Il Sinodo dà voce alle speranze dei cristiani del Medio Oriente

Intervista con il Relatore generale, il Patriarca Antonios Naguib

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di Tony Assaf

ROMA, giovedì, 14 ottobre 2010 (ZENIT.org).- L’Assemblea speciale del Sinodo dei Vescovi è entrata nel vivo, e i Padri sinodali stanno discutendo in modo trasparente sulle diverse questioni in ballo, nella speranza di trovare le soluzioni necessarie per sostenere i cristiani del Medio Oriente e creare comunione.

E spesso nelle discussioni i problemi politici e sociali sono impossibili da evitare a causa della loro ricaduta sulle questioni religiose.

In questa intervista con il patriarca Antonios Naguib, Relatore generale del Sinodo dei Vescovi per il Medio Oriente e Patriarca di Alessandria dei copti cattolici, affrontiamo alcuni dei temi al centro dell’Assise sinodale.

Siamo agli inizi del Sinodo. Quali sono le priorità tra le questioni sollevate?

Patriarca Naguib: Sicuramente, negli interventi degli ultimi giorni così come negli interventi liberi sono stati molti enfatizzati la presenza attiva, la presenza brillante dei cristiani e anche la comunione, non solo la comunione fra le chiese ma anche la comunione nella missione come cristiani. Su questa questione è stata fatta molta luce.

In che modo i fedeli cristiani in Medio Oriente guardano all’organizzazione del Sinodo? La speranza tra i patriarchi, i vescovi e i pastori è grande, si può dire lo stesso tra i laici e i religiosi che vivono in Medio Oriente?

Patriarca Naguib: Penso che questo dipenda dal tipo di preparazione al Sinodo che si è avuta nei singoli Paesi. E quindi, in quei Paesi dove si è assistita a una buona preparazione e partecipazione da parte dei fedeli, la speranza è grande. In Egitto in molte parrocchie, nelle diocesi, nelle istituzioni, ma anche nei movimenti e negli ordini religiosi c’è stata la piena partecipazione. E quindi ci sarà un seguito. I laici e i religiosi seguono da vicino i lavori del Sinodo ed hanno molte aspettative al riguardo. Il nostro auspicio è di riuscire a riunire le loro aspirazioni e speranze.

Pensa che la presenza di un Ayatollah iraniano, un chierico musulmano libanese e un rabbino di Gerusalemme avranno un impatto positivo durante e dopo il Sinodo?

Patriarca Naguib: Penso di sì, come è accaduto anche nei Sinodi precedenti e in generale negli incontri internazionali. La loro presenza non potrà che essere  positiva. Poiché è di grande importanza riuscire ad ascoltare un’altra voce. Forse ci sono delle situazioni che non sono chiare neanche a noi stessi e quindi abbiamo bisogno di vedere cosa gli altri si aspettano da noi, e non solamente quello che noi ci aspettiamo e vogliamo. Quindi non potrà che essere un contributo costruttivo e positivo.

Nel mondo arabo ci sono divisioni politiche che gettano ombra sul clero, tanto che, in alcuni paesi, parte del clero è allineata con i partiti politici così da generare divisioni al suo interno. Il Sinodo affronterà questo tema? E quali sono le soluzioni?

Patriarca Naguib: Il Sinodo ha affrontato questo problema nel corso degli ultimi giorni e alcuni dei Padri sinodali hanno parlato del pericolo delle affiliazioni e del rischio di schierarsi politicamente invece di rafforzare il lavoro pastorale e religioso secondo l’insegnamento sociale della Chiesa. È un bene che i Padri stiano focalizzando la loro attenzione sul bisogno di unificare i cristiani nei nostri Paesi, dove possono esercitare un’azione politica ed avere un peso politico; e sul bisogno di lavorare insieme per costruire una società fondata sui diritti umani, sulla democrazia e sul rispetto reciproco, piuttosto che sulle scelte politiche. Quindi, ne abbiamo già parlato in questi giorni ma penso che altri solleveranno nuovamente la questione.

I politici egiziani parlano spesso di libertà religiosa e di libertà di credo, ma il tutto sembra rimanere sulla carta o confinato alla teoria. In realtà, com’è la situazione dei cristiani in questo Paese?

Patriarca Naguib: In Egitto, sia i cattolici che i cristiani di altre confessioni, si trovano tutti nella stessa situazione. Senza dubbio, la Costituzione afferma la nostra libertà e uguaglianza; il primo punto della Costituzione sostiene che la cittadinanza è la base di appartenenza. L’applicazione pratica della cittadinanza e della libertà religiosa, che è contenuta anche negli altri articoli della Costituzione, è innanzitutto la totale libertà delle chiese e delle istituzioni religiose nell’esercizio della loro vita religiosa. Quindi non ci possiamo lamentare affatto di questi problemi. Non c’è dubbio, però, che esistano delle difficoltà per esempio per quanto riguarda la costruzione di chiese nelle nuove città e la ricostruzione di edifici di culto ormai vecchi e mal ridotti. Ma occorre dire che in realtà non ci sono né precauzioni legali né proibizioni, ci sono piuttosto procedure che richiedono del tempo e che alla fine magari hanno un esito positivo. Voglio quindi rimarcare l’importanza di trattare queste questioni direttamente con le autorità civili e politiche, evitando la provocazione di ricorrere ai media, che a volte fanno più danni che bene.

In che modo il Sinodo dei Vescovi ha reagito alla proposta di modifica del “giuramento di fedeltà” dei cittadini di Israele, definito come “Stato ebraico”, e che farebbe di quest’ultimo un Paese teocratico?

Patriarca Naguib: Non sono aggiornato su questi fatti perché sono arrivato qui solamente alcuni giorni fa e quando ne ho sentito parlare durante la conferenza stampa in Sala Stampa vaticana il mio commento è stato molto chiaro e diretto: non riesco a comprendere una tale decisione. Uno Stato che si definisce l’unica democrazia liberale e l’unico paese civile all’interno del Medio Oriente e nel mondo arabo e musulmano, e poi prende una tale decisione e vuole imporre ai propri cittadini il giuramento di fedeltà allo Stato ebraico… dove è la logica? Ci vedo un conflitto tra l’annuncio di una particolare identità da una parte e d’altra le decisioni e le leggi emanate contro il principio alla base di questa identità. E’ una mia opinione personale. Alcuni giornali italiani hanno titolato che il Sinodo condanna lo Stato d’Israele; ma noi non condanniamo lo Stato d’Israele. Questa è la mia opinione personale e ci possono essere altre opinioni diverse dalla mia. Personalmente ritengo che questa decisione non sia né logica né coerente. E ripeto, è solo la mia opinione personale.

[Per poter vedere il video con parte dell’intervista: www.h2onews.org]

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ZENIT Staff

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