Un passo avanti dei Vescovi USA nella lotta agli abusi

Una canonista offre una visione di tre decenni di negoziati

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WASHINGTON, D.C., venerdì, 25 giugno 2010 (ZENIT.org).- La Conferenza dei Vescovi Cattolici degli Stati Uniti (USCCB) è coinvolta attivamente nell’affrontare il problema degli abusi sessuali da parte del clero dalla metà degli anni Ottanta.

Lo ha affermato l’avvocato canonista Sharon Euart, suora della Misericordia, pronunciando l’intervento “Diritto canonico e crisi degli abusi sessuali da parte del clero: una visione generale dell’esperienza degli Stati Uniti”.

L’intervento ha avuto luogo durante una giornata sul diritto canonico celebrata di recente e patrocinata dalla Conferenza Episcopale Statunitense e dall’Associazione di Diritto Canonico d’America.

Gli organizzatori hanno spiegato che l’evento si “celebrava in risposta all’interesse dei mezzi di comunicazione per gli abusi sessuali da parte del clero”.

Sono intervenuti quattro oratori, con video e testi, e la giornata ha incluso anche sessioni di domande e risposte e un dibattito on-line.

Suor Euart si è riferita ai 30 anni di intercessione dei presuli e ha offerto una visione generale dell’esperienza dei Vescovi.

La religiosa ha iniziato il suo intervento spiegando che “il diritto canonico prevede, dal Medioevo, che gli abusi sessuali sui minori siano una grave offesa”.

“I peccati contro il sesto comandamento sui minori erano considerati atti criminali – ha ricordato -. La condanna di questo tipo di crimini è sempre stata ferma e inequivocabile”.

La revisione più recente del Codice di Diritto Canonico, pubblicata nel 1983, ha ridotto il numero di delitti e pene a livello ecclesiastico, ha sottolineato la suora, ma “gli abusi sessuali di minori da parte del clero sono stati considerati un crimine punito con la dimissione dallo stato clericale”.

Semplificando

Suor Euart ha spiegato che proprio questa punizione ha rappresentato l’approccio iniziale degli sforzi dei Vescovi degli Stati Uniti per lavorare con la Santa Sede nell’affrontare gli abusi sessuali.

Il Codice del 1983, ha segnalato, offre due opzioni per imporre una dimissione dallo stato clericale: “la richiesta volontaria della laicizzazione da parte del sacerdote in questione (…) o la dimissione dallo stato clericale attraverso un processo giudiziario, un tribunale collegiale di tre sacerdoti-giudici qualificati”.

I Vescovi statunitensi volevano e cercavano un processo più razionale, un “processo amministrativo di dimissione dallo stato clericale” che lasciasse l’iter decisionale più nelle mani del Vescovo diocesano.

Suor Euart ha sottolineato che cercavano un processo in cui “il sacerdote si dimettesse dallo stato clericale in base a necessità pastorali più che come una punizione”, in cui il criterio per la destituzione fosse la futura protezione dei bambini.

Ad ogni modo, ha continuato, dal punto di vista canonico dovevano garantirsi “le dovute protezioni al sacerdote”, e la Santa Sede e i Vescovi degli USA non hanno trovato un processo razionalizzato amministrativo che difendesse debitamente i diritti di tutte le parti coinvolte.

Nel frattempo, nel 1987, la Conferenza dei Vescovi degli Stati Uniti offriva già alle Diocesi cinque principi sull’abuso sessuale, resi pubblici nel 1992.

“In quel momento – all’inizio degli anni Novanta -, i Vescovi hanno annunciato pubblicamente che destinavano la propria energia pastorale a lottare per spezzare il ciclo degli abusi”, ha dichiarato suor Euart.

Oltre a questo, ha aggiunto, “quando i dibattiti tra i rappresentanti della Conferenza Episcopale degli Stati Uniti e della Santa Sede non sono riusciti ad arrivare a un accordo su un procedimento amministrativo non penale, Papa Giovanni Paolo II ha creato nel 1993 una commissione congiunta di rappresentanti della Santa Sede e della USCCB per studiare il processo giudiziario penale e proporre modi per semplificarlo”.

“Il lavoro della commissione congiunta ha dato luogo alla proposta di deroga del Codice di Diritto Canonico, cioè di cambiamenti in leggi specifiche, per fornire un’applicazione più ampia del processo penale di dimissioni nei casi di abuso sessuale di minori”, ha spiegato.

“Le deroghe sono state approvate a maggioranza dai Vescovi, e poi, con alcune modifiche, promulgate dalla Santa Sede nel 1993”. </p>

Per chiarire le cose

Alla fine degli anni Novanta, ha spiegato l’avvocato canonista, la maggior parte delle Diocesi degli Stati Uniti applicava già alcuni sistemi per affrontare le questioni degli abusi sessuali, aveva adottato principi, istituito commissioni di revisione e promosso altre misure.

