di Rafael Navarro-Valls*
ROMA, mercoledì, 2 marzo 2011 (ZENIT.org).- Esiste una diffusa visione del matrimonio che tende a separare il diritto dall’unione coniugale, riducendo quest’ultima a un fenomeno esclusivamente o prevalentemente sociologico. Secondo questa visione, la regolamentazione del matrimonio dovrebbe essere adattata, non a ciò che il matrimonio è in se stesso, ma a come è secondo determinate visioni sociologiche provenienti da minoranze più o meno estrose.
Questa visione “pansociologica”, scollegata dal diritto, ha portato a profondi mutamenti nella stessa struttura dell’unione tra uomo e donna, fino ad arrivare all’attuale disordine assiologico. Secoli fa, Platone profetizzava nella sua “Repubblica” che: “prima, si insinua in modo inosservato il disvalore per la legge morale nell’arte e la musica, sotto forma di gioco innocente e gradevole, per infiltrarsi poco a poco nei costumi e nelle abitudini, finché non arriva spudoratamente alle leggi e ai decreti”.
Così, per esempio, le leggi che permettono il divorzio unilaterale senza condizioni (il cosiddetto “divorzio espresso”) hanno un’importante influenza sul modo in cui i cittadini finiranno per avvalorare o non avvalorare i propri impegni personali. Queste leggi non solo alterano il processo di disimpegno (rendendolo trivialmente facile), ma svalutano anche il processo di avvio del matrimonio, disprezzandone l’aspetto trascendente. Il saggio consiglio di Benjamin Franklin: “Tieni gli occhi spalancati prima del matrimonio, semichiusi dopo”, si trasforma oggi in: “non importa cosa fai”, poiché si tratta di un rapporto senza troppe ripercussioni pratiche.
Di fronte a questa visione, Benedetto XVI ha evidenziato, nel suo recente discorso rivolto al Tribunale della Rota Romana (22 gennaio 2011), la solida base giuridica dell’unione coniugale, ovvero “la sua appartenenza per natura all’ambito della giustizia nelle relazioni interpersonali”. Ciò implica, tra l’altro, che la missione del giurista è quella di contribuire alla creazione di un ambiente sociale propizio all’attuazione di una politica che favorisca il mantenimento dell’unione della famiglia e che consenta alle famiglie di occuparsi adeguatamente dei propri figli.
Ma la responsabilità non è solo dei giuristi. Accanto a loro, i leader politici, i mezzi di comunicazione, le reti e i programmi televisivi, hanno tutti una grande incidenza nel mantenere unite le cellule che strutturano il tessuto sociale. Non si tratta di definire un’ulteriore alternativa tra i diversi stili di vita, di costituire un foro in cui negoziare i diritti, né di elevare barriere contro la vita sessuale promiscua o di elaborare montagne di calcoli sui costi e i benefici. Si tratta di rafforzare un impegno. E in questo impegno i giuristi devono avvertire che la smitizzazione delle norme giuridiche poste a tutela del matrimonio portano troppo spesso alla smitizzazione del matrimonio stesso, ovvero a concepire il matrimonio semplicemente come un fatto culturale in perpetuo cambiamento e non come una relazione naturale e stabile.
Il diritto canonico, a cui si riferisce Benedetto XVI nel citato discorso, contempla il matrimonio da questa ultima prospettiva. E offre all’umanità la sua visione, affermando che il matrimonio, disegnato dalla natura e riflesso nelle norme che si radicano nel Cristianesimo, non è una reliquia da contemplare, come fa il medico legale davanti a un bel cadavere. Al contrario, nel libero mercato delle offerte sociali, esso rappresenta un punto di riferimento essenziale, costruito sulla dignità della persona umana.
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*Rafael Navarro-Valls è docente della Facoltà di diritto dell’Università Complutense di Madrid e segretario generale della Real Academia de Jurisprudencia y Legislación spagnola.