Sulla diagnosi genetica preimpianto la Germania si divide

Metà del Consiglio Etico tedesco è favorevole a una sua pratica limitata

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di Paul De Maeyer

ROMA, mercoledì, 9 marzo 2011 (ZENIT.org).- A circa una settimana dall’inizio del dibattito sulla diagnosi preimpianto (PID o “Preimplantation Diagnosis”, chiamata anche PDG o “Preimplantation Genetic Diagnosis”) nel Bundestag (Camera bassa), il Consiglio Etico della Germania (Deutsche Ethikrat) ha reso pubblico martedì 8 marzo a Berlino un parere sulla pratica, che riflette una profonda spaccatura all’interno dell’organismo consultivo indipendente.

Mentre 13 membri dell’Ethikrat – cioè esattamente la metà – si esprimono a favore di un’autorizzazione limitata ai test genetici su embrioni concepiti in vitro, 11 membri respingono la PID e chiedono un divieto totale. C’è stato anche un parere particolare, quello di Eckhard. L’esperto in Etica medica, che è direttore medico della Clinica universitaria di Essen e insegna all’Università di Bayreuth, ha presentato un elenco vincolante di malformazioni e patologie in cui la PID dovrebbe essere autorizzata. Un solo membro dell’Ethikrat si è astenuto: Weyma Lübbe, ordinaria di Filosofia pratica presso l’Università di Ratisbona.

Secondo i sostenitori di una parziale legalizzazione, fra cui il presidente dell’Ethikrat, cioè l’ex ministro federale della Giustizia, Edzard Schmidt-Jortzig, e anche l’ex presidente del Sinodo della Chiesa Evangelica tedesca (EKD), Jürgen Schmude, la PID andrebbe autorizzata quando esiste un “alto rischio medico” che l’embrione sia portatore di un handicap ereditario o di una grave malattia genetica. Inoltre, la diagnosi genetica preimpianto dovrebbe essere consentita quando c’è la possibilità di anomalie cromosomiche ereditarie che mettono a rischio la sopravvivenza del bambino al di fuori dell’utero materno. Mentre la PID per la selezione del sesso dovrebbe rimanere proibita (tranne nei casi di determinate malattie legate al sesso del nascituro), i sostenitori respingono l’idea di un catalogo delle anomalie che necessitano di diagnosi genetica. Escludono inoltre il ricorso alla tecnica e alla selezione embrionale per creare un bambino compatibile come donatore o per scoprire la presenza di anomalie cromosomiche legate all’età della madre (ad esempio la sindrome di Down o trisomia 21).

Secondo l’opinione degli oppositori alla PID in seno all’Ethikrat, tra cui monsignor Anton Losinger, vescovo ausiliare di Augusta, e il teologo cattolico Eberhard Schockenhoff, professore di Teologia morale a Friburgo in Bresgovia, autorizzare la tecnica significa invece respingere la vita umana sulla base di caratteristiche indesiderate. La PID comporta inoltre la creazione di una elevata quantità di embrioni “soprannumerari”. Da temere è anche una “rottura della diga”, con uno slittamento verso la creazione di bambini detti “su misura”. Contro una parziale legalizzazione della diagnosi genetica si sono espressi anche i due vescovi emeriti della EKD che siedono nell’organismo consultivo, Wolfgang Huber e Christoph Kähler.

È stata la seconda volta che in Germania un organismo consultivo si esprime sulla PID. La prima volta, nel 2003, una maggioranza di due terzi dell’allora Consiglio Nazionale di Etica (Nationale Ethikrat) – una creazione della coalizione “rosso-verde” del cancelliere socialdemocratico Gerhard Schröder – si era detta favorevole ad una parziale legalizzazione.

Gli oppositori alla diagnosi preimpianto non nascondono la loro delusione per il parere dell’Ethikrat, definito da alcuni un “Jein”, cioè un “nì”. “La selezione di embrioni concepiti fuori dal corpo (materno) è una massiccia violazione della lettera e dello spirito della Costituzione e della legge sulla protezione degli embrioni”, ha detto ieri mons. Losinger, secondo quanto riferito dal sito della Conferenza Episcopale tedesca (DBK). Il rifiuto di un embrione sulla base di certe caratteristiche cromosomiche viola secondo il presule non solo la dignità umana e il diritto fondamentale alla vita ma anche il divieto di discriminazione fondata sull’handicap, stabilito dalla Costituzione tedesca. “Qui si ottiene una rottura etica della diga, perché l’embrione umano è un uomo allo stadio embrionale sin dall’unione tra la cellula uovo e la cellula spermatica. Come uomo allo stadio embrionale ha dignità e diritto alla vita”, ha continuato Losinger.