Secondo suor Euart, “le questioni canoniche pendenti erano principalmente quelle consistenti nel garantire che i sacerdoti pederasti non tornassero al ministero, e che queste decisioni venissero confermate dagli uffici idonei di Roma”.

“In quel momento, sembrava che ci fosse una mancanza di chiarezza su quali congregazioni romane avessero l’autorità finale in tali questioni, una situazione che ha lasciato vari Vescovi frustrati nel loro tentativo di disciplinare i sacerdoti che avevano infranto le regole”.

Nel 2001, un documento di Giovanni Paolo II ha spiegato i dubbi, affermando che la Congregazione per la Dottrina della Fede “ha autorità ecclesiale esclusiva per fornire norme processuali speciali per dichiarare o imporre sanzioni canoniche in casi riferiti a questi delitti canonici”.

Le norme del documento del 2001 includono le disposizioni che riflettono le deroghe approvate per gli Stati Uniti dalla Santa Sede nel 2003, ha spiegato la religiosa.

“Ciò ha significato che le disposizioni che prima erano solo diritto particolare per gli Stati Uniti sono entrate nel diritto universale applicabile in tutto il mondo”, ha commentato.

Quando lo scandalo è giunto sulle prime pagine dei giornali degli Stati Uniti nel 2002, quindi, erano stati già compiuti vari passi per affrontare la questione.

E ce ne sarebbero stati altri: Cardinali statunitensi e officiali della Conferenza Episcopale hanno incontrato dei leader del Vaticano nell’aprile 2002.

In quella riunione, ha spiegato suor Euart, si è deciso che i Vescovi degli Stati Uniti promuovessero una serie di norme e politiche.

Ciò si è poi concretizzato nelle Essential Norms for Diocesan/Eparchial Policies Dealing with Allegations of Sexual Abuse of Minors by Priests or Deacons (Norme essenziali per politiche diocesane/eparchiali sulle denunce di abusi sessuali di minori da parte di sacerdoti o diaconi), approvate dalla Santa Sede nello stesso anno.

A posteriori

Suor Euart ha quindi proposto alcune osservazioni come possibili lezioni dall’esperienza dei Vescovi.

Ha suggerito che dei primi dibattiti pubblici sulla questione, come quelli degli anni Ottanta, sarebbero stati di grande aiuto, perché così il “pubblico sarebbe stato consapevole dell’impegno dei Vescovi a trattare il problema, così come dell’errata gestione della crisi”.

Ad ogni modo, la religiosa ha sottolineato l’importanza della responsibilità, dicendo che “i Vescovi avevano bisogno allora, e continuano ad aver bisogno oggi, di assumere il problema, di accettare la propria responsibilità per le eventuali soluzioni errate e garantire che i casi futuri vengano trattati con rapidità ed efficacia”.

Una terza osservazione si è riferita ai “complicati” processi canonici. Secondo l’esperta, il Diritto Canonico non è stato il problema.

“Il problema è stato la rinuncia dei Vescovi a utilizzare le disposizioni del Diritto Canonico esistenti all’epoca per ritirare i sacerdoti dal ministero – ha spiegato -. Gli strumenti canonici erano lì”.

“Detto questo, tuttavia, l’applicazione da parte dei Vescovi delle procedure canoniche si è vista a volte ostacolata dalle procedure straordinarie e dal fatto che pochi canonisti avevano formazione ed esperienza in Diritto Canonico Penale”.

In questo sen
so, ha lodato i laboratori del 2003 per formare avvocati canonisti nell’applicazione dei processi canonici penali.

Doppio standard?

La complessità delle questioni si è resa evidente ancora una volta con le domande dei partecipanti al seminario a suor Euart e agli altri esperti.

E’ stata necessaria una breve spiegazione teologica dell’eterno sacerdozio, di fronte alla dimissione dallo stato clericale.

Altre spiegazioni si sono riferite alla natura lenta del Diritto Canonico e hanno portato padre John Beal a paragonare questa situazione a qualsiasi processo legale.

L’esperto ha affermato che il Diritto Canonico, come il diritto statunitense, deve integrarsi con il debito processo all’accusato.

In qualsiasi sistema legale, ha aggiunto, “se si dà all’accusato un giusto giudizio (…) bisogna intraprendere alcuni processi piuttosto lenti”.

Come esempio, si è riferito alla complessità di portare davanti alla giustizia i perpetratori degli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001.

Un’altra domanda si è riferita a un “amico avvocato canonista” che ha cercato di difendere i sacerdoti dalle accuse di abusi sessuali, sacerdoti che egli riteneva innocenti.

In questo senso, padre Beal ha sottolineato che “c’è stata un’epoca in cui alla parola dei sacerdoti si dava sempre più peso che a quella della vittima”.

“Il pendolo ha poi oscillato nell’altra direzione, e ora se si fa un’accusa che non è chiaramente falsa l’accusato deve provare la propria innocenza; c’è stato un cambiamento considerevole”.

Per ulteriori informazioni, www.usccb.org/canonlawseminar/

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ZENIT Staff

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