Il Codice Orientale e gli atti riservati alla Santa Sede


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di padre Hani Bakhoum Kiroulos*

ROMA, mercoledì, 6 ottobre 2010 (ZENIT.org).- Il Codice dei Canoni delle Chiese Orientali specifica che alcuni atti giuridici sono riservati al Romano Pontefice, o alla Sede Apostolica[1].

Spettano solamente al Romano Pontefice i seguenti atti: concedere la dispensa dall’obbligo del celibato (can. 396); sciogliere il matrimonio non consumato per giusta causa, su richiesta di entrambe le parti o di una di esse (can. 862); giudicare i Patriarchi, i Vescovi nelle cause penali e i vescovi fuori del territorio patriarcale nelle cause contenzione, i capi di stato e le altre cause che egli ha avocato al suo giudizio (can. 1060 §§ 1 e 2); la remissione della scomunica maggiore per chi Gli ha usato violenza (can. 1445 § 1) e infine il Romano Pontefice può riservarsi la remissione di qualsiasi pena (can. 1423 § 1).

Mentre sono riservati alla Sede Apostolica i seguenti atti: la rimozione dell’Amministratore eparchiale fuori del territorio eparchiale (can. 231 § 2); dispensare dai tipici o dagli statuti degli ordini, dei monasteri e delle congregazioni che non sono di diritto eparchiale, fuori territorio patriarcale, che eccedono la potestà dei Superiori religiosi e che sono legittimamente richieste nei singoli casi (can. 414 § 2); sopprimere i monasteri sui iuris o filiali non di diritto patriarcale (can. 438 § 2); stabilire la destinazione dei beni di un monastero di diritto pontificio soppresso (can. 438 § 4); l’aggregazione di monasteri sui iuris non confederati o la separazione di monasteri confederati (can. 440 §§ 2 e 3); il passaggio ad un altro monastero di un’altra Chiesa sui iuris (can. 487 § 4); l’indulto di separazione dall’ordine di un monaco con voti perpetui (cann. 492 § 2 e 549 § 2); la soppressione di un ordine anche se è di diritto patriarcale e disporre dei suoi beni (can. 507 § 1); l’approvazione di una nuova forma di vita consacrata (can. 571); l’approvazione dei libri liturgici richiede la previa revisione della Santa Sede (can. 657 § 1); concedere il biritualismo per celebrare la liturgia in un rito diverso da quello proprio (can. 674 § 2); l’assoluzione della violazione diretta del sigillo sacramentale e dell’assoluzione del complice nel peccato contro la castità (can. 728 § 1, 1° e 2°); la previa consultazione per stabilire altri impedimenti dirimenti per diritto particolare (can. 792); la dispensa degli impedimenti agli ordini sacri fuori del territorio patriarcale (cann. 759 § 2; 795 § 2 e 767 § 2); la sanzione in radice, senza l’obbligo di rinnovare il consenso matrimoniale, di un matrimonio invalido per un impedimento riservato alla Santa Sede o di un impedimento di diritto divino che è già cessato (can. 852); approvazione del diritto particolare di una Chiesa sui iuris nel quale si sopprimono o si trasferiscono alcuni giorni festivi di precetto (can. 880 § 3); la riduzione degli oneri di celebrare la Divina Liturgia (can. 1052 § 1) e giudicare le persone fisiche non costituite nell’ordine episcopale, che non hanno un’autorità superiore sotto il Romano Pontefice (can. 1061). Infine è riservato, anche, alla Sede Apostolica i tribunali di terzo (e ulteriore) grado a meno che non sia stato espressamente disposto diversamente nel diritto comune (can. 1065).

Questi sono gli atti giuridici riservati al Romano Pontefice e alla Sede Apostolica riguardanti i vari campi della vita della Chiesa Patriarcale.

1) Cfr. I. ŽUŽEK, Index Analyticus Codicis Canonum Ecclesiarum Orientalium, la voce “Reservatio”, 295- 296.

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*Padre Hani Bakhoum Kiroulos è Segretario del Patriarca Copto Cattolico (Repubblica Araba di Egitto) ed esperto all’Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi.

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ZENIT Staff

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