Fine vita e dignità della persona

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ROMA, martedì, 8 marzo 2011 (ZENIT.org).- Ripubblichiamo di seguito un articolo apparso sul sito ufficiale dell’Azione Cattolica a firma del dott. Franco Balzaretti, Segretario Nazionale AMCI  – Associazione Medici Cattolici Italiani.

 

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I notevoli e straordinari progressi in campo medico-scientifico degli ultimi decenni hanno profondamente trasformato la medicina moderna, ed uno dei cambiamenti più significativi riguarda il rapporto fiduciario fra medico e paziente. Si sta sempre più diffondendo l’idea secondo cui il medico – come ogni altro professionista – deve essere solo un prestatore d’opera, un mero esecutore, che deve offrire le sue prestazioni professionali, senza giudicare o mettere in alcun modo in discussione le richieste dei suoi pazienti. In passato il nascere, il vivere, il soffrire e il morire erano illuminati dalla fede e dai valori dell’amore e solidarietà cristiana. Oggi certi valori sembrano spazzati via dal vento impietoso del secolarismo, e si cercano nuovi significati (esoterici, utopistici, economici etc…), che nulla hanno a che fare con la visione cristiana della vita. In questo contesto si cerca di pianificare e di programmare tutto: la gioia, il dolore, la vita e la stessa morte che viene, sempre più esorcizzata, eclissata e, al tempo stesso, tecnicizzata. Di fronte al dolore, alla sofferenza e alla morte l’opinione pubblica si è quasi assopita in un’indifferenza disumana!

Anche perché quando siamo sani nutriamo ogni giorno una sorta di illusione: che la malattia e ancor più la morte siano ombre che toccano la vita degli altri e mai la nostra. E così facciamo fatica a metterci nei panni di chi è veramente ammalato; facciamo fatica a pensarci in una corsia di ospedale ad aspettare una diagnosi infausta o di essere sottoposti ad un intervento. Ma quando poi immaginiamo questi momenti di vita, che presto o tardi toccano quasi a tutti, insorge prepotente un desiderio: quello di essere trattati con umanità, con cuore, con amore.

Per cui focalizziamo ora la nostra attenzione sul tema del fine vita. Di per sé il problema dell’eutanasia potrebbe, paradossalmente, rappresentare un falso problema. Anche perché, non solo la Chiesa, ma anche i vari medici, operatori sanitari, addetti ai lavori, e soprattutto la stragrande maggioranza della gente e dei partiti politici si dichiarano sostanzialmente contrari sia all’eutanasia che all’accanimento terapeutico.
Per cui ci domandiamo: ma allora perché in questi ultimi mesi si sono scatenate tante discussioni ed aspre polemiche, riguardo alla legge sulle Dichiarazioni Anticipate di Trattamento (DAT), meglio conosciute come Testamento Biologico? Evidentemente c’è qualcosa che ci sfugge! Forse si sta creando una sorta di campagna a favore dell’eutanasia, sotterranea (anche se non troppo), ben organizzata, sistematica, capillare, con un chiaro coinvolgimento di diversi mezzi di informazione e con la complicità di alcuni addetti ai lavori!

Si vorrebbe forse partire dalla legge sul Testamento Biologico, che in base alle attuali proposte potrebbe essere accettabile, almeno da un punto di vista teorico (ma lo sarà poi nella pratica?) per arrivare poi ad un’introduzione dell’eutanasia. Ed, infatti, c’è già chi propone di introdurre, nelle dichiarazioni anticipate, anche la sospensione di alimentazione ed idratazione: in pratica far morire di sete e di fame un individuo, come è successo per Terry Schiavo prima ed Eluana Englaro poi. Passando per il caso Welbi in cui è stata addirittura sospesa la respirazione artificiale. In pratica si rivendica la libertà, il diritto di scegliere come e quando morire.
Alla luce di questa palese contraddizione è quindi necessario fare un po’ di chiarezza. Anche perché si avverte la sensazione che dietro a tutta la pretestuosa difesa della libertà di decidere (una strana libertà quella di morire!), ci siano ben altri interessi, altro che il bene dei pazienti. I pazienti li conosciamo bene noi medici, siamo noi (non alcuni noti editorialisti ed opinionisti) che stiamo accanto a loro per condividere le loro ansie e paure, anche la paura di morire; perché in effetti tutti hanno paura eppure mai nessuno ci chiede di morire.<br>È proprio indispensabile una legge su questa materia tanto delicata?

Per rispondere a questa domanda non voglio impostare il mio discorso sulla base dei principi cattolici e dei documenti della Chiesa, anche se ad essi ispiro, con convinzione, i miei comportamenti e la mia stessa vita. 
Parlo quindi, in questo caso, più che come cattolico, come medico. Un medico che nel suo lavoro di tutti i giorni si è spesso dovuto confrontare con il dolore, con la sofferenza fisica e morale, con le ansie, le paure, e ovviamente con la morte.

Come ho già sottolineato prima, l’idea del testamento biologico potrebbe, in teoria, sembrare utile e positiva, ma nella pratica risulta poi fallimentare, in quanto svuota la medicina e la società stessa del rapporto personale e del contatto umano, creando un solco sempre più ampio tra medico e paziente, senza peraltro offrire maggiori garanzie ai pazienti, rispetto a quanto già previsto dagli ordinamenti legislativi; ecco perché nei paesi dov’è in vigore, viene sottoscritto solo da una piccola minoranza.

Per cui, io personalmente, sono sempre stato contrario all’idea di una legge sul fine vita. Tuttavia proprio il dramma di Eluana mi ha indotto a cambiare idea. È stata infatti proprio l’assenza di una legge specifica a consentire, ad alcuni magistrati, una sorta di legalizzazione dell’eutanasia, consentendo la sospensione dell’alimentazione e dell’idratazione.

