che “il credente riconosce nei mali collettivi, o strutture di peccato, quel mistero dell’iniquità che sfugge all’atto dell’intelligenza e tuttavia è osservabile nei suoi effetti storici”. “Nella fede – sottolinea la nota – comprendiamo che di questi mali sono complici anche l’acquiescenza dei buoni, la pigrizia di massa, il rifiuto di pensare”.

Tuttavia “chi è discepolo del Vangelo non smette mai di cercare di comprendere quali sono state le complicità, le omissioni, le colpe. E allo stesso tempo con ogni mezzo dell’azione culturale tende a mettere a fuoco la verità su Dio e sull’uomo”.

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ZENIT Staff

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