Perché dobbiamo ritornare a Cristo

di padre Piero Gheddo*

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ROMA, venerdì, 22 ottobre 2010 (ZENIT.org).- Quando nel periodo natalizio il servo di Dio Marcello Candia (1915-1983) dall’Amazzonia ritornava in Italia, era spesso invitato a parlare alla televisione italiana. A Milano abitava con noi nel nostro Centro missionario e io lo accompagnavo in questi incontri e interviste. Una volta, alla TV della Rai il giornalista che lo presenta dice: “Ecco l’industriale Marcello Candia, che ha consacrato la sua vita ai poveri e ai lebbrosi, ha venduto le sue industrie ed è andato in missione per aiutarli”. Il grande amico Marcello sorridendo aggiunge: “Sono andato in Amazzonia per amore di Cristo, mi sono consacrato a Cristo: poi per amore di Lui, amo tutti i poveri e i lebbrosi che incontro”.

Può sembrare un aneddoto di scarso valore attuale. Invece sintetizza bene il significato della Giornata missionaria mondiale (domenica 24 ottobre), che ogni anno ci ricorda la “missione alle genti”, cioè ai non cristiani, finalità primaria della Chiesa fondata da Cristo: l’annunzio della salvezza in Cristo. Questo scopo è ben noto fin dal tempo degli Apostoli, però è urgente e importante richiamare questa verità, perché è facile che si passi dalla finalità religiosa della missione ad un’altra di carattere sociale e umanitario. Questo perché nel nostro tempo è Cristo che dà fastidio, non il suo messaggio di amore, di pace, di fratellanza e solidarietà umana.   

Una certa corrente di pensiero teologico sulla missione alle genti è dimostrata da quanto scrive, ad esempio, un teologo cattolico indiano: “Ciò che è necessario con urgenza non è tanto di fare cristiani gli indiani, quanto di cristianizzare l’India nel senso di trasformare la società indiana in generale mediante i valori evangelici…. Il che significa che dobbiamo effettuare uno spostamento non solo dalla Chiesa a Cristo, ma anche da Cristo al Regno che egli ha proclamato”. Insomma, dov’è la logica? Il Regno va bene, ma il Re non lo vogliamo!  

E’ una mentalità diffusa sia fra i non cristiani che fra i cristiani. I valori del Vangelo sono  diventati patrimonio comune e almeno in teoria recepiti da tutti: chi oggi dice di volere la guerra? Nessuno. Chi dichiara di volere la violenza sull’uomo, la rivoluzione violenta, il terrorismo? Nessuno. Chi vuole l’ingiustizia sociale e l’oppressione dei poveri? Nessuno o, per lo meno, nessuno lo dice, segno che la cultura comune del popolo italiano ha metabolizzato “i valori del Vangelo”. Ma Gesù ha dichiarato che tutto questo è un dono di Dio e si può realizzare solo nell’amore e nell’obbedienza a Dio, nell’osservanza dei suoi Comandamenti, secondo l’esempio che lui ci ha dato. Questo dà fastidio. Nel nostro mondo secolarizzato, c’è stata anche la “secolarizzazione della salvezza”. Per cui si accetta il messaggio, ma non il messaggero; si accettano i “valori” del Vangelo, ma non il Vangelo nella sua interezza.  

Il tentativo di evangelizzare senza Cristo lo fece Paolo ad Atene proclamando il Dio sconosciuto (At. 17, 16-34). Ma una volta sola, poi decise di predicare solo Cristo crocifisso: “Gli ebrei vorrebbero miracoli, i greci si fidano solo della ragione, noi invece annunziamo Cristo crocifisso” (1 Cor 1, 22-23).  

Nella prossima Giornata missionaria mondiale va rilanciato il messaggio del Papa, che richiama “la richiesta che alcuni Greci, giunti a Gerusalemme per il pellegrinaggio pasquale, presentano all’apostolo Filippo: ‘Vogliamo vedere Gesù’ (Gv 12, 21)”. E Papa Benedetto continua scrivendo: “Anche gli uomini del nostro tempo, magari non sempre consapevolmente, chiedono ai credenti non solo di ‘parlare’ di Gesù, ma di ‘far vedere Gesù’”.  

E’ più facile interessare gli uomini del nostro tempo (e raccogliere offerte) parlando delle opere caritative e sociali delle missioni, che far riflettere sull’urgenza di portare a tutti la Buona Notizia di Gesù morto e risorto. Eppure il messaggio della Giornata missionaria è proprio questo. Tutti gli uomini e tutti i popoli hanno bisogno di Gesù Cristo, Salvatore del’uomo e dell’umanità. La missione alle genti è fondata sulla fede: se la fede è forte la missione è sentita; quando la fede si indebolisce, la vitalità della missione svanisce.       

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*Padre Piero Gheddo (www.gheddopiero.it), già direttore di Mondo e Missione e di Italia Missionaria, è stato tra i fondatori della Emi (1955), di Mani Tese (1973) e Asia News (1986). Da Missionario ha viaggiato nelle missioni di ogni continente scrivendo oltre 80 libri. Ha diretto a Roma l’Ufficio storico del Pime e postulatore di cause di canonizzazione. Oggi risiede a Milano.

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ZENIT Staff

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