Immigrare non è un peccato

Intervista a monsignor Anthony Taylor, Vescovo di Little Rock (USA)

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di José Antonio Varela Vidal

LITTLE ROCK, 2010 (ZENIT.org).- La società statunitense è polarizzata per quanto riguarda la legalizzazione degli immigrati clandestini. L’ultima “amnistia” risale al 1986.

ZENIT ha parlato di questo argomento con monsignor Anthony Taylor, Vescovo di Little Rock (Arkansas), Diocesi in cui tra la popolazione ispanica gli illegali sono circa il 90%.

Come definisce la recente proposta di alcuni senatori repubblicani di rivedere il 14° emendamento della Costituzione, che concede la cittadinanza a chiunque sia nato sul territorio statunitense?

Monsignor Anthony Taylor: E’ una proposta strampalata provocata dalla paura e dall’odio, ma con ben poche possibilità di essere approvata perché, come ha detto un consulente del Partito Repubblicano in alcune dichiarazioni alla stampa, “una riforma costituzionale richiede grandi maggioranze al Congresso, l’approvazione del Presidente e la ratifica da parte di tre quarti degli Stati”.

Lei ha rivolto un appello alla società nordamericana ad accogliere gli immigrati. Perché ci troviamo di fronte a questa situazione?

Monsignor Anthony Taylor: Credo che sia per la paura di sentirsi “sfollati”. C’è la paura di ciò che è diverso, e molti sostengono che il loro Paese sta cambiando, che sta diventando meno anglosassone, meno protestante, e sta sorgendo una società più eterogenea, inclusiva e con una cultura più varia.

Alcuni anni fa, in Oklahoma è stata firmata una lettera in cui i rappresentanti della Chiesa hanno esortato alla “disobbedienza civile”. Ora che appaiono altre leggi contro gli immigrati come quella dell’Arizona, ribadisce questo appello?

Monsignor Anthony Taylor: Sì. Ricordiamo alla gente che non si può obbedire a una legge ingiusta. In quell’occasione la Chiesa ha detto molto chiaramente che è un peccato obbedire a una legge ingiusta.

Perché si tratta di una legge ingiusta?

Monsignor Anthony Taylor: Ogni persona ha il diritto di provvedere al necessario per la propria famiglia. Se non può farlo nel proprio luogo d’origine, può emigrare all’interno del Paese o in un altro. E’ un diritto che Dio ci concede e che non deriva da uno Stato. Lo Stato può approvare delle leggi per favorire i processi di immigrazione e allo stesso tempo difendere gli interessi legittimi del Paese di accoglienza, ma non ha il diritto di privare una persona del diritto di emigrare se è l’unico modo per provvedere alla propria famiglia. E le attuali leggi sull’immigrazione degli Stati Uniti hanno questo obiettivo: impedire l’immigrazione e non favorire l’arrivo e l’integrazione di quanti giungono qui.

Stare illegalmente negli Stati Uniti è un peccato?

Monsignor Anthony Taylor: No, piuttosto è un peccato strutturale della società perpetrato contro queste persone. Non è un peccato per chi esercita il suo diritto umano di provvedere alle proprie necessità. Oggi la gente si sente rifiutata e disprezzata; magari senza odio, ma con tristezza e delusione.

Non ci sono possibilità per l’ingresso degli immigrati negli Stati Uniti?

Monsignor Anthony Taylor: C’è un limite massimo concesso a ogni Paese (il Messico ha lo stesso limite concesso al Lussemburgo o al Lichtenstein, che sono Paesi piccoli). Se un povero vuole emigrare dal Messico non può farlo, perché tutti i visti sono collegati al ricongiungimento familiare.

Peggio ancora, per quanti si ricongiungono serve un periodo di 16 o 17 anni. Ciò ha lo scopo di impedire l’immigrazione. Ad ogni modo, arriveranno lo stesso 500.000 persone all’anno dal Messico. L’aspetto più negativo è che alcune industrie del Paese sono d’accordo, perché così possono approfittare degli immigrati irregolari, pagandoli meno, sfruttandoli…

Il Senato non è consapevole di questo? Lei sa se c’è la volontà di cambiare qualcosa?

