Quaresima: la Vita è un’onda più alta della morte

II Domenica di Quaresima, 20 marzo 2011

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di padre Angelo del Favero*

ROMA, venerdì, 18 marzo 2011 (ZENIT.org).- E’ Dio infatti che ci ha salvati e ci ha chiamati con una vocazione santa, non in virtù delle nostre opere, ma secondo il suo disegno e la sua grazia, che ci fu data in Cristo prima dei tempi eterni, ma che è stata manifestata ora mediante l’apparizione del Signore nostro Gesù Cristo, che ha distrutto la morte e ha fatto risplendere la vita e l’immortalità per mezzo del Vangelo (2 Tm 1,8-10).

Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco, apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: “Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia”. Egli stava ancora parlando quando una nube luminosa li coprì con la sua ombra. Ed ecco una voce dalla nube che diceva: “Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo”. All’udire ciò i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. Ma Gesù si avvicinò, li toccò e disse: “Alzatevi e non temete”. Alzando gli occhi non videro nessuno, se non Gesù solo. Mentre scendevano dal monte, Gesù ordinò loro: “Non parlate a nessuno di questa visione, prima che il Figlio dell’uomo non sia risorto dai morti” (Mt 17,1-9).

In questi giorni gli occhi del mondo sono stati polarizzati dalle immagini di distruzione, disperazione e morte giunte dal Giappone devastato dal terremoto.

Le macerie, i grattacieli che oscillano paurosamente, gli tsunami che avanzano come uragani liquidi, gli incendi, i volti angosciati della gente hanno portato nelle case la realtà di un incubo che anche a noi, spettatori lontani, sembra annunciare solamente la tragica fragilità e fatalità della condizione umana.

Ma oggi la Parola di Dio, se da un lato non permette allo sguardo del cuore di separarsi dal dolore dei nostri fratelli, dall’altro ci stupisce con una scena di segno totalmente opposto: “Il Vangelo della Trasfigurazione del Signore pone davanti ai nostri occhi la gloria di Cristo, che anticipa la risurrezione e annuncia la divinizzazione dell’uomo” (Benedetto XVI, Messaggio per la Quaresima 2011).

Lo crediamo, ma come possono i nostri occhi riconoscere “la gloria di Cristo” (e nostra) nello scenario mortale delle catastrofi naturali, o in mille altre situazioni di sofferenza e di umiliazione dell’uomo vivente?

Mistero insondabile per la sola ragione, ma non irrazionale. Mistero, infatti, non significa enigma o assurdità. E’ quel mistero pasquale della Croce di Cristo che la fede annuncia in termini esistenziali. Mistero veramente doloroso e realmente glorioso della nostra vita, che possiamo esprimere così: la vita è un’onda più alta della morte.

Un’onda alta e profonda quanto il mistero della persona di Cristo e della nostra vita in Lui: “Sono stato crocifisso con Cristo e non sono più io a vivere, ma Cristo vive in me” (Gal 2,19b-20). E’ solamente per questa “divinizzazione dell’uomo” che ognuno di noi, dal primo istante del concepimento all’ultimo respiro, nonostante le sofferenze che sembrano svuotare di senso e valore il dono della vita, può credere, sperimentare e testimoniare che: “E’ bello per noi essere qui!” (Mt 17,4), dove il “qui” si riferisce proprio alla nostra fragile vita, all’esistenza in questo mondo.

Sì: “questa vita mortale è, nonostante i suoi travagli, i suoi oscuri misteri, le sue sofferenze, la sua fatale caducità, un fatto bellissimo, un prodigio sempre originale e commovente, un avvenimento degno di essere cantato in gaudio e gloria” (PaoloVI, Pensiero alla morte, p. 24).