Ed ecco che, a questo punto, mi sono dovuto ricredere, per cui oggi ritengo che una legge, una buona legge, non solo sia utile, ma addirittura indispensabile, per evitare il ripetersi di situazioni analoghe.
Oltretutto, dopo il caso Eluana, l’esigenza di un atto legislativo è stata votata all’unanimità. c’è stato un momento in cui tutte le forze politiche hanno ritenuto che fosse importante che si legiferasse su questo tema.
Quali sono i presupposti per una buona legge sul tema delle Dichiarazioni Anticipate di Trattamento di prossima discussione alla Camera?

Di fronte alle spinte eutanasiche di un’ideologia relativista e di economie disumane, la legge sul fine vita che verrà discussa nell’aula della Camera dovrà, da salvaguardare la professionalità del medico orientata alla salute e alla vita del paziente, rispettandone la dignità e tenendo conto delle sue indicazioni, come previsto dalla Convenzione di Oviedo e dall’articolo 32 della Costituzione.

Innanzitutto la nuova legge dovrà tener conto di un dato scientifico inequivocabile e cioè che alimentazione e nutrizione –  là dove siano utili, proporzionate e adeguate alle condizioni cliniche – sono atti di sostegno vitale. Anche perché, risulta evidente che, quando interrotte (o non instaurate), diventano esse stesse causa diretta della morte, sostituendosi alla malattia. Anche perché ciò che va sempre garantito ad un ammalato è il sostentamento ordinario di base: la nutrizione e l’idratazione, sia che siano esse fornite per vie naturali che per vie non naturali o artificiali.

Nutrizione e idratazione vanno sempre considerati atti dovuti eticamente (oltre che deontologicamente e giuridicamente) in quanto indispensabili per garantire le condizioni fisiologiche di base per vivere. Anche perché alimentarsi o dissetarsi da soli, o tramite altri, non costituiscono elementi di differenziazione nella valutazione scientifica ed etica. Inoltre, per la dignità e la deontologia professionale, il medico e sempre tenuto a prendersi cura del paziente, in ogni condizione clinica.

Dobbiamo poi ricordare anche il riconoscimento giuridico e morale dell’obiezione di coscienza del medico; una vera e propria conquista civile. Essa implica che quando una legge prevede comportamenti che causano direttamente – o
possono concorrere a causare – la soppressione della vita umana (come per aborto ed eutanasia) il medico può legittimamente rifiutarsi di applicarla. È importante anche sottolineare che si corre un rischio molto maggiore per l’abbandono, piuttosto che per l’accanimento, nella realtà concreta della professione medica ed oltretutto il medico, in base alle norme in vigore ed al codice deontologico, è sempre e tassativamente tenuto ad astenersi da pratiche di accanimento terapeutico.

Vorrei poi ribadire che le DAT non possono mai costituire un testamento vincolante per il medico curante il quale, ben attento alla relazione umana che lo lega al suo paziente, saprà sempre rispettare l’alleanza terapeutica, fondamento della professione medica, tenendo conto, nell’assunzione delle proprie inalienabili responsabilità, delle volontà espresse dal paziente.

Un altro punto controverso riguarda il ruolo del fiduciario; a mio avviso, permangono alcuni legittimi dubbi sulla figura del fiduciario, che ancora aspetta di essere ben definita dal diritto e dalla morale e che, nei Paesi che già applicano forme di testamenti biologici (living will o forme simili), ha mostrato evidenti limiti, creando ancor più confusione. Per cui è indispensabile che il parere del fiduciario non sia mai vincolante per il medico curante.
Anche perché il medico deve poter tenere conto del pro¬gresso della scienza, che si è verificato dopo la redazione delle dichiarazioni anticipate, cosa che non sarebbe possibile con la “vincolatività”.

In base a tali considerazioni si ritiene quindi che l’impianto generale della proposta di legge, già approvata dal Senato, rappresenti di per sé una base accettabile. E dobbiamo comunque considerare particolarmente prezioso ed apprezzabile lo sforzo del relatore alla Camera on. Di Virgilio, per apportare alcuni significativi miglioramenti e adeguamenti alla legge stessa (ad es. divieto assoluto di eutanasia, la non “vincolatività” delle dichiarazioni anticipate, l’estensione della legge a tutti gli incapaci di intendere etc…). Si auspica quindi di poter contare, in Parlamento, su una solida maggioranza a favore di questa proposta legge, per scongiurare significativi stravolgimenti nel corso del dibattito in aula; e questo al fine di evitare che si possa introdurre, nella legislazione italiana, una possibile tentazione di deriva eutanasica.

A questo punto qualcuno mi potrebbe domandare se io personalmente, come medico e come cattolico, potrei mai firmare un testamento biologico, con una dichiarazione anticipata di trattamento. La risposta è sicuramente no, senza alcun dubbio! Ed infatti in caso di malattia fin tanto che io potrò esprimere le mie volontà le esprimerò personalmente e, se sarò poi incosciente, a decidere saranno i miei familiari (e non un fiduciario qualsiasi) ed i medici curanti, con la speranza di essere sempre curato secondo scienza e coscienza e che non ci sia in loro la minima tentazione di omissioni o di un abbandono, ma neppure di un accanimento terapeutico.

Ed infine vorrei rivolgere l’invito ad uno sguardo un po’ più elevato. Perché chi ha il dono della fede sa bene che l’ammalato è un segno particolare della presenza dei Cristo sofferente e, alla fine della vita, non ci stupiremo di aprire gli occhi sul volto di Cristo, ma ci stupiremo forse di scoprire la sua identità e la sua presenza nei panni degli ultimi, dei più poveri ed ammalati “Ero malato e mi avete visitato”.

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ZENIT Staff

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