ROMA, venerdì, 25 giugno 2010 (ZENIT.org).- I sacerdoti sono chiamati a illuminare la vita degli uomini facendosi “umili servitori di una testimonianza”. Lo ha detto giovedì mattina il Cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato vaticano, nel presiedere nella Cattedrale di San Lorenzo a Genova la Messa pontificale per la festa di san Giovanni Battista, patrono del capoluogo ligure.
In occasione della Messa celebrata nella Cattedrale, dove è custodito il piatto che secondo la tradizione avrebbe accolto la testa del Battista assieme alle ceneri del santo, il Cardinale Angelo Bagnasco, attuale Arcivescovo di Genova, ha rivolto un saluto al Cardinale Bertone ricordando il suo “instancabile ministero” alla guida di questa diocesi al 2003 al 2006.
“Sentiamo che anche da Roma – ha aggiunto il Cardinale Bagnasco – , nonostante gli impegni di carattere universale e di grande responsabilità accanto al Papa, il suo affetto per Genova non è venuto meno, ma è vivo, attento, continuo e discreto”.
Nell’omelia il Segretario di Stato vaticano, che a Genova ha festeggiato anche il 50° dell’ordinazione sacerdotale, ha riflettuto sulla prima lettura proclamata durante la liturgia della parola in cui Giovanni Battista viene messo in relazione a Gesù e reso testimone del suo ministero di illuminazione.
“Su questa linea – ha detto – si pone il compito dei discepoli di Gesù e anche di noi oggi. Il servo del Signore, il Battista, Gesù, Paolo e gli altri apostoli, noi, discepoli del Vangelo siamo tutti partecipi di una missione di illuminazione della vita dell’uomo che ha come caratteristica la sua estensione fino ai confini dell’umanità”.
“Ci è chiesto anzitutto di rendere un servizio all’umanità in ordine alla verità – ha continuato –, non come presuntuosi possessori di essa, ma come umili servitori di una testimonianza che non attira su di noi gli sguardi ma li rimanda all’uomo perfetto, Gesù Cristo”.
“All’uomo esitante e frammentato di oggi – ha proseguito il Cardinale Bertone –, all’uomo svilito a una sola dimensione, quella materialistica e consumistica, all’uomo intimorito dalle sue stesse conquiste, la fede e la testimonianza dei cristiani deve poter mostrare la pienezza di vita e di speranza che si irradia dal volto di Cristo”.
“L’unica risposta all’angoscia del vivere sta nella contemplazione di questa luce che irradia della sua verità ogni creatura – ha detto –. Questa rivelazione di verità è lo specifico del cristiano nella vita culturale e sociale, un servizio irrinunciabile pena la riduzione della fede a una opinione vuota di significato, per la quale non merita impegnarsi”.
“Al tempo stesso – ha precisato il porporato – occorre rivendicare che questa parola di verità vale per tutti gli uomini e per tutto l’uomo. L’evangelizzazione non accetta confini e ci rende responsabili dell’annuncio verso tutti, senza distinzioni”.
I cristiani, ha detto ancora, sono chiamati “a illuminare della sapienza del Vangelo ogni dimensione dell’umano, evitando di relegare la fede a spazi e tempi delimitati, lasciando il di più della vita fuori della sua influenza”.
“Dall’incontro con Gesù sono nate in ogni tempo persone nuove, che hanno contribuito alla costruzione di un mondo nuovo – ha affermato poi –. Ogni comunità cristiana è chiamata a introdurre continuamente nella storia quella novità che genera passione per il presente e lo apre con speranza al futuro”.
“Non una novità qualsiasi – ha precisato –, come se tutto quello che oggi emerge o che l’uomo persegue sia costruttivo della dignità e della promozione dell’uomo, ma quella novità che nasce dal legare l’uomo, la sua origine, il suo destino, a Dio”.
Una condizione che la figura del Battista indica per realizzare tutto questo è “la scelta del deserto, cioè la capacità di tirarsi un po’ fuori dal flusso caotico degli eventi, non per evadere, ma per ricuperare l’essenziale e per saper cogliere meglio le domande vere, la voce del cuore e dell’intelligenza, e le risposte da dare per la costruzione della civiltà della verità e dell’amore”.
Nel pomeriggio dello stesso giorno il Cardinale Tarcisio Bertone ha quindi presieduto i Vespri e la processione solenne culminata con la benedizione del porto antico e della città con le reliquie del santo al suono delle sirene delle navi. Una tradizione questa decretata nel 1327 dalla Repubblica di Genova quando san Giovanni Battista venne proclamato Patrono della città insieme a san Giorgio e san Lorenzo.
Nel discorso tenuto durante la processione prima di impartire la benedizione sull’intera città di Genova, il porporato ha osservato che “nell’odierna società, che alcuni definiscono ‘post-cristiana’, nel senso che la fede sembra ormai relegata alla periferia dell’esistenza, occorre ridestare nei cristiani l’audacia della testimonianza evangelica”.
“La vocazione della Chiesa – ha sottolineato –, della Chiesa che è in Genova e della Chiesa universale, è di essere come Giovanni Battista, voce per la Parola, che è Gesù. Voce a tutti di una presenza parlante che, ove accolta, genera gioia, perché portatrice di senso, di luce, di speranza, di novità di vita”.
Infatti, ha aggiunto, “la crisi che attraversiamo, dal campo economico, al degrado morale, dal progressivo disgregarsi del tessuto sociale, all’emergenza educativa, ci interpellano seriamente e il tema di Dio, centrale nella fede e nella vita della Chiesa, deve diventare centrale per l’intera società, diventare oggetto di una rinnovata attenzione”.
“Con Lui o senza di Lui può cambiare tutto – ha quindi esclamato – . Occorre interrogarsi in profondità, aprendosi al mistero, superando ciò che facciamo passare per ovvio, normale, abituale, frutto semplicemente delle proprie idee”.
“Occorre allora recuperare le categorie morali di ogni città che voglia costruirsi con i due poli di riferimento: Dio e l’uomo”.
“Invochiamo dal Signore, per intercessione di san Giovanni Battista, per la Chiesa di Genova il dono di essere voce della Parola che è Cristo. Parola che apre ad un futuro di speranza”, ha infine concluso.