La domanda su come possiamo riconoscere la gloria di Cristo dentro i fatti e le situazioni drammatiche dell’esistenza, sottolinea anzitutto la naturale difficoltà ad operare quel “reale cambiamento della nostra visione della realtà”, di cui ha parlato il Papa (pressoché in contemporanea con gli eventi che sconvolgevano il Giappone) commentando il significato della parola “metànoia”, conversione: “Siccome siamo nati nel peccato originale, per noi “realtà” sono le cose che possiamo toccare, sono i soldi, sono la mia posizione, sono le cose di ogni giorno che vediamo nel telegiornale: questa è la realtà. E le cose spirituali appaiono un po’ “dietro” la realtà: “Metanoia”, cambiamento del pensiero, vuol dire invertire questa impressione. Non le cose materiali, non i soldi, non l’edificio, non quanto posso avere è l’essenziale, è la realtà. La realtà delle realtà è Dio. Questa realtà invisibile, apparentemente lontana da noi, è la realtà. Imparare questo, e così invertire il nostro pensiero, giudicare veramente come il reale che deve orientare tutto è Dio, sono le parole, la parola di Dio. Questo è il criterio, Dio, il criterio di tutto quanto faccio. Questo realmente è conversione, se il mio concetto di realtà è cambiato, se il mio pensiero è cambiato. E questo poi deve penetrare tutte le singole cose della mia vita: nel giudizio di ogni singola cosa prendere come criterio che cosa dice Dio su questo.” (Lectio divina al Clero romano, giovedì 10 marzo 2011).

Che cosa dice Dio sui terremoti? Sappiamo che la sua Parola eterna è valida per ogni tempo, per ogni luogo, per ogni uomo e in ogni caso. Sappiamo anche che non la dobbiamo interpretare in modo “fondamentalista”, poiché solo lo Spirito che l’ha ispirata può illuminarne il senso profondo e sempre attuale, il quale va “scrutato” (Gv 5,19) oltre il mero significato letterale del testo.

Premesso ciò, ecco allora un Salmo che ci aiuta a cogliere la realtà nascosta degli eventi accaduti in questi giorni, quella verità invisibile che la fede intuisce e riconosce, illuminando essa stessa, da dentro, i fatti: una “trasfigurazione” che ci permette di vedere tutto con lo sguardo stesso di Gesù, con i suoi sentimenti (Fil 2,5), cioè alla luce della Parola eterna: “Dio è per noi rifugio e fortezza, aiuto infallibile si è mostrato nelle angosce. Perciò non temiamo se trema la terra, se vacillano i monti nel fondo del mare. Fremano, si gonfino le sue acque, si scuotano i monti per i suoi flutti. Un fiume e i suoi canali rallegrano la città di Dio, la più santa delle dimore dell’Altissimo. Dio è in mezzo ad essa: non potrà vacillare. Dio la soccorre allo spuntare dell’alba” (Salmo 46/45, 2-6).

L’invito a non temere “se trema terra”, non pretende l’impossibile: che cioè l’uomo domini la paura naturale suscitata dallo scatenarsi delle forze della natura. La volontà non è più forte dell’istinto di sopravvivenza, da Dio stesso inscritto all’essere umano. Si tratta piuttosto dell’esperienza benefica e rassicurante fatta dai discepoli sul Tabor: “Questi è il Figlio mio, l’eletto. In lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo” All’udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. Ma Gesù si avvicinò, li toccò e disse: Alzatevi e non temete” (Mt 17,6-7).

Rassicurati dal gesto e dal volto amorevole di Gesù (1 Gv 4,18), i discepoli non temettero più nulla, e proprio ciò che avevano visto e udito insegnò loro quel “timore del Signore” che non solo non ha niente a che fare con la paura, ma che permette di vincerla per mezzo della fiducia in Dio: “Temete il Signore, suoi santi: nulla manca a c
oloro che lo
temono. Venite, figli, ascoltatemi: vi insegnerò il timore del Signore” (Salmo 34/33, 10.12). Il cuore dell’uomo è la più santa delle dimore dell’Altissimo, e Dio vi sta in mezzo, poiché il suo Regno è dentro di noi. Chi vive nell’amicizia con il Signore Gesù, ha una sola paura, quella di offenderlo. E’ questo quel “timore del Signore”, che costituisce un antidoto sempre efficace all’angoscia e alla paura della morte, poichè “nell’amore non vi è paura, anzi il perfetto amore scaccia la paura” (1 Gv 4,18).

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* Padre Angelo del Favero, cardiologo, nel 1978 ha co-fondato uno dei primi Centri di Aiuto alla Vita nei pressi del Duomo di Trento. E’ diventato carmelitano nel 1987. E’ stato ordinato sacerdote nel 1991 ed è stato Consigliere spirituale nel santuario di Tombetta, vicino a Verona. Attualmente si dedica alla spiritualità della vita nel convento Carmelitano di Bolzano, presso la parrocchia Madonna del Carmine.

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ZENIT Staff

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