di Paul De Maeyer
ROMA, mercoledì, 2 marzo 2011 (ZENIT.org).- Aveva ricevuto nell’arco degli ultimi mesi già varie volte minacce di morte. Le ultime nei giorni scorsi, come ha confermato il suo segretario secondo l’Associated Press of Pakistan (APP). E i suoi numerosi nemici hanno messo in atto le loro minacce con brutale efficacia.
Questo mercoledì mattina è stato ucciso infatti nella capitale pachistana di Islamabad in un agguato il ministro federale per le minoranze religiose, il cattolico Shahbaz Bhatti, 42 anni. Secondo le prime informazioni raccolte dalle agenzie AsiaNews e Fides, il ministro era uscito senza scorta dalla sua residenza nel quartiere o settore I-8/3 per recarsi in ufficio, quando la sua macchina è stata fermata da un gruppo di uomini armati, dal volto coperto, che viaggiavano a bordo di un’altra auto. Hanno tirato la loro vittima fuori dall’automobile e cominciato a sparare all’impazzata per circa due minuti, crivellando il ministro con una trentina di colpi. Mentre gli attentatori si sono allontanati subito, l’autista di Bhatti ha fatto una disperata corsa al più vicino ospedale, Al-Shifa, ma per il ministro non c’è stato più nulla da fare.
Anche se l’attentato non è stato ancora ufficialmente rivendicato, sul luogo sono stati trovati volantini firmati dal gruppo Tehrik-i-Taliban-Punjab, un movimento estremista con legami con i talebani dell’Afghanistan. Bhatti era finito nel mirino dei fondamentalisti per aver preso le difese di Asia Bibi, la donna e madre cristiana condannata a morte nel novembre scorso per presunto oltraggio al profeta Maometto, per aver appoggiato la campagna a favore dell’abolizione della molto controversa legge sulla blasfemia e per aver condannato l’assassinio di Salman Taseer, il governatore della provincia del Punjab ucciso il 4 gennaio scorso dalla propria guardia del corpo. Nel dicembre scorso, Bhatti aveva ricevuto una “condanna a morte” da un’altra organizzazione terrorista, Laskar-e-Toiba, “perché complice di blasfemia” (Fides, 4 dicembre 2010).
Nel recente rimpasto di governo, il ministro Bhatti era stato confermato nel suo incarico dal presidente del Pakistan, Asif Ali Zardari. Intervistato dall’agenzia Fides (12 febbraio), Bhatti aveva definito la decisione “un chiaro segnale di attenzione del governo verso le minoranze religiose”. “Grazie alle benedizioni di Dio e alle preghiere di tanti fedeli sono stato confermato. Sono felice in questo senso: i partiti religiosi e i movimenti estremisti avevano esercitato forti pressioni sul governo per abolire il Ministero per le Minoranze, ma il Presidente del Pakistan e il Primo Ministro hanno resistito e, per il bene comune della nazione, hanno scelto di mantenere il Ministero”, aveva dichiarato.
Il ministro era ben consapevole che la sua conferma avrebbe irritato la galassia fondamentalista islamica. “La mia nuova nomina creerà certo proteste e malumori in molti estremisti islamici – aveva affermato –. Ma la mia battaglia continuerà, nonostante le difficoltà e le minacce che ho ricevuto. Il mio unico scopo è difendere i diritti fondamentali, la libertà religiosa e la vita stessa dei cristiani e delle altre minoranza religiose. Sono pronto a ogni sacrificio per questa missione, che assolvo con lo spirito di un servo di Dio. Ringrazio tutti coloro che hanno pregato per me e che mi hanno sostenuto”.
Solo due settimane prima della sua conferma, Bhatti si era autodefinito “un uomo che ha bruciato le sue navi: non posso e non voglio tornare indietro in questo impegno. Combatterò l’estremismo e mi batterò per la difesa dei cristiani fino alla morte” (Fides, 28 gennaio).