Monsignor Anthony Taylor: Ho parlato con due senatori (una democratica e un repubblicano) dell’Arkansas e sono consapevoli della necessità di una riforma migratoria, ma non vogliono sacrificare il proprio futuro in questo tentativo. Attualmente nelle campagne si fa leva sulla paura per spingere a recarsi alle urne e votare contro un politico che non difende sufficientemente le frontiere. Il problema delle persone nel dover decidere per chi votare è che dobbiamo sempre analizzare tutto l’insieme delle proposte, includendo l’aborto, il matrimonio omosessuale, ecc. La Chiesa non sostiene alcun partito.

Alcuni politici e giornalisti criticano il fatto che la Chiesa sostenga la riforma solo per aumentare il numero di cattolici…

Monsignor Anthony Taylor: La Chiesa cerca ciò che è giusto, indipendentemente dalla religione. Abbiamo sostenuto con vigore la lotta degli afroamericani, anche se pochissimi di loro erano cattolici. E’ falso anche che si faccia per l’apporto economico, perché di fronte a situazioni molto difficili in cui vivono i loro Paesi, gli immigrati sostengono le proprie famiglie inviando rimesse a casa.

Quali sono le cifre attuali dell’immigrazione?

Monsignor Anthony Taylor: E’ difficile da dire. Si dice che ci siano 12 milioni di ispanici illegali. Il 60% resta allo scadere del visto, il resto è entrato senza autorizzazioni. In Arkansas si pensa che più del 90% degli immigrati ispanici sia illegale.

In una recente riunione regionale di Vescovi messicani e nordamericani si è detto che non ci sono miglioramenti, e già anni fa si era avvertito del fatto che la politica di frontiera aveva fallito…

Monsignor Anthony Taylor: In quelle sessioni ho detto che la frontiera tra Stati Uniti e Messico è la più lunga (e di fatto anche l’unica) tra un Paese del primo e uno del terzo mondo e che è impossibile chiuderla. Il modo migliore di dare sicurezza al Paese sarà quello di avere leggi migratorie che la gente possa rispettare.

Che proposta ha presentato la Chiesa per iniziare?

Monsignor Anthony Taylor: Come abbiamo fatto nell’amnistia del 1986, molte parrocchie si sono organizzate per aiutare la gente a riunire i documenti e a provare così la sua presenza nel Paese. Le persone sono state aiutate con i formulari, perché anche quando erano scritti in spagnolo molti erano quasi analfabeti e non potevano riempirli. Quella volta l’amnistia ha interessato 3 milioni di persone e abbiamo potuto agire dal livello parrocchiale.

Dev’esserci un’altra amnistia?

Monsignor Anthony Taylor: Secondo me la parola “amnistia” non è adeguata, perché presuppone che la persona abbia fatto qualcosa di male e che la stiamo perdonando. E non è così. Coloro che cercano un futuro per la propria famiglia fanno qualcosa di positivo, e l’aspetto negativo sono le leggi ingiuste. Dobbiamo accogliere le persone e chiedere loro perdono per quello che hanno sofferto, anche se non sarà questo l’atteggiamento del Paese…

I politici hanno proposto alla Chiesa di fare qualcosa in futuro?

Monsignor Anthony Taylor: Non so se i politici faranno qualcosa, ma la gente continuerà a venire. E quanti sono nati qui non dimenticheranno come sono stati trattati i loro genitori, e questo influirà molto sul futuro della politica del Paese; penso che ci sarà del risentimento. E’ deplorevole che i politici non cerchino progetti a lungo termine per il bene del Paese, come si è potuto vedere nel caso della politica sanitaria, dell’economia e ora dell’immigrazione…

Che grado di speranza ha nei confronti di una riforma migratoria?

Monsignor Anthony Taylor: Ci credo, ma dubito che avverrà quest’anno. A novembre ci saranno le elezioni ed è difficile che si faccia qualcosa. Un fattore di cui tener conto è che alcuni vogliono che l’attuale Presidente fallisca, come si è cercato di fare con la riforma sanitaria.

[Traduzione dallo spagnolo di Roberta Sciamplicotti]

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ZENIT Staff

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