Lo “spirito di Assisi”: dall’identità eucaristica al dialogo interreligioso

ROMA, lunedì, 21 marzo 2011 (ZENIT.org).- Nella imminenza dell’annuncio della data e del programma della visita di Benedetto XVI ad Assisi, che avrà luogo l’ottobre prossimo in occasione del 25° anniversario della giornata interreligiosa di pellegrinaggio, preghiera e digiuno voluta da di Giovanni Paolo II per implorare il dono della pace (27 ottobre 1986), pubblichiamo di seguito un testo che illustra un aspetto pressoché inedito di quella giornata, ma importante per comprenderne appieno il significato.

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Quando nel 1920 il piccolo Karol Wojtyla venne battezzato, come ogni altro cristiano fu investito della missione sacerdotale, regale e profetica di Gesù Cristo. Tale compito ha poi trovato una concreta traduzione nella sua vita: ha esercitato la missione sacerdotale principalmente nel sacerdozio ministeriale prima come presbitero e poi come vescovo; quella regale nel governo della Chiesa, prima a Cracovia e poi a Roma come pastore della Chiesa universale. Ha inoltre vissuto la missione profetica nel suo significato etimologico, ossia “parlando con parole di Dio”, ispirate dallo Spirito Santo. Tutto ciò ha avuto piena manifestazione nel suo magistero, ma anche attraverso gesti dal grande valore simbolico, come l’apertura ecumenica della porta santa della Basilica di San Paolo fuori le mura (18 gennaio 2000), oppure la richiesta di perdono per i peccati commessi dai cristiani lungo la storia (12 marzo 2000).

Tra questi eccelle, in particolare, l’incontro interreligioso di preghiera e digiuno – svoltosi ad Assisi il 27 ottobre 1986 – voluto da Giovanni Paolo ii. Il mondo intero era coinvolto in un clima di “guerra fredda” e il pericolo di uno scontro nucleare appariva ben più che una mera ipotesi. Il mondo si contrapponeva grosso modo in due blocchi: quello comunista dei Paesi dell’est europeo, da una parte, e quello formato dai Paesi occidentali.

Il Papa volle convocare i rappresentanti di tutte le religioni per chiedere a Dio il dono della pace. Fu questo il tema centrale di quella storica giornata: la mente di tutti andava alla divisione tra est e ovest, e a quella tra il nord del pianeta – ricco e benestante – e il sud, umiliato da secoli di povertà e malnutrizione. Ancora non si poteva immaginare ciò che sarebbe accaduto dopo il 1989, in seguito alla caduta del muro di Berlino, ossia il riemergere prepotente e conflittuale delle identità nazionali e religiose, quelle che hanno condotto alla guerra nei Balcani e all’attentato terroristico a New York dell’11 settembre 2001.

Fatti che portarono allo scoperto ferite e umiliazioni antiche e che hanno condotto molti popoli fin qui emarginati nel cammino della storia, a rivendicare con rabbia i loro diritti, sostenuti da un preoccupante fanatismo religioso. Prendeva avvio un conflitto che è ben lungi dall’essere concluso; anzi, proprio questa appare la sfida più importante del momento presente e di quello futuro. In Occidente c’è chi invoca uno recupero di identità; chi in nome del dialogo ad oltranza ha paura di riconoscere la propria storia (come ad esempio le radici cristiane dell’Europa); e persino chi prevede uno scontro di civiltà.

Riguardo a questi temi Giovanni Paolo ii è stato “un profeta” (come lo ha definito il cardinale Carlo Maria Martini), proprio nella volontà di dare avvio allo “spirito di Assisi”. Non è un caso se, nel momento della guerra dei Balcani che ha visto scontrarsi identità nazionali sostenute anche da motivazioni religiose, papa Wojtyla decise di fare ritorno ad Assisi. Era il 10 gennaio 1993.

Il Santo Padre si ripresentò ugualmente nella cittadina umbra il 24 gennaio 2002, in seguito al tragico attentato alle Twin Towers, del settembre precedente. In quel periodo molti avevano messo in dubbio il valore dello “spirito di Assisi”, ma la scelta di Giovanni Paolo ii era chiara e non ammetteva repliche. Se all’inizio appare centrale il tema della pace, successivamente diventa sempre più importante un altro argomento, quello del dialogo, per impedire uno scontro di civiltà e imparare a costruire un mondo all’insegna del confronto e del reciproco arricchimento.

Abbiamo già ricordato che il 27 ottobre 1986 Giovanni Paolo ii iniziò quella storica giornata con la celebrazione eucaristica[1]. Sappiamo tutti che l’Eucarestia è uno dei momenti più alti dell’identità non solo cristiana, ma specificatamente cattolica, come dimostrano gli antichi martiri che rispondevano ai persecutori dicendo: «Non possiamo vivere senza la domenica», cioè senza il Corpo di Cristo; o come dimostra la Controriforma tridentina che proprio nel culto eucaristico, testimoniato dai maestosi tabernacoli barocchi, esprimeva l’identità cattolica davanti alla riforma protestante. Possiamo quindi definire l’Eucarestia come “il sacramento dell’identità”.

