ROMA, giovedì, 24 giugno 2010 (ZENIT.org).- L’Arcivescovo William D’Souza, di Patna, nel nord dell’India, ha sottolineato l’opera fondamentale dei gruppi legati alla Chiesa per fornire aiuto urgente a centinaia di migliaia di dalit (senza casta), molti dei quali non cristiani, che vivono in estrema povertà, spesso ampiamente tagliati fuori dal resto della società.
Il presule ha parlato con l’associazione caritativa cattolica Aiuto alla Chiesa che Soffre dopo un’ondata di sentimenti anticristiani in alcune zone dell’India, diffusa da gruppi nazionalisti indù estremisti che affermano che l’opera della Chiesa con i poveri è dovuta a un’agenda nascosta di conversioni di massa.
La violenza anticristiana nel 2007-2008 nello Stato dell’Orissa, nell’India orientale, ha portato il Paese a realizzare la portata dell’odio religioso nella regione, e ha puntato i riflettori sulle leggi anticonversione imposte nell’ultimo decennio negli Stati di Gujarat, Madhya Pradesh, Chhattisgarh, Himachal Pradesh e Orissa.
Ad ogni modo, l’Arcivescovo ha sottolineato che la coalizione governativa dello Stato del Bihar ha accettato da tempo l’opera della Chiesa con i dalit.
Descrivendo la sua Diocesi come “una Chiesa soprattutto dei dalit”, il presule ha affermato che “il Governo apprezza” gli sforzi ecclesiali.
L’obiettivo principale della Chiesa, ha commentato, è far uscire la popolazione dall’estrema povertà, rendendola consapevole dei suoi diritti e favorendo una formazione volta a creare opportunità lavorative.
“La gente che aiutiamo è molto povera, e non abbiamo le risorse per dare loro tutto ciò di cui hanno bisogno”, ha detto il presule sottolineando che i dalit rappresentano 45.000 dei 65.000 cattolici della Diocesi.
“Tutto ciò che cerchiamo di fare è dare loro un raggio di speranza per il futuro – attraverso l’assistenza sanitaria e l’istruzione, e insegnando loro i valori cristiani”.
I dalit svolgono lavori manuali, pulendo latrine e fogne e portando via la spazzatura.
Anche se nelle città la discriminazione nei loro confronti è diminuita, i rapporti dalle zone rurali indicano che – in parte per motivi religiosi, in parte per la natura del loro lavoro – i dalit sono visti come impuri e banditi dai templi indù, dai luoghi di ristorazione, dalle scuole e dai luoghi in cui si va a prendere l’acqua.
Nell’Arcidiocesi di Patna, la Chiesa – comunità sia diocesane che religiose – ha risposto a questa situazione organizzando una vasta rete di sostegno.
Ci sono 3.000 gruppi di autoaiuto, ognuno con fino a 15 membri, con programmi sui diritti umani, il rafforzamento delle donne, l’economia domestica e lo sviluppo di capacità organizzative.
“La maggior parte delle persone con cui lavoriamo non sono cattoliche”, ha detto il presule.
“Ci dicono che siamo i loro salvatori. Restano in contatto con noi, ma a causa dei bisogni mutevoli della gente non riusciamo a seguirli continuamente”.