Benedetto XVI, un Papa scomodo

Intervista a Stefano Fontana, autore di un libro sull’argomento

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di Antonio Gaspari

ROMA, lunedì, 21 marzo 2011 (ZENIT.org). “Sono sicuro che da qualche parte c’è ancora un posto per Dio nel mondo!”. E’ quanto si legge nel libro “L’Età del Papa scomodo” scritto da Stefano Fontana e pubblicato da Cantagalli in collaborazione e con il contributo della Fondazione “Magna Carta”.

Stefano Fontana è direttore dell’Osservatorio internazionale Cardinale Van Thuan sulla Dottrina Sociale della Chiesa, Consultore del pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace e direttore del settimanale diocesano di Trieste “Vita Nuova”.

Nella premessa al volume Fontana spiega che “L’Eta del Papa scomodo” raccoglie 100 tappe di un cattolicesimo postideologico, sono tre anni di articoli pubblicati sul giornale online ‘L’Occidentale’ dal rapimento di padre Giancarlo Bossi nelle Filippine alla questione dei preti pedofili, fino al Cortile dei Gentili, il referendum sui minareti e l’ammissibilità del burqa.

“Ma non è una rilettura alla moda” sottolinea l’autore, che precisa: “Io sono ancora un cattolico che ascolta il Papa”.

Fontana confessa: “Non mi hanno mai appassionato i messianismi senza Dio e le nuove religioni dell’ecologismo, del pacifismo, del terzomondismo e della decrescita mi sanno tanto di idolatrie. Mi tengo cari i pochi ‘principi non negoziabili’ che, una volta tanto, mi obbligano a dire di sì sì oppure no no, senza papocchi e mille distinzioni”.

“E quando non arrivo a capire fino in fondo come stanno certe cose complesse – precisa l’autore – guardo a cosa mi dice la Chiesa, e mi fido pure. Non sono un cattolico adulto, sento il bisogno di essere guidato. Penso che il Vangelo valga più della Costituzione”.

Secondo Fontana, “nel volto di Cristo l’uomo si specchia, vede meglio se stesso e trova quindi conferma dell’umanità della religione cristiana. La Chiesa serve il mondo, ma proprio per questo deve aiutarlo a vedere fino in fondo la sua propria verità, e non può farlo senza mostrare la verità di Cristo”.

ZENIT lo ha intervistato.

Perché questo Papa è scomodo?

Fontana: Sono stati scritti diversi libri, in questi ultimi mesi, per tentare di spiegare perché questo Papa sia scomodo. Essi hanno messo in evidenza diverse motivazioni. Il motivo principale, secondo me, è però questo: ribadendo che il cristianesimo è la religione vera, questo Papa ha provocato due conseguenze dirompenti: la prima è stata di aver interpellato il mondo a farsi delle domande circa la sua propria verità; la seconda è stata di aver preteso un ruolo pubblico per la religione cristiana. Si tratta di due richieste esigenti che molti settori, sia del mondo che della Chiesa, faticano ad accettare e che spesso apertamente osteggiano.

Presentare il cristianesimo come verità comporta che il mondo, se accetta laicamente la provocazione e non la rimuove fideisticamente o ideologicamente, è chiamato a rifare i conti con la propria verità, anzi con il tema della verità in quanto tale, dopo che mille filosofie avevano detto, e continuano a dire, che la verità non esiste. Ciò costa una gran fatica e perciò il Papa è scomodo. Chiedere poi al mondo di riconoscere al cristianesimo un ruolo pubblico in quanto portatore di una verità indispensabile per la convivenza sociale, chiedere per Dio un posto nel mondo, cozza contro una visione consolidata della convivenza sociale e politica come priva di fondamenti assoluti.

Riconvertire una mentalità tanto diffusa è difficile e doloroso e per questo il Papa è scomodo. Scomodo anche dentro la Chiesa, perché i due punti che ho appena richiamato sono stati fatti propri anche da molti cattolici. Benedetto XVI predica due cose: che Dio è amore e che Dio è verità. Egli è scomodo  soprattutto per la seconda affermazione. Il mondo, infatti, accetta in qualche modo che il cristianesimo annunci una verità proposta con amore, ma non accetta che proponga un amore rispettoso della verità.

Quali sono i temi e gli argomenti proposti da Benedetto XVI che più si scontrano con le ‘mode’ che sembrano prevalere nel mondo?

