La Santa Sede ribadisce il diritto al cibo e alla vita

Intervento dell’Arcivescovo Tomasi al Consiglio dei diritti dell’uomo

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ROMA, giovedì, 10 marzo 2011 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito l’intervento pronunciato l’8 marzo dall’Osservatore permanente della Santa Sede presso l’ufficio delle Nazioni Unite ed Istituzioni specializzate a Ginevra, l’Arcivescovo Silvano M. Tomasi, durante la XVI sessione ordinaria del Consiglio dei diritti dell’uomo.

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Presidente,

1. Il diritto al cibo è un diritto fondamentale perché è intrinsecamente legato al diritto alla vita. Circa un miliardo di persone, però, non gode di questo diritto. La sfida della comunità mondiale è «occuparsi di una delle sfide più gravi del nostro tempo: liberare dalla fame milioni di esseri umani, la cui vita è in pericolo per la mancanza del pane quotidiano» (Messaggio di Papa Benedetto XVI a Jacques Diouf, Direttore Generale della Fao in occasione della Giornata Mondiale dell’Alimentazione 2007).

Sono necessarie due condizioni: deve esserci cibo sicuro in quantità sufficiente. Ogni persona dovrebbe avere accesso al cibo. Bisognerebbe rivolgere un’attenzione speciale ai 2,5 miliardi di persone che dipendono dall’agricoltura per il loro sostentamento quotidiano. Fra queste vi è la maggior parte di coloro che soffrono per la malnutrizione e la fame. Esistono soluzioni per migliorare la situazione, ma richiedono un’azione vigorosa da parte dei governi e dei popoli dei Paesi interessati. Ci si aspetta che anche la comunità internazionale agisca. La mia delegazione desidera indicare alcune condizioni che ritiene necessarie per il godimento del diritto umano al cibo e per lo sviluppo di politiche di sicurezza alimentare come prerequisito per l’autosufficienza.

2. In primo luogo, è necessario riconoscere e rafforzare il ruolo centrale dell’agricoltura nell’attività economica. Quindi, per ridurre la malnutrizione nelle aree rurali, la produzione pro capite deve aumentare e così promuovere l’indipendenza alimentare locale, regionale e nazionale. Sono necessari investimenti per migliorare la produttività nei settori delle semenze, della formazione e della condivisione degli strumenti di coltivazione e dei mezzi di commercializzazione. Sono anche necessari cambiamenti strutturali secondo la specificità dei singoli Stati. Per esempio, dobbiamo garantire la sicurezza del possesso terriero per i coltivatori, in particolare per quelli che hanno piccoli appezzamenti di terreno. Il diritto consuetudinario della proprietà della terra può essere riconsiderato. Un diritto di proprietà trasparente offre al coltivatore l’opportunità di impegnare la propria terra in cambio di un credito stagionale per acquistare ciò di cui necessita. Inoltre, lo scopo del possesso della terra è divenuto ora sempre più importante di fronte all’espansione del fenomeno dell’appropriazione della terra. Nell’Africa sub-sahariana, l’80 per cento della terra è occupata da poveri privi di titoli di proprietà. Inoltre, l’appartenenza a cooperative e l’accesso ai servizi di informazione rafforzerebbero la produttività.

3. Dobbiamo garantire flussi alimentari a chi ne ha bisogno. L’attuale crisi alimentare ha dimostrato che alcune regioni stanno affrontando carenze gravi, e in aree che tradizionalmente producono cibo le scorte sono ora esaurite o comunque limitate. Queste circostanze implicano forti restrizioni all’aiuto alimentare in situazioni d’emergenza. Il flusso scorrevole di prodotti alimentari implica diverse condizioni: i mercati locali dovrebbero essere efficienti, trasparenti e aperti. L’informazione deve scorrere in maniera efficace. È indispensabile investire in strade, trasporti e stoccaggio dei raccolti. Vanno abbassate le barriere alle esportazioni che sono state decise da Stati sovrani. Queste barriere temporaneamente aggravano le carenze nei Paesi di importazione e causano un elevato aumento dei prezzi; infine, l’aiuto alimentare svolge un ruolo vitale in casi di disastri che non devono turbare la produzione agricola locale. Per esempio, la distribuzione di grandi quantità di cibo sia gratuito sia economico può rovinare i coltivatori della regione che non possono più vendere i loro prodotti. Così facendo, mettiamo a repentaglio il futuro dell’agricoltura locale.