In un’intervista all’agenzia KNA (8 marzo), il teologo Schockenhoff si è dichiarato “sorpreso” per il parere dell’organismo. Secondo Schockenhoff, l’obiezione principale contro la PID è che seleziona la vita e fa una “distinzione tra vita degna di essere vissuta e vita indegna di essere vissuta”. Per il teologo, si trasmette alle persone handicappate il messaggio che se fossero state concepite ai tempi della PID non sarebbero mai nate. Inoltre si deve temere – così continua – che gli sforzi per curare certe anomalie ereditarie diminuiranno, come succede già negli USA. Non va dimenticato neppure che la PID ha dei limiti. La sua efficacia “viene grottescamente sopravvalutata”, sostiene Schockenhoff.

A riaccendere il dibattito sulla PID in Germania è stata una sentenza emessa nel luglio scorso dalla Corte Federale di Cassazione (BGH o Bundesgerichtshof). Il tribunale con sede a Lipsia aveva assolto il 6 luglio 2010 il ginecologo Matthias Bloechle e stabilito che non si può vietare il ricorso alla diagnosi genetica preimpianto né impedire a genitori con una disposizione a gravi difetti ereditari di scegliere la strada della selezione embrionale. Bloechle aveva eseguito una PID nel 2005 e 2006 nel suo “Kinderwunschzentrum” di Berlino a tre coppie predisposte a patologie genetiche (una delle coppie in questione aveva già una figlia handicappata) e trasferito in utero solo embrioni “sani”.

Anche se la sentenza del 6 luglio scorso non è vincolante per il legislatore e vale solo per il caso concreto del dottor Bloechle, si teme che presto altri tribunali seguiranno la logica del Bundesgerichtshof, un elemento che costringe il parlamento tedesco ad intervenire e colmare l’attuale “zona grigia” nella legislazione. La settimana prossima, giovedì 17 marzo, il Bundestag inizierà l’esame di tre diversi progetti di legge presentati da altrettanti gruppi trasversali di deputati. Mentre il voto finale è previsto per il mese di giugno o luglio – cioè prima della pausa estiva -, quello che accomuna le tre proposte è che mantengono in linea di massima il divieto della PID. Due delle tre prevedono però delle deroghe.

Ad appoggiare il disegno di legge che respinge il ricorso alla tecnica sono tra gli altri la cancelliera democristiana Angela Merkel (CDU), il capo gruppo della frazione dell’Unione (CDU-CSU) nel Bundestag, Volker Kauder, l’ex ministro socialdemocratico della Sanità, Ulla Schmidt, e il vice presidente del Bundestag, Katrin Göring-Eckardt (Verdi).

Un secondo progetto è sostenuto da Ulrike Flach, vice capo gruppo della FDP (liberali), Peter Hintze (CDU), sottosegretario all’Economia, Carola Reimann, esperta in temi di sanità della SPD, e Petra Sitte, vice capo gruppo della Linke (La sinistra). Mantiene il divieto della PID ma prevede varie eccezioni, come nel caso di una predisposizione dei genitori, la possibilità di un aborto o che il bambino nasca morto. Decisiva è la gravità della malattia o malformazione ereditaria e il criterio della probabilità. Per evitare abusi, la proposta prevede una consulenza specialistica obbligatoria, il via libera da parte di una commissione etica e il consenso scritto della donna. E la PID potrà essere realizzata solo presso centri autorizzati.

Il terzo progetto di legge, che ha l’appoggio dei deputati René Röspel (SPD), Priska Hinz (Verdi) e Patrick Meinhardt (FDP), conferma a sua volta il divieto ma permette la diagnosi genetica in condizioni molto circoscritte, in particolare quando la sopravvivenza del feto non è garantita o quando il nascituro non supererebbe il primo anno di vita, come nel caso di bambini affetti dalla trisomia 13 (la sindrome di Patau). Il criterio decisivo qui non è la gravità della patologia tras
messa ma la previsione di sopravvivenza.

L’esito del dibattito si preannuncia incerto. Le pressioni a favore di un’autorizzazione della PID “con paletti” sono forti. Nel corso delle ultime settimane, varie rinomate accademie scientifiche si sono espresse a favore della tecnica, fra cui l’Accademia Nazionale delle Scienze Leopoldina. A fine febbraio anche una commissione scientifica dell’Ordine dei Medici Tedeschi (Bundesärztekammer o BÄK) aveva auspicato in un “memorandum” ampie deroghe alla proibizione della PID.

Un’insolita iniziativa contro la PID è stata lanciato invece di recente da due esponenti delle grandi Chiese. In una lettera congiunta inviata a tutti i ministri federali e a molti deputati dell’Assia, il vescovo di Fulda, monsignor Heinz Josef Algermissen, e il vescovo della Chiesa evangelica del Kurhessen-Waldeck, Martin Hein, hanno preso le difese degli embrioni concepiti in vitro. Ciò che turba profondamente i due vescovi è che “l’embrione che presenta dei danni genetici deve morire” (Die Tagespost, 4 marzo).

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ZENIT Staff

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