di Chiara Santomiero
ROMA, martedì, 1° marzo 2011 (ZENIT.org).- “Un ministro umile e audace dell’incontro con Cristo”: questo il ricordo di mons. Luigi Giussani nelle parole dell’arcivescovo di Milano, il cardinale Dionigi Tettamanzi, in occasione della celebrazione eucaristica tenutasi il 28 febbraio nel duomo di Milano, nel sesto anniversario della morte del fondatore di Comunione e Liberazione e nel ventinovesimo del riconoscimento pontificio della Fraternità di CL.
“La vita cristiana – ha affermato Tettamanzi – non è semplice idea, o precetto, o iniziativa, o struttura od organizzazione, ma nella sua essenza originaria è incontro personale con Cristo”.
“Affascinato e conquistato”, don Giussani null’altro ha fatto nella sua vita che mettersi al servizio di questo incontro “affascinando a sua volta e conquistando a Cristo le persone e le realtà che ha trovato sul suo cammino”.
“Nel fondo di ogni cuore umano – ha proseguito Tettamanzi commentando la lettura tratta dal Libro della Sapienza – Dio pone un desiderio d’infinito che niente e nessuno possono totalmente estirpare”. Questo è vero per l’uomo di oggi e di sempre anche quando questi “sembra non desiderare e cercare nulla” e “si presenta stanco e disinteressato verso la realtà, chiuso in se stesso e imprigionato da meschini interessi”.
“Chi dunque o che cosa – ha chiesto l’arcivescovo di Milano – può ridestare in noi il desiderio, l’aspirazione, il bisogno di una sapienza che ci apra al vero senso del vivere e dell’amare, del lavorare e del riposare, del soffrire e del morire?”.
“La mancanza di conoscenza e condivisione di questo ‘senso’ fondamentale – ha aggiunto il cardinale – è il problema culturale primo e decisivo per il nostro presente e il nostro futuro”. E la risposta a questa “insostenibile carenza” non può essere che “una persona viva, concreta, incontrabile, sperimentabile: Cristo Gesù”.
“Noi tutti – ha affermato Tettamanzi rivolto alla Fraternità di CL presente in duomo insieme al presidente, don Julian Carron e all’assistente diocesano don Adelio Dell’Oro – intuiamo la ricchezza di grazia e di responsabilità della fede cristiana” che ha “Cristo, il suo Vangelo, la sua Chiesa, quali criteri interpretativi della realtà”.
In una società e in una cultura in cui si confrontano le logiche profondamente contrastanti di “dominio e servizio, egoismo e altruismo, possesso e dono, sfruttamento e benevolenza, interesse e gratuità”, l’esempio del dono totale di sé di Cristo sulla croce “deve essere in noi principio, stimolo e forza per una ‘fede che opera nella carità’”.
“Ci è chiesto sì perentoriamente – ha proseguito il cardinale – di operare, di intraprendere, di far fruttificare i talenti che la natura e la grazia ci offrono, di saper incidere nella molteplice realtà sociale e culturale e politica, di essere protagonisti dello sviluppo integrale dell’uomo e del mondo… ma tutto questo sempre e solo operando con la logica di Cristo e non quella del mondo”.
L’essere “in Cristo”, infatti, dice “la spiritualità che deve alimentare tutto di noi stessi: i nostri pensieri e sentimenti, le nostre scelte e azioni, il nostro silenzio e la nostra parola, il momento della gioia e quello della sofferenza, il successo e la fatica”.
“Il segreto della vita cristiana – ha affermato l’arcivescovo di Milano citando lo stesso Giussani – sta nel vivere con Gesù”. “Uno che legge tutti i giorni il vangelo – ha concluso Tettamanzi riportando un passo di Si può vivere così di Giussani -, uno che fa la comunione tutti i giorni, uno che dice ‘Vieni, Signore!’, uno che guarda certi suoi compagni per i quali è diventato più abituale questo, può incominciare a sentire cosa voglia dire vivere con Lui. Vivere con Lui si può dire in altro modo: vivere come Lui”.