Fontana: Si pensi per esempio a tutti i cosiddetti “principi non negoziabili”. Essi sono osteggiati – ripeto, non solo nel mondo ma anche nella Chiesa – per due motivi che ci riconducono a quanto ho detto sopra, rispondendo alla prima domanda. Il primo motivo è che la società attuale ritiene che non esista niente di “non negoziabile”, ossia niente di vero o falso, bene o male, in assoluto. Il secondo motivo è che perché ci siano principi “non negoziabili” deve esserci un posto per Dio nel mondo. Senza Dio tutto è negoziabile. Per questo motivo i “principi non negoziabili” della vita, della famiglia, della libertà di educazione diventano continuamente terreni di “scomodità” di questo Papa.

Poi, naturalmente, ci sono motivi più specifici. Il tema della liturgia, per esempio, oppure quello della valutazione del Concilio Vaticano II, quello dell’uso del preservativo nella lotta all’Aids o delle donne-prete. Alla fine, però, tutti questi temi più specifici, sono riconducibili a quelli che ho esposto sopra. La logica del mondo vorrebbe impedire alla logica della Chiesa di esistere e vorrebbe che anche essa si uniformasse alla logica del mondo. C’è uguaglianza di diritti tra gli uomini? Allora perché mai una donna non ha diritto di diventare prete? C’è il diritto alla libertà? E perché mai allora non si potrebbe procreare come si vuole? La democrazia non è un valore? E allora perché non ci può essere una democrazia liturgica con le singole comunità che inventano la loro propria liturgia? Come si vede il mondo non accetta che la religione cristiana esprima una verità e vorrebbe estendere ad essa la verità del mondo. Ma il Papa dice proprio il contrario. Non per negare le verità naturali, ma per dire che se private della luce del soprannaturale anche esse si perdono per strada. E’ quindi comprensibile che questo Papa, pur con la soavità che lo contraddistingue, tocchi tutti i nervi scoperti del mondo e anche di tanti settori della Chiesa. 

E’ molto diffusa l’idea che la Chiesa cattolica sia moralista e buonista, ma nel suo libro lei sostiene un’altra idea di Chiesa. Può illustracela?

Fontana: Sia il moralismo che il buonismo non tengono conto della verità, che, come ho già detto, è il principale messaggio di questo Papa. Si pensa spesso ad una Chiesa solo carità senza verità, solo pastorale senza dottrina. Ma non è così. Basta che uno parli di “etica” e subito i cattolici lo appoggiano. Andiamoci piano … di che etica si tratta? Quale antropologia sta dietro a quelle proposte? Sui principi non negoziabili come la si pensa? Lo stesso dicasi per lo sviluppo, per la pace, per la salvaguardia dell’ambiente. Spesso si tratta di forme di solidarietà senza verità e, quindi, disumane. Proprio in questi giorni sono impegnato a contrastare la compatibilità tra la tesi della decrescita di Serge Latouche e quanto dice la Caritas in veritate. Si tratta di due impostazioni completamente diverse, ma per molti cattolici  la decrescita e il doposviluppo sono autenticamente cristiani solo perché parlano di giustizia, di uguaglianza e di sobrietà. Andando in profondità si vede che non è così. Il mondo va amato, ma proprio perché va amato va anche richiamato alla sua propria verità. Il buonismo è un amore senza verità, che però non è amore ma strumentalizzazione dell’altro, ossia moralismo.

Lei sostiene che il Vangelo da solo non basta per far comprendere la portata rivoluzionaria del cristianesimo. Lei sostiene la validità degli insegnamenti del magistero e la necessità della dimensione pubblica della Chiesa. Può spiegarci perché?

Fontana: “Il Vangelo basta” è uno slogan frequentemente adoperato da alcuni cattolici. Si sa però che il Vangelo (o la Parola) è inseparabile dalla Tradizione (che, tra
l’altro, ha anticipato cronologicamente il Vangelo scritto) e dal Magistero della Chiesa. Le tre dimensioni formano l’unica realtà del depositum fidei, ciò in cui i cattolici credono. Tutte e tre hanno un significato cristologico: credere in Gesù Cristo è credere nell’unità inscindibile di tutte e tre le dimensioni. Quando ci si appella allo spirito del Vangelo contro la Chiesa, o quando ci si appella a personaggi profetici che però dicono sistematicamente cose contrarie a quanto insegna il Papa, oppure quando si fa ricorso ad uno spirito del Concilio in contrasto con quanto la Chiesa insegna sul Concilio non si rispetta la verità della Chiesa e si rende impossibile una presenza pubblica della religione cattolica. Inevitabilmente questa viene privatizzata e spiritualizzata e non può esprimere adeguatamente l’aiuto che può e deve dare anche alla costruzione della comunità sociale e politica.  

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ZENIT Staff

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