Ebbene, Giovanni Paolo II iniziò la giornata del 27 ottobre 1986 con la celebrazione eucaristica, per poi trasferirsi ad Assisi dove avrebbe presieduto lo storico appuntamento interreligioso. Tale passaggio dalla “identità eucaristica” al dialogo è una delle caratteristiche del pontificato di Giovanni Paolo ii – che non teme di beatificare Pio ix, suscitando vivaci polemiche, e definire gli ebrei “fratelli maggiori” – tanto che qualcuno ha definito il suo un pontificato contraddittorio.

Noi spesso contrapponiamo identità e dialogo e avvertiamo tutta la fatica di coniugare questi due termini in una sintesi armonica. La tentazione sarebbe addirittura quella di eliminare l’uno in favore dell’altro!

Giovanni Paolo II – da vero profeta – ha mostrato la via da seguire, celebrando l’Eucaristia e poi recandosi nella città di san Francesco per vivere l’impegno della preghiera, dell’unità e della pace. Come ha scritto di recente il cardinal Angelo Scola, «categorie come “reciprocità”, “tolleranza” ed “integrazione” – marcatamente occidentali – [sono] insufficienti», e c’è un «inevitabile imporsi di una sorta di “meticciato di civiltà” per far sì che l’incontro non si trasformi inevitabilmente in scontro». E perché ciò non accada si deve semplicemente seguire la via tracciata da Giovanni Paolo II che il 27 ottobre passò dall’Eucarestia (espressione di una identità chiara e senza sbavature, come afferma la dichiarazione Dominus Iesus del 2000) all’impegno di costruire ponti di collaborazione e di stima reciproca. Il Santo Padre, proprio perché fortificato dal Corpo di Cristo, fu capace di un dialogo maturo e costruttivo. E con questi atteggiamenti gli venne concesso di poter aprire il mondo alla speranza, alla pace e alla riconciliazione. In quello che, per sempre, verrà ricordato come lo “spirito di Assisi”.

Questo è il testo integrale delle parole dette da Giovanni Paolo II alla celebrazione eucaristica per le monache di clausura nella Cappella della Casa del Sacro Cuore di perugia lunedì 27 ottobre 1986: «Ho voluto iniziare questa giornata celebrando la santa Eucaristia per voi e con voi, che siete giunte anche da Assisi, dove oggi rappresentanti delle Chiese e comunioni cristiane e delle grandi religioni del mondo si troveranno insieme per pregare per la pace. Una Messa per voi e con voi, che – per riprendere un’espressione di santa Teresa del Bambino Gesù – avete per vocazione l’Amore e vivete “nel cuore della Chiesa”: questo cuore dal quale irraggia la luce della verità, la forza del martirio, l’edificazione della pace nelle coscienze, nelle società, su tutta la terra. In questa Messa vi invito a implorare il Signore che l’incontro di preghiera ad Assisi porti frutti abbondanti di riconciliazione, di giustizia e di pace; sia un richiamo a tutti gli uomini di buona volontà alla necessità della preghiera per la salvezza dell’umanità; sia una testimonianza di fraternità da parte di tutti gli uomini religiosi della terra. Vi chiedo, care sorelle, di unirvi oggi in modo speciale a queste intenzioni, insieme con me e con tutta la Chiesa. Sentitevi particolarmente coinvolte, mediante la vostra preghiera e l’offerta di voi stesse, per la buona riuscita di questo Incontro ad Assisi. Offrite al Signore anche il vostro rinnovato proposito di vivere fedelmente la vostra consacrazione a Dio dedicandovi generosamente alla preghiera e all’ascesi monastica. La vostra testimonianza è molto preziosa. Il servizio che siete chiamate a svolgere a beneficio della Chiesa e dell’intera
umanità è di incomparabile valore. Per le mani della Vergine santissima, della quale voi siete viventi immagini, ponete e poniamo assieme tutte queste intenzioni sull’altare del Signore, mentre ci disponiamo alla celebrazione del santo sacrificio, implorando la misericordia di Dio»[2].

[Da Pietro Messa, Giovanni Paolo II e lo spirito di Assisi. La profezia della pace tra identità e dialogo (Venti per venti, 1), Edizioni Porziuncola, Assisi].

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1) Cfr. quanto espresso più estesamente in P. Messa, Lo “spirito di Assisi”: dall’identità eucaristica al dialogo interreligioso. Quell’Eucaristia celebrata da Giovanni Paolo II con le claustrali, che diede inizio alla storica giornata del 27 ottobre 1986, in Forma sororum. Rivista delle Clarisse d’Italia 42 (2005), 210-216.

2) Giovanni Paolo II, Omelia alla messa per le monache di clausura nella Cappella della Casa del Sacro Cuore (Perugia, lunedì 27 ottobre 1986).

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ZENIT Staff

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