di padre Angelo del Favero*

ROMA, venerdì, 4 marzo 2011 (ZENIT.org).- Mosè parlò al popolo dicendo: “Porrete dunque nel cuore e nell’anima queste mie parole; ve le legherete alla mano come un segno e le terrete come un pendaglio tra gli occhi. Vedete, io pongo oggi davanti a voi benedizione e maledizione: la benedizione, se obbedirete ai comandi del Signore, vostro Dio, che oggi vi do; la maledizione, se non obbedirete ai comandi del Signore vostro Dio, e se vi allontanerete dalla via che oggi vi prescrivo, per seguire dèi stranieri che voi non avete conosciuto: Avrete cura di mettere in pratica tutte le norme e le leggi che oggi io pongo dinanzi a voi” (Dt 11,18.26-28.32).

Non chiunque mi dice: 'Signore, Signore', entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Pare mio che è nei cieli. (…) Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, sarà simile a un uomo saggio, che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ma essa non cadde, perché era fondata sulla roccia. Chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, sarà simile ad un uomo stolto, che ha costruito la sua casa sulla sabbia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa e la sua rovina fu grande” (Mt 7,21-27).

Il simbolo della pietra-roccia, evocato oggi da Gesù, è segno di quella forza, stabilità e sicurezza nella fede, che Egli stesso garantisce alla sua Chiesa: “Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa...” (Mt 16,13-19).

Tale stabilità divina è partecipata ad ogni membro della Chiesa, allo stesso modo in cui la forza di un cuore sano si trasmette efficacemente a tutti gli organi del corpo. Perciò il credente può vivere costantemente nella pace del cuore, nonostante le continue e profonde “scosse” di fatti drammatici e paurosi, nel cui epicentro si ritrova ogni volta a causa dei mezzi della comunicazione.

Per lo più, tuttavia, è a livello familiare e personale che si vivono situazioni ed eventi tali da investire il cuore con la forza di un vento che abbatte, trascinandolo via dalla sua pace come un fiume straripato si porta via una capanna. Perfino nell’età anziana, non di rado, la vita in famiglia è esposta ad un quotidiano, tormentoso soffio di venti contrari. Altre volte è la memoria di un fatto passato che continua ad allagare l’anima, mentre la coscienza tormentata non riesce a liberarsi dal turbamento.

Uno di questi fatti può essere un aborto volontario.

Anche a tutte queste vittime di colpevoli uragani spirituali, Gesù dice oggi: “Chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica sarà simile ad un uomo saggio che ha costruito la casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi.., ma essa non cadde, perché era fondata sulla roccia” (Mt 7,24-25).

E’ Dio che ha costruito la casa del nostro cuore, e solo Lui è perfettamente in grado di ricostruirla, se veramente ascoltiamo la sua Parola. Se un tempo il “no alla vita” ha fatto cadere la casa, molto più il “Sì alla vita” di Cristo la può ricostruire! Dobbiamo solo credere che “dove abbondò il peccato, sovrabbondò la grazia” (Rm 5,20).

E’ perciò necessario che, come spada nella roccia, la vita venga saldamente piantata nella Parola di Dio.

Nella sua incarnazione il Figlio di Dio ha proferito per noi tutti il “Sì alla vita”, come un consenso nuziale di unione con la natura umana. Questo “” è ora per noi una “Parola viva, efficace, più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito..e discerne i sentimenti e i pensieri del cuore” (Eb 4,12): significa che può realmente penetrare nell’anima, cioè nella persona, rigenerandola a livello della coscienza, della memoria, dei sentimenti, della volontà e della ragione.

Grazie all’ascolto assiduo della Parola, tutto il mio io diventa una spugna intrisa della vita di Gesù: “Non vivo più io, ma Cristo vive in me”(Gal 2,20). In tal modo, non ostante le macerie del passato, la mia vita torna ad essere un “sì”, poiché Gesù mi fa abitare in una casa a prova di uragano e di terremoto: il Suo sacratissimo Cuore.

Mosè oggi raccomanda: “Porrete nel cuore e nell’anima queste mie parole, ve le legherete alla mano come un segno e le terrete come un pendaglio tra gli occhi” (Dt 11,18): si tratta di un riferimento alla coscienza, chiamata a discernere il bene dal male con lo sguardo illuminato e illuminante della Parola divina, e ad operare di conseguenza con la volontà pratica, “mano” della ragione.

La Legge di Dio è posta nel cuore dell’uomo come una “roccia” in grado di assicurare stabilità a tutta la vita. Essa sta dentro di lui come voce della coscienza morale “incisa” nel nastro dell’essere dal suo Creatore e Signore. E’ questa una voce “vincolante”, non nel senso di una costrizione divina sulla volontà, bensì come libero invito a percorrere l’unica via necessaria per ottenere la benedizione divina, in alternativa alla sicura maledizione dovuta al rifiuto di ascoltarla. Il vincolo sta nella conoscenza, la quale “obbliga” a decidere per il vero bene, come l’occhio deve dischiudere le palpebre se vuole far entrare la luce.

Similmente a Mosè, Benedetto XVI ha recentemente affermato: “La tematica della sindrome post-abortiva...rivela la voce insopprimibile della coscienza morale, e la ferita gravissima che essa subisce ogni qualvolta l’azione umana tradisce l’innata vocazione al bene dell’essere umano, che essa testimonia.(…) E’ infatti il compito della coscienza morale discernere il bene dal male nelle diverse situazioni dell’esistenza, affinchè, sulla base di questo giudizio, l’essere umano possa liberamente orientarsi al bene.(…) Nella coscienza morale Dio parla a ciascuno e invita a difendere la vita umana in ogni momento. In questo legame personale con il Creatore sta la dignità profonda della coscienza morale e la ragione della sua inviolabilità” (Discorso alla Pontificia Accademia per la Vita , 26 febbraio 2011).

Al riguardo, il Papa si è rivolto in particolare ai medici, esortandoli “non venir meno al grave compito di difendere dall’inganno la coscienza di molte donne che pensano di trovare nell’aborto la soluzione a difficoltà familiari, economiche, sociali o a problemi di salute del loro bambino”.

Come quelle di Cristo da cui provengono, queste parole sono in grado di trasformare la sabbia in roccia, perché la vita torni ad essere positiva e felice come il “sì”, e lo sia per sempre nell’ascolto costante e consolante del Maestro che parla al cuore.


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* Padre Angelo del Favero, cardiologo, nel 1978 ha co-fondato uno dei primi Centri di Aiuto alla Vita nei pressi del Duomo di Trento. E' diventato carmelitano nel 1987. E' stato ordinato sacerdote nel 1991 ed è stato Consigliere spirituale nel santuario di Tombetta, vicino a Verona. Attualmente si dedica alla spiritualità della vita nel convento Carmelitano di Bolzano, presso la parrocchia Madonna del Carmine.