4. Quindi dovrebbero essere prese misure adeguate per tutelare i coltivatori contro l’instabilità dei prezzi che ha un impatto molto forte sulla sicurezza alimentare per diverse ragioni: i prezzi elevati rendono i generi alimentari inaccessibili ai poveri e i prezzi bassi danno ai coltivatori informazioni sbagliate sulle giovani piante necessarie per il raccolto dell’anno successivo. Per evitare l’instabilità dei prezzi o almeno per frenare il suo impatto, i raccolti locali devono essere protetti contro l’oscillare improvviso dei prezzi internazionali. I dazi doganali all’entrata di un Paese importatori (oppure l’adattamento ciclico dei trattamenti speciali o differenziati) devono prendere in considerazione in primo luogo le necessità dei consumatori poveri e in secondo luogo il prezzo che devono pagare i piccoli coltivatori affinché possano permettersi uno stile di vita decoroso e promuovere la produzione. La speculazione dovrebbe essere limitata agli attori necessari a un corretto funzionamento dei mercati futuri. I governi dovrebbero evitare di introdurre misure che aumentano l’instabilità e sono esortati a riflettere sul fatto che il cibo non può essere una questione di speculazione o uno strumento di pressione politica come un qualsiasi altro bene. La creazione di scorte regionali di materie prime (cereali, olio e zucchero) può sortire un beneficio duplice: queste scorte si possono vendere a un prezzo accessibile in caso di emergenza e possono svolgere un ruolo nel moderare l’instabilità dei prezzi locali.

5. La disponibilità di prodotti alimentari non è un fattore sufficiente a garantire cibo a tutti. Le persone devono avere un reddito sufficiente ad acquistare cibo oppure il cibo dovrebbe avere un prezzo accessibile ai poveri. Ciò solleva la questione relativa a una rete di sicurezza completa che consista nel rendere accessibili i prodotti alimentari a prezzi agevolati per i più poveri a livello regionale. Il livello di agevolazione dovrebbe variare a seconda del prezzo di mercato cosicché il costo dei generi alimentari agevolati possa rimanere stabile. È un’illusione credere che esista un «buon prezzo» del frumento o del mais. Il prezzo che un consumatore povero può essere in grado di pagare può non corrispondere a ciò di cui ha bisogno un piccolo coltivatore africano per vivere. Dobbiamo creare meccanismi che colmino il divario fra questi due prezzi e per quanto riguarda i Paesi più poveri la solidarietà richiede che questi ultimi vengano finanziati a livello internazionale.

6. Uno sviluppo recente nella ricerca mondiale di sicurezza alimentare riguarda l’acquisto o l’affitto di grandi estensioni di terra coltivabile da parte di organizzazioni straniere in Paesi diversi dal proprio. Sembra una precondizione ragionevole pretendere che le persone che vivono nell’area vengano rispettate, incluse nel progetto e che il livello di sicurezza alimentare nella regione venga aumentato. Detto questo, investire nella fame e nell’agricoltura è essenziale per sradicare la fame e la malnutrizione.

7. In conclusione, Presidente, l’insicurezza alimentare non è inevitabile, date le vaste aree agricole e adatte al pascolo ancora sfruttabili. Il diritto al cibo può essere realizzato per ogni persona grazie a un’azione concertata e determinata, sostenuta dalla convinzione etica che la famiglia umana sia una sola e debba proseguire nella solidarietà, popolazioni urbane e rurali insieme.

[L’OSSERVATORE ROMANO – Edizione quotidiana – 11 marzo 2011]

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ZENIT Staff

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