CITTA' DEL VATICANO, mercoledì, 23 giugno 2010 (ZENIT.org).- La sentenza del Tribunale Europeo dei Diritti Umani (TEDH) che proibisce il crocifisso nelle aule scolastiche italiane rappresenta una caso di "fondamentalismo laicista", sostiene il Cardinale Julián Herranz Casado.
Il presidente emerito del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi è intervenuto questo mercoledì a una tavola rotonda celebrata a Roma con il patrocinio della Presidenza del Consiglio dei Ministri del Governo italiano, che ha presentato un ricorso alla Corte di Strasburgo sul quale ci si pronuncerà il 30 giugno.
Il "fondamentalismo laicista", ha spiegato il porporato spagnolo, "allontanandosi dal retto concetto di 'laicità', vorrebbe relegare la fede cristiana e il fatto religioso in genere nel solo ambito privato della coscienza personale, escludendo ogni segno, simbolo o manifestazione esterna della fede nei luoghi pubblici e nelle istituzioni civili (scuole, ospedali, ecc.)".
Il porporato ha analizzato i motivi che mostrano l'errore di visione che sta dietro alla sentenza del Tribunale, secondo la quale l'esposizione del Crocifisso nelle scuole costituirebbe una pressione morale sugli alunni in formazione e lederebbe di conseguenza la loro libertà di aderire a una religione diversa da quella cristiana o di non aderire ad alcuna religione.
In primo luogo, ha spiegato nell'incontro, organizzato dall'Associazione "Umanesimo Cristiano", "tale sentenza si richiama senza motivo (perché la semplice esposizione del Crocifisso non ha alcun carattere impositivo o discriminatorio) alla libertà religiosa degli alunni non cristiani, mentre non rispetta per quanto riguarda gli alunni cristiani delle scuole italiane e la patria potestà dei loro genitori l'Art. 18 della 'Dichiarazione Universale dei Diritti Umani'".
"Questa norma, infatti, garantisce il diritto alla libertà religiosa, il quale include, tra l'altro 'la libertà di manifestare, individualmente o in comune, sia in pubblico come in privato, la propria religione'", ha ricordato il Cardinale Herranz.
In secondo luogo, ha indicato, "la sentenza non ha ponderato sufficientemente che la 'laicità' rappresenta, sì, un principio costitutivo degli Stati democratici, ma sono essi che determinano nei singoli casi le sue forme concrete di attuazione, alla luce delle varie circostanze e tradizioni locali".
"Non si tratta infatti di un principio ideologico da imporre alla società violentando le tradizioni, i sentimenti e le credenze religiose dei cittadini", ha segnalato.
Per il Cardinale, "anche il concetto di 'neutralità' religiosa cui si richiama la sentenza della Corte di Strasburgo è interpretato nel senso ideologico del relativismo agnostico. Infatti, la neutralità o aconfessionalità dello Stato significa unicamente che nessuna religione avrà carattere statale, ma non che lo Stato debba essere 'anticonfessionale', cioè contrario alla presenza nelle istituzioni pubbliche di qualsiasi segno o simbolo religioso".
"Tale atteggiamento di rifiuto della religione in se stessa farebbe dell'ateismo una specie di ideologia o religione di Stato e, nel nostro caso, del Consiglio di Europa e dell'Unione europea", ha sottolineato.
La Corte, inoltre, "sembra aver superato illegittimamente i limiti della propria competenza pronunziandosi su di una questione che riguarda la legittima e doverosa salvaguardia da parte di uno Stato delle tradizioni e della cultura nazionali, nonché degli impegni presi tramite concordati o convenzioni particolari con la Chiesa cattolica e altre eventuali confessioni religiose".
Il porporato ha rimarcato che "l'esperienza ha dimostrato che la proibizione di ogni segno religioso nelle scuole (come è avvenuto in Francia nel 2004, prima dell'attuale concetto di 'laicità positiva') non favorisce l'integrazione. A molti credenti non cristiani non dà fastidio studiare in un'aula in cui ci sia un Crocifisso, mentre considerano negativamente che la religione sia proibita nella scuola in nome della 'laicità'".
Di fatto, come dimostra un documentato servizio dell'International Herald Tribune del 2008 , un numero crescente di famiglie musulmane francesi preferisce trasferire i propri figli nelle scuole cattoliche.
Il Cardinale ha quindi concluso chiedendo alle istituzioni dell'Unione Europea di tutelare questi diritti che formano parte della "Dichiarazione Universale sui Diritti Umani".