di Maurizio Tripi
ROMA, martedì, 5 ottobre 2010 (ZENIT.org).- Maria è il mistero più grande. L’Immacolata Madre di Gesù che è la più presente nell’intercedere a favore dell’umanità sofferente. E’ colei che ‘appare’ per soccorrere l’umanità.
Negli seconda metà del XX secolo la secolarizzazione ed anche certe correnti teologiche hanno banalizzato la devozione mariana riducendo il ruolo e il significato della Madre di Dio nel disegno della Salvezza.
Ma nel primo decennio del terzo millennio i gruppi di preghiera e la devozione mariana stanno dando segni di grande crescita.
In questo contesto è interessante il libro di Carlo Mafera “Maria è qui. Presente nella nostra vita. Per un autentica filialità mariana” (Screenpress), in cui si contempla la bellezza e la presenza quotidiana di Maria
Per approfondire un tema così attuale, ZENIT ha intervistato Carlo Mafera
Nel suo libro lei ha riportato il pensiero mariologico del Cardinale Newman, beatificato recentemente da Sua Santità Benedetto XVI. Cosa può dirci in merito?
Mafera: In Newman ancora anglicano si dispiegano due atteggiamenti contraddittori nei confronti di Maria : Newman sintetizza il suo atteggiamento verso Maria: da una parte condanna le forme devote verso di lei, dall’altra avverte una vera devozione. In questo atteggiamento strano e contraddittorio il suo spirito è attraversato da due correnti: una superficiale ed esterna, l’altra intima e profonda. Tale situazione si spiega alla luce della vita e dell’educazione religiosa e culturale di Newman. Egli cresce nell’anglicanesimo e si forma nello studio della sua teologia, che ha come punto fermo l’incontro diretto e immediato con Dio.
Come risolve il Cardinal Newman questa contraddizione?
Mafera: Newman approfondisce la dottrina cattolica soprattutto nel punto dedicata al tema dell’incarnazione ed è proprio in questo approfondimento egli trova le risposte per risolvere la suddetta contraddizione. Ecco cosa dice la professoressa Maria Marcellina Pedico, insegnante alla Pontificia Facoltà teologica Marianum nel suo intervento nella chiesa di S. Maria in via Lata, sede dei Sabati Mariani, il 24 aprile u.s. (contenuta nel mio libro) “…Newman …. evita sempre le esagerazioni non compatibili con la teologia nella devozione mariana. Inoltre, egli pone una solida base dogmatica per il culto della Beata Vergine. La dottrina mariana, egli afferma, come conseguenza della dottrina dell’Incarnazione, è attestata dall’antichità ed è un legittimo sviluppo dell’insegnamento primitivo. Sant’Atanasio († 373), il primo grande maestro dell’Incarnazione, ha il merito di aver posto delle solide fondamenta per la devozione a Maria. È vero che talvolta questa devozione può aprire la via ad eccessi, abusi o superstizioni; tuttavia, nonostante tutto, rimane dottrinalmente ben fondata. L’unione talmente intima di Maria al suo divin Figlio giustifica, secondo Newman, l’onore che la Chiesa cattolica le riconosce”.
Come mai questo libro? Qual è stata la motivazione profonda che l’ha spinto a scriverlo?
Mafera: La sua domanda mi riempie di gioia perché posso esprimere il mio pensiero mariano più intimo che ho sottolineato nella mia prefazione. E cioè il desiderio di mettere in evidenza la presenza feriale di Maria nella nostra vita. Troppo spesso è stata messa in luce la dimensione per così dire epifanica della Madonna cioè quella delle apparizioni. Dimensione per altro importantissima. Ma è stata tralasciata, o per lo meno non troppo valorizzata quella feriale.
Quali sono, secondo lei, le implicazioni che tale dimensione può sviluppare concretamente nella vita quotidiana del fedele e in particolare del fedele mariano?
Mafera: Io credo che la vita è fatta anche di percezioni. E forse sono quelle che, a volte, determinano le scelte in un senso o in un altro. Sono quelle che determinano anche la nostra felicità. Le percezioni non sono mere illusioni. Lo possono anche essere ma, in questo caso, sono sorrette anche e soprattutto da fondamenti teologici di indubbia validità. La percezione di avere Maria sempre vicino a noi non è, ripeto, una pia illusione ma è una verità teologica oramai acquisita da tempo e sempre più rilanciata in questi ultimi anni.
Si spieghi meglio?
Mafera: Per esempio, nella famosa frase pronunciata sotto la croce da Gesù rivolgendosi a Sua madre e all’apostolo Giovanni “Ecco tua madre, ecco tuo figlio”, Egli ci lascia una sorta di testamento. Nella sua lapidarietà ed essenzialità questa frase contiene delle verità che hanno un valore incommensurabile dal punto di vista spirituale. Ecco, è un avverbio di tempo che ha una valenza storica straordinaria e c’è insito il concetto del hic et nunc, del qui e ora. Ma un qui e ora che ha delle implicazioni che si estendono all’eternità. Il rapporto di Maria con noi diventa così eterno. La sua maternità sarà per sempre. Maria diventa madre di tutti : dei sacerdoti, dei laici e anche dei non cristiani.
Ecco, a proposito della maternità di Maria, cosa può dire ai lettori di ZENIT?
Mafera: È proprio questo il fulcro del mio pensiero mariologico. La maternità di Maria non si esplica in un modo astratto, liturgico e relegato a particolari luoghi o tempi prestabiliti. La relazione con Maria si estende in ogni piccolo e grande aspetto della nostra vita quotidiana e giunge fino alla fatidica “ora della nostra morte” come, del resto si conclude la più celebre preghiera mariana: l’Ave Maria.
E proprio a proposito di questa ora, ci può raccontare l’ultima di un grandissimo santo che lei cita nella sua prefazione per suffragare la continua presenza di Maria in mezzo a noi?
Mafera: Nella mia prefazione ho desiderato ricordare San Giovanni Bosco di cui sono stato allievo alle scuole elementari di Messina negli anni sessanta. Ho tralasciato il “sabato mariano” dedicato a lui, dove sono state sottolineate le innumerevoli volte in cui Maria Ausiliatrice si è fatta presente nella vita del santo per soccorrerlo nella realizzazione della sua attività salesiana a favore dei ragazzi. Una presenza concreta, efficace e risolutiva dei numerosi problemi a cui Don Bosco andava incontro. Ma soprattutto, nella prefazione mi era a cuore ricordare al lettore di questo libro quel “nell’ora della nostra morte”. Infatti nella biografia del santo, curata anche televisivamente qualche anno fa, si può constatare come, nel momento del trapasso, Maria fosse presente, accanto al letto del santo. Egli, con un filo di voce, diceva a Don Rua suo successore, che Maria era lì in mezzo a loro. Ma don Rua non comprendeva e diceva agli astanti “Maria ci proteggerà e veglierà dal cielo su di noi”. E don Bosco di rimando, sempre con un fil di voce, ripeteva “No,no Maria è proprio qui” e così per due o tre volte. Alla fine morì con il desiderio frustrato dal fraintendimento di comunicare la sua gioia : quella della presenza di Maria accanto a lui, nell’ora della sua morte. Forse, uno dei motivi per cui ho scritto questo libro è anche dovuto all’ultima sofferenza di Don Bosco: quella del fraintendimento, a cui ho cercato di rimediare forse perché anch’io sono stato frainteso circa lo stesso argomento.