L’arte irachena e il cambiamento democratico

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di Habeeb Mohammed Hadi Al-Sader*

ROMA, martedì, 8 marzo 2011 (ZENIT.org).- Un sentimento di stupore e magnificenza mi ha sorpreso nel fruire delle opere innovative dell’artista (Ammar Khalil). Lo immagino mentre afferra il suo incisivo scalpello come un monaco che resta in adorazione di fronte all’altare dell’arte…a rimirare i segreti di questo vasto universo, immergersi nei dettagli della vita, esplorare le sue verità con l’umiltà dell’asceta e l’introspezione dell’artista.

Egli ha davvero meravigliato il nostro gusto, con la sua preziosa produzione artistica. Non c’è da stupirsi: gli artisti sono la coscienza della Nazione e la sua voce interiore, sono la riserva delle sue speranze e il libro delle sue memorie storiche. Sono la sua fantasia accesa, il suo ricco senso artistico.

Chi resta tra le sponde della poesia e dell’arte, diffonde il suo affetto e bagna le sue passioni con la nostalgia, per far nascere una poesia o un quadro dal contenuto iracheno, dalle forme patriottiche. Come se i nostri artisti e poeti attendessero un Paradiso per la libertà, da cui cade un idolo, per poi aprirsi i loro sensi, come un fiore che respira di nuovo, dopo aver visto i propri sogni accatastarsi dietro le sbarre dell’oppressione, dell’incuria, della estraneità. Dopo magri decenni …

Ecco le loro visioni represse, che fluttuano in uno spazio di libertà come una bianca colomba: è il loro pennello in prenda all’amore, che abbandona le proprie pene e il proprio silenzio. Ecco la vostra Ambasciata, che è la vostra casa, che apre le sue braccia e i suoi porti perché si riposino le vostre abilità artistiche, e scendiate nelle sue ospitali amenità ai confini dell’affetto, perché si accendano i vostri sentimenti e la vostra vera anima irachena.

Mentre il vostro scalpello si appresta a scolpire le forme della cara Patria la sua grande opera si sforzano i seguaci dell’odio e dell’oscurantismo di lanciare contro le vostre innocenti speranze scampoli di parole, per lordarle di rosso scuro, il rosso del puro sangue iracheno versato a tradimento, vilmente e ingiustamente.

Ma voi avete posato per sempre il vostro anelito iracheno nel giardino della dignità di patria fedele alla causa, perché fiorisca tra i canti dei monti e i grappoli delle passioni, i lamenti dolci delle canne, i sospiri delle palme, i collari dei gelsomini. Ecco il giardino che contiene quanto più alto può offrire la coscienza e la passione irachene.

L’Ambasciata guarda a quel giorno in cui riempirete i vostri cesti di raccolti iracheni, delle rose delle sue gote e delle opere dei suoi giardini, fino a fasciare le sue ferite aperte e sanguinanti con i gigli delle vostre tenere parole, e l’hennè delle vostre arti nobili.

Voi sapete come rinominare le cose secondo il loro nome, i visi secondo i loro tratti, veder spuntare la storia mentre risorge tra le pupille del vostro Iraq, per raccogliere con i vostri scalpelli quanto distrutto dalle vanità. Con la vostra coscienza, voi date aiuto a chi è generoso, e rendete il vostro previsto ritorno nelle sue braccia una vera stagione di festa, una conferma di identità, un rafforzamento della vostra appartenenza.

Così è l’arte, signore e signori: essa ci colora la vita con il pennello della speranza, disegna la notte di chi viene con strade che cercano gambe prostrate, unite dall’amore della Patria afflitta, cui è promessa una vita nuova. Essa, con tutto il suo amore, reinventa i termini pregni dell’odore della morte e li trasforma in quadri ricolmi di vita.

Quanto a te, o mio signore, o Iraq.. o Monaco Paziente che combatti fiero…hai donato al mondo ogni poesia e arte e scienza e legge e civiltà…hai dato per lui natali ad al Mutanabbi, al Kindi, al Gahiz, al Gawahiri, a Jawad Salim e Ar-Rahhal, e a tanti altri…

Dimmi, mio signore: cosa ti ha dato in cambio questo mondo? …Ti ha dato Tamerlano, Hulagu, al-Zarqawi e Abu Ayyub Al-Masri, e migliaia di quei criminali tiranni e retrogradi…ti ha inviato il loro odio ripieno di trappole, e il loro cieco rifiuto dell’altro, la loro morte seminata sulle tue strade timorose di Dio. Non disperare mio signore…è soltanto la prova cui vengono sottoposte le Nazioni ricche di storia, che nascono dal ventre dell’unicità, e si sdraiano sulle sponde dell’eternità…l’alba felice è prossima, senza dubbio, a Dio piacendo.

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*Habeeb Mohammed Hadi Al-Sader è Ambasciatore dell’Iraq presso la Santa Sede.

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ZENIT Staff

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