Shahbaz Bhatti era nato il 9 settembre del 1968 in una famiglia cristiana del villaggio di Khushpur, nella diocesi di Faisalabad, nella provincia del Punjab. Dopo i suoi studi, il futuro ministro scelse nel 2002 la strada della carriera politica all’interno della formazione oggi al potere, il Pakistan People’s Party (PPP). Le sue capacità attirarono quasi subito l’attenzione dei vertici del partito, specialmente di Benazir Bhutto. Come ricorda AsiaNews, Bhatti viaggiava insieme alla Bhutto al momento dell’attentato, nel quale rimase uccisa il 27 dicembre 2007 l’ex primo ministro e moglie dell’attuale presidente Zardari, ritornata in patria dal suo esilio volontario appena due mesi prima.
Il ministro ucciso quest’oggi era noto soprattutto per il suo impegno per le fasce più discriminate e per i diritti umani nel suo Paese. Bhatti era stato infatti uno dei fondatori dell’All Pakistan Minorities Alliance (APMA), era inoltre il fondatore e il presidente del Christian Liberation Front (CPF), e anche il direttore esecutivo del Pakistan Council for Human Rights (PCHR). Aveva inoltre ricevuto vari premi, fra cui nel settembre scorso il Premio Internazionale della Pace 2010 “Simbolo della Pace”.
Le reazioni di condanna per l’uccisione del ministro non si sono fatte attendere. “Condanniamo l’assassinio del ministro cattolico per le Minoranze religiose, Shahbaz Bhatti – ha detto a Fides l’arcivescovo di Lahore e presidente della Conferenza Episcopale del Pakistan (PEC), monsignor Lawrence Saldanha -. Siamo molto tristi e deploriamo questo gesto contro la vita. Si tratta di un perfetto, tragico esempio dell’insostenibile clima di intolleranza che viviamo in Pakistan. Chiediamo al governo, alle istituzioni, a tutto il paese, di riconoscere e affrontare con decisione tale questione, perchè si ponga fine a questo stato di cose, in cui la violenza trionfa”.
Per il vescovo di Faisalabad e vice presidente della PEC, monsignor Joseph Coutts, “l’omicidio del Ministro Bhatti è una grande tragedia, non solo per i cristiani del Pakistan, ma per tutto il paese, in quanto era un ministro federale. Il mese scorso è stato ucciso il governatore del Punjab, un musulmano, oggi Bhatti. Siamo allarmati: è il segno del fanatismo che colpisce in modo indiscriminato tutti coloro che sono impegnati nella difesa della verità, della giustizia e della pace” (Fides, 2 marzo).
“È un giorno triste e amaro non solo per le minoranze, ma per l’umanità intera”, così ha dichiarato il vescovo di Islamabad-Rawalpindi, monsignor Rufin Anthony. “Il ministro viveva sotto costante minaccia e il governo non ha saputo garantirgli un’adeguata sicurezza”, ha aggiunto il presule, secondo quanto riferisce l’agenzia AsiaNews.
Commossa e sdegnata la reazione di Peter Jacob, segretario della Commissione “Giustizia e Pace” dei vescovi pachistani ed amico personale del ministro assassinato. “Siamo in uno stato di shock e di panico: la comunità cattolica, tutti i cristiani, sono traumatizzati da questo ennesimo omicidio. Ci sentiamo frastornati e indifesi. Questo omicidio vuol dire che il paese è in balia dei terroristi, che possono permettersi di uccidere personalità di rango così elevato", ha detto a Fides.
Da parte sua, il presidente del Pakistan, Zardari, ha parlato di un “atto scellerato” (APP). Secondo la sua assistente e portavoce, Farahnaz Ispahani, l’uccisione di Bhatti fa parte di una “campagna concertata per sopprimere ogni voce progressista, liberale e umanitaria in Pakistan”. “È venuto il momento – così ha detto – per il governo nazionale e per i governi federali di parlare chiaro, e di prendere una posizione ferma contro questi assassini per salvare l’essenza stessa del Pakistan” (AsiaNews).
La morte di Bhatti pone infatti tutta una serie di interrogativi: perché, ad esempio, questa mattina il ministro uscendo di casa non aveva la scorta. Ma la domanda fondamentale è questa: chi governa oggi in Pakistan e qual è il futuro delle varie minoranze religiose, che hanno perso con l’uccisione di Bhatti un coraggioso ed infaticabile difensore?