“C’erano una volta i maschi e le femmine…”

di Fabio Piemonte

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ROMA, mercoledì, 6 ottobre 2010 (ZENIT.org).- Venerdì 1 ottobre si è svolto presso il Salone “Genovesi” della Camera di Commercio di Salerno il convegno sul tema “C’erano una volta i maschi e le femmine…ora siamo nell’Era del Genere”, promosso dall’Associazione culturale “Veritatis Splendor”.

Dopo l’introduzione del prof. Marco Di Matteo, Presidente dell’Associazione, sono intervenuti la prof.ssa Dina Nerozzi Frajese, docente di Psiconeuroendocrinologa presso l’Università di Roma “Tor Vergata”, che ha analizzato gli aspetti scientifici e storico-culturali della teoria del “gender”, e il prof. Giacomo Samek Lodovici, docente di Storia delle dottrine morali presso l’Università Cattolica di Milano, che ne ha affrontato i risvolti filosofici ed antropologici.

La prof.ssa Nerozzi ha iniziato la sua relazione chiarendo il significato dell’espressione “ideologia di genere”, che è fondata sulla negazione dell’esistenza di un’identità sessuale oggettiva, in quanto l’identità sessuale sarebbe il risultato di sovrastrutture culturali e sociali da demolire.

Alla luce di tale teoria, sbandierata dai famosi “rapporti Kinsey” sulle abitudini sessuali degli americani, che negli anni ‘50 divulgarono un dato falso, ossia l’esistenza di cinque generi sessuali di cui quello mediano “normale” sarebbe la bisessualità, ciascuno sarebbe libero di scegliere il proprio orientamento sessuale a seconda del proprio gusto.

Sulle radici filosofiche della teoria del genere si è soffermato soprattutto il prof. Samek Lodovici, richiamando l’attenzione sulle radici relativistiche della teoria del genere e sul ruolo che hanno svolto, nella diffusione di una concezione completamente distorta della sessualità e delle relazioni tra uomo e donna, il marxfreudismo e le teorie di Marcuse, il quale identificava nella differenza tra maschi e femmine una “diseguaglianza da abbattere”. Sulla scia di tale impianto si è sviluppato inoltre quel femminismo radicale che, mediante le parole della Firestone, ha ribadito a più riprese che “il fine ultimo della rivoluzione femminista non consiste nell’eliminazione dei privilegi, ma nella stessa cancellazione delle distinzioni tra sessi”.

Infine, come hanno ben evidenziato i due relatori, con questa teoria l’“antilingua”, introducendo un concetto ambiguo, quale quello di “genere”, che non si basa su alcuna evidenza scientifica, può celebrare il suo trionfo, in quanto la sessualità ha perso il suo referente reale, ossia il maschio e la femmina, per ridursi ad “orientamento sessuale”.

Si inaugura così una nuova etica del sesso ricreativo, quale quella in cui sperava il dottor Money, allorquando volle dimostrare nel 1972 che fosse possibile educare un bambino come una femminuccia. Ma può essere sufficiente tale presunta rieducazione del proprio orientamento sessuale a cancellare ogni distinzione biologica, se i cromosomi indicano incontrovertibilmente l’opposto?

Purtroppo però, e lo dimostrano tante politiche contemporanee, quando si crea una frattura tra l’idea e la realtà, non sempre si è disposti ad accantonare le proprie tesi, pur se smentite dalla realtà; meglio piuttosto sovvertire la realtà secondo le proprie idee. Ecco perché, a buon diritto, è corretto contraddistinguere tale teoria come un’ideologia, che sta ormai condizionando anche l’azione degli organismi internazionali.

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ZENIT Staff

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