La Santa Sede all'ONU: la povertà è “un insulto alla nostra comune umanità”

“Abbiamo i mezzi per porvi fine”, dichiara l’Arcivescovo Chullikatt

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di Roberta Sciamplicotti

ROMA, venerdì, 22 ottobre 2010 (ZENIT.org).- “Qualsiasi forma assuma, la povertà è un insulto alla nostra comune umanità”. E’ la denuncia lanciata dall’Arcivescovo Francis Chullikatt, Nunzio Apostolico e Osservatore Permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite, questo giovedì a New York.

Il presule è intervenuto in occasione della 65ma Assemblea Generale ONU davanti al Secondo Comitato sull’item 24, “Sradicamento della povertà e altre questioni relative allo sviluppo”.

La povertà, ha spiegato nel suo intervento, “è una realtà pluridimensionale e complessa”. Nel mondo, infatti, ne esistono molti tipi, “da affrontare in vari luoghi e a diversi livelli”.

“Nei Paesi più poveri del mondo, troviamo la povertà nella sua forma più terribile: povertà estrema o assoluta”, una condizione caratterizzata da “una grave privazione dei bisogni fondamentali, che includono, ad esempio, cibo, acqua potabile, strutture sanitarie, assistenza sanitaria di base, alloggio, istruzione, informazioni, ecc.”.

Quella che interessa i Paesi sviluppati, “nonostante molte situazioni di estrema indigenza”, è invece “una povertà ‘relativa’, che può essere considerata la mancanza di sufficienti risorse finanziarie e materiali che permettono alla popolazione di raggiungere uno standard di vita accettabile in una società e, soprattutto, rispetto alle possibilità godute da altri”.

“Qualsiasi forma assuma, la povertà è un insulto alla nostra comune umanità”, ha denunciato l’Arcivescovo.

Tutte le sue forme “incidono sulla persona umana, che viene ferita nella sua inviolabile dignità e nel godimento dei diritti umani fondamentali, a cominciare dal diritto alla vita”. “La persona umana privata delle condizioni di base per vivere decentemente è umiliata, e deve quindi essere aiutata a riprendersi”.

“Abbiamo i mezzi per porre fine alla povertà”, ha dichiarato. “Ne abbiamo la volontà? E’ questa la domanda”.

Implicazioni morali

Monsignor Chullikatt ha quindi sottolineato che la delegazione vaticana “non può ignorare le implicazioni morali della povertà”.

A questo proposito, ha esortato a ribadire l’impegno per raggiungere gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio entro il 2015, “includendo lo sradicamento dell’estrema povertà e della fame”.

Il presule ha quindi lamentato la diminuzione degli aiuti a questo scopo a causa delle crisi alimentare e dei combustibili, e soprattutto di quella finanziaria, che ha fatto sì che “molti Paesi donatori abbiano ridotto la già esigua percentuale di PIL destinata agli aiuti allo sviluppo e stiano invece indirizzando queste risorse alla stabilizzazione dei propri sistemi finanziari”.

“E’ necessario che l’assistenza allo sviluppo ai Paesi più poveri sia guidata da un principio di solidarietà globale tra Paesi ricchi e poveri, innescata da una riconoscimento comune dell’appartenenza all’unica famiglia umana”.

“Nei momenti di maggiore difficoltà, dovremmo mostrare una maggiore solidarietà”, ha commentato.

“La chiamata e la missione della Chiesa, ispirate dai principi fondamentali della Dottrina Sociale della Chiesa, soprattutto dal principio della destinazione universale dei beni sulla terra, consistono nello stare al fianco dei poveri, dar loro una voce e promuovere iniziative che li aiutino a superare la loro povertà”.

Solidarietà e sussidiarietà

L’Osservatore Permanente ha quindi ricordato che il principio di solidarietà dovrebbe sempre andare di pari passo con quello di sussidiarietà: “i poveri dovrebbero essere aiutati a intraprendere le proprie iniziative per migliorare le condizioni di vita e diventare protagonisti del proprio sviluppo”.

In caso contrario, si rischia che “il ruolo dell’iniziativa creativa sia sostituito da passività, dipendenza e sottomissione a un sistema burocratico”.

In questo contesto, diventa “cruciale” “investire nell’istruzione e nella formazione di persone, sviluppando in modo integrato una specifica ‘cultura imprenditoriale’”.

Allo stesso modo, “è urgente rendere disponibili anche ai poveri i medicinali e i trattamenti necessari per combattere pandemie come malaria, tubercolosi, tetano e Hiv/Aids, che colpiscono molte popolazioni”.

E’ inoltre importante “assicurare l’accesso dei Paesi a basso reddito ai mercati globali, senza esclusione o marginalizzazione, fornendo a questi Paesi un trattamento preferenziale”.

“Lo sradicamento della povertà non dovrebbe essere considerato un atto di carità, ma un dovere della comunità internazionale”, ha riconosciuto monsignor Chullikatt.

“A più di 60 anni dalla proclamazione e dall’adozione della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, è inaccettabile che centinaia di milioni di persone vivano ancora in condizioni disumane e siano privati del godimento dei diritti fondamentali”.

“Abbiamo i mezzi per porre fine alla povertà – ha ribadito il presule –. Dimostriamo agli scettici che abbiamo la volontà di alleviare la sofferenza di quanti non possono soddisfare i bisogni fondamentali!”.

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ZENIT Staff

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