Caso Lautsi: una grande vittoria per l’Europa


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di Grégor Puppinck*
 

STRASBURGO, venerdì, 18 marzo (ZENIT.org).- La Corte Europea dei diritti dell’uomo ha giudicato, per 15 voti contro 2, che la presenza del Crocifisso nelle aule scolastiche delle scuole pubbliche italiane è conforme alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Questa sentenza impone un colpo d’arresto alla tendenza laicista della Corte di Strasburgo e costituisce un cambiamento paradigmatico. Essa rigetta senza riguardo una decisione precedentemente adottata all’unanimità che appariva ormai come un “errore” storico della Corte.

La Corte enuncia giustamente che il fatto che “la normativa italiana attribuisce alla religione maggioritaria del Paese una visibilità preponderante nell’ambiente scolastico […] non basta a integrare un’opera di indottrinamento da parte dell’Italia e a dimostrare una violazioni degli obblighi convenzionali”. Detto altrimenti, la Corte ha giudicato che “in merito al ruolo preponderante di una religione nella storia di un Paese, il fatto che, nel programma scolastico le sia accordato uno spazio maggiore rispetto allealtre religioni non costituisce di per sé un’opera di indottrinamento [1]. La Corte ha ugualmente sottolineato l’importanza di rispettare il principio di sussidiarietà e il margine di apprezzamento di cui godono gli Stati in materia religiosa.

L’European Centre for Law and Justice (ECLJ) nota con soddisfazione che la Camera Grande della Corte ha adottato, con qualche piccola sfumatura di differenza, esattamente il ragionamento sviluppato dall’ECLJ nelle sue osservazioni scritte.

Sul merito della questione, L’ECLJ si rallegra che la Corte Europea abbia così rinunciato alla promozione di una concezione radicale della laicità. Questa decisione è una vittoria per l’Europa, perché l’Europa, marginalizzando il Cristianesimo, non può essere fedele a se stessa. Questa è una decisione più per l’Europa che per il Crocifisso; l’Europa rinuncia a rinnegare la sua propria identità, a pretendere di sopprimere il cristianesimo in nome dei diritti dell’uomo.

Di fatto, la Corte ha riconosciuto che nei paesi di tradizione cristiana, il Cristianesimo possiede una legittimità sociale specifica che la distingue dalle altre credenze filosofiche e religiose e che giustifica che un approccio differenziato sia adottato ove necessario. Dal momento che l’Italia è un paese di tradizione cristiana, il simbolo cristiano può avere legittimamente una presenza specifica, visibile nella società.

Questa decisione è estremamente positiva per l’Europa poiché possiede una profonda “portata unificatrice”. Rifiutando di opporre artificialmente i diritti dell’uomo al Cristianesimo, la Corte ha inteso preservare l’unità profonda e l’interdipendenza che uniscono i valori spirituali e morali fondanti la società europea. Questa decisione è fedele allo Statuto del Consiglio d’Europa che afferma che gli Stati europei sono “irremovibilmente legati ai valori spirituali e morali, che sono patrimonio comune dei loro popoli e fondamento dei principi di libertà personale, libertà politica e premi­nenza del Diritto, dai quali dipende ogni vera democrazia

Marginalizzare il Cristianesimo in nome dei diritti dell’uomo avrebbe spezzato questa unità di valori morali e spirituali, allontanando l’Europa dalla sua stessa identità.

La decisione della Corte possiede inoltre una profonda portata unificatrice per i diversi popoli europei. Di fronte al rischio di remissione in causa della loro identità profonda, più di venti paesi hanno preso pubblicamente posizione in favore della presenza pubblica del simbolo del Cristo nello spazio pubblico europeo: Armenia, Bulgaria, Cipro, Grecia, Lituania, Malta, Monaco, S.Marino, Romania e Federazione Russa; così come Albania, Austria, Croazia, Ungheria, Moldavia, Norvegia, Polonia, Serbia, Slovacchia, Ucraina e Ungheria. Questi paesi, firmatari della Convenzione, sono, davanti alla Corte, i primi garanti di quella. In un certo senso, gli Stati membri possiedono un potere di interpretazione autentica del testo perché essi hanno il potere sovrano di modificarlo o di distaccarsene.

Questo inedito gesto collettivo è di grande importanza e testimonia il fatto fondamentale che il Cristianesimo è il cuore dell’unità europea, al di sopra delle divisioni politiche e confessionali. Così, rispettando la presenza visibile del Cristianesimo nella società, la Corte ha contribuito a rafforzare l’unità della cultura europea.

Questo forte gesto politico interviene contro il tentativo della correnti laiciste radicali di utilizzare i diritti dell’uomo contro il Cristianesimo. Le correnti laiciste radicali, rigettando il Cristianesimo, strumentalizzano la cultura dei diritti dell’uomo per scristianizzare l’Europa in nome del rispetto e la tolleranza verso in non cristiani. Dietro lo schermo della tolleranza, la crescita del pluralismo religioso serve da pretesto per marginalizzare il Cristianesimo e imporre infine alla civiltà europea un secolarismo esclusivo. L’obiettivo del laicismo radicale è quello di imporre una secolarizzazione della società al fine di promuovere un certo modello culturale nel quale l’assenza di valori (neutralità) ed il (relativismo) pluralismo sono dei valori in sé, sostenendo un progetto religioso che si vorrebbe “post religioso” e “post-identitario”, in una parola “post-moderno”. Questo progetto politico, in quanto sistema filosofico, ha una pretesa monopolistica.

Un esempio tipico di strumentalizzazione del pluralismo religioso contro l’identità cristiana dell’Europa è l’agenda scolastica pubblicata dalla Commissione europea. Questa agenda, prodotta in milioni di esemplari, ha volontariamente omesso di indicare le feste cristiane col fine ufficiale di promuovere una migliore conoscenza delle altre religioni e credenze.

Se finora è stato soprattutto l’argomento del rispetto dovuto ai non-cristiani lo strumento utilizzato per marginalizzare il Cristianesimo, oggi è sempre più la paura dell’Islam ad essere strumentalizzata e che, nei fatti, sfocia egualmente nella marginalizzazione del Cristianesimo.

Di fronte a questo tentativo di marginalizzazione del Cristianesimo, occorre ricordare che il Cristianesimo – che si sia credenti o meno – possiede, nei paesi di tradizione cristiana, una legittimità sociale superiore alle credenze filosofiche e religiose. Questa innegabile legittimità giustifica che un approccio differenziato sia adottato laddove necessario. Questo approccio differenziato può giustificare la presenza del Crocifisso nelle aule scolastiche italiane.

In questo senso, la sentenza Lautsi è una vittoria per l’Europa. Questo pronunciamento offre l’occasione di mostrare ancora una volta che le radici cristiane della Grande Europa alimentano l’identità profonda e la coesione sociale del continente europeo.

1) Come indicato nel comunicato stampa ufficiale della Corte.

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*Grégor Puppinck è Direttore dell’European Centre for Law and Justice.

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ZENIT Staff

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