Il posto dell'Islam nel piano di Salvezza? Rimettere Dio al centro

Intervista al famoso islamologo padre Samir Khalil Samir

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di Mirko Testa

ROMA, mercoledì, 23 giugno 2010 (ZENIT.org).- Di fronte a una modernità che tende spesso a dimenticare quando non a rimuovere Dio dall’orizzonte degli uomini, il ruolo affidato all’Islam nel piano di Salvezza potrebbe essere quello di stimolarci a rimettere la fede al centro della vita.

E’ quanto ha detto padre Samir Khalil Samir, gesuita, in una intervista concessa a ZENIT a margine dell’incontro annuale del Comitato scientifico della Fondazione Oasis, svoltosi dal 21 al 22 giugno a Jounieh, in Libano.

Dottore in teologia orientale e Islamologia, padre Samir è professore di Scienze religiose all’Université Saint-Joseph di Beirut e di Studi islamo-cristiani al Pontificio Istituto Orientale a Roma e in altre università.

E’ inoltre fondatore e direttore del CEDRAC (Centre de documentation et de recherches arabes chrétiennes), con sede a Beirut, l’unico centro al mondo finalizzato allo studio del patrimonio arabo dei cristiani.

Perché avete messo al centro dell’incontro di Oasis il tema dell’educazione?

Padre Samir: Il problema che viviamo sia nella Chiesa sia nell’Islam è che non riusciamo sempre e facilmente a trasmettere la fede alla nuova generazione e alle generazioni a venire. L’interrogativo che ci poniamo è: in che modo dobbiamo ripensare la fede per i giovani ma anche nelle parrocchie o nelle moschee, nei discorsi che i religiosi rivolgono ai loro fedeli?

E’ questo ciò che vogliamo: fare un survey su qual è in Libano l’esperienza cristiana, l’esperienza musulmana sunnita e l’esperienza musulmana sciita in questo ambito. Vogliamo confrontare, raccogliere magari anche solo le difficoltà comuni e cercare insieme una risposta ad esse. Credo sia questo lo scopo primario del nostro incontro in vista di un dialogo delle culture nella fede cristiana e in quella musulmana.

Quali effetti potrebbe produrre nel mondo cristiano e nel mondo musulmano la scomparsa delle Chiese del Medio Oriente?

Padre Samir: La scomparsa delle Chiese nel Medio Oriente sarebbe prima di tutto una perdita per la cristianità perché, come diceva Giovanni Paolo II, la Chiesa come ogni essere umano vive attraverso due polmoni: quello orientale e quello occidentale. Ora, le Chiese orientali sono nate qui nella Terra di Gesù, nei territori del Medio Oriente, dove Cristo è passato. E se questa esperienza, questi millenni di tradizione andranno persi allora la perdita sarà di tutta la Chiesa, sia dei cristiani d’Oriente che dei cristiani d’Occidente.

Ma c’è di più: se i cristiani se ne andranno dal Medio Oriente, in altri termini se i musulmani rimarranno tra di loro, allora mancherà un elemento di stimolo che è rappresentato proprio da quell’elemento di diversità che i cristiani possono apportare. Diversità di fede, perché i musulmani ci interrogano ogni giorno: “come mai voi dite che Dio è uno e trino? Questo è contraddittorio”. E noi diciamo: “come mai dite che Maometto è un profeta? quali sono per voi i criteri della profezia? Maometto risponde a questi criteri? E che cosa significa che il Corano è di Dio? In che senso voi dite che è disceso su Maometto?”. Noi diciamo che la Bibbia è divina però mediata attraverso gli autori umani mentre i musulmani vogliono togliere la mediazione di Maometto.

Queste domande che loro ci pongono e che noi poniamo sono uno stimolo oltre che per la civiltà anche per la società civile. Sarebbe una grande perdita perché il rischio è quello di voler fondare una società, uno Stato basato sulla sharia cioè su qualcosa che è stato stabilito nel VII sec. nella regione della Penisola arabica, anche se per i musulmani questa sharia è generica e vale per tutti i secoli, per tutte le culture.

E’ questo il grosso problema dell’Islam: come ripensare l’Islam oggi? L’assenza dei cristiani renderebbe il problema ancora più acuto.

Ci sarà mai un Illuminismo per l’Islam?

Padre Samir: Per l’Occidente, per la Chiesa l’Illuminismo ha significato un rinnovamento per la mente della fede che ci ha permesso di trarre ispirazione dalla cultura e dalla critica che sono venute con esso. L’Illuminismo ha significato fare piena luce sulla realtà del mondo della fede. Il rischio del credente è quello di partire solo dal fenomeno religioso, il ché è un fenomeno parziale nella vita umana e nella vita della società.

Se non confrontiamo questo fenomeno religioso con la scienza, con i diritti umani, con lo sviluppo della psicologia, delle scienze umane, con le culture del mondo, non riusciremo ad avere un cristianesimo aperto o, nel caso concreto, un Islamismo aperto.

La sua domanda è: l’Islam sarebbe capace di un movimento illuministico? In teoria, sì. Ne abbiamo avuto un esempio nel IX e nel X sec. Allora ci fu un Illuminismo suscitato dai cristiani siriaci provenienti dalla Siria, dalla Palestina e dall’Iraq che assimilarono la cultura ellenistica, la trasmisero, la tradussero, la commentarono, ne trassero ispirazione, producendo così delle generazioni di pensatori musulmani che fecero lo stesso applicandolo al Corano, ai dogmi e alle tradizioni sacre.

Questo fenomeno è andato avanti fino all’XI sec. e poi lentamente è morto, perché c’è stata la reazione Islamistica, che si è tradotta in una reazione strettamente religiosa con la esclusione della filosofia, per esempio, e della critica religiosa storica. Se questo ricomincerà non ci sarà mai un Illuminismo. Una precondizione è che sempre più musulmani studino tutte le scienze e accettino di studiare il testo del Corano come qualunque altro testo della letteratura araba, con gli stessi criteri.

Lo scopo principale è partire da una storia smitizzata. E mi auguro che arriveremo a questa rilettura critica e anche religiosa del Corano: fede e cultura, fede e scienza, fede e ragione. Questo era l’aspetto essenziale del discorso di Ratisbona del 12 settembre 2006 e rimane come tale, anche se è stato uno shock per molti musulmani in particolare, e per certi cristiani orientali che sono culturalmente islamizzati.

In che modo possiamo inserire la nascita e la diffusione dell’Islam all’interno del piano salvifico?

Padre Samir: Questa è una domanda delicata, ma legittima. Possiamo esprimerla cosi’: “Per quanto ci è dato a noi uomini conoscere questo, l’Islam ha un posto nel piano di Dio?”.

Nel corso della storia, i cristiani d’Oriente se la sono spesso fatta. La risposta dei teologi arabi cristiani era “Dio ha permesso la nascita dell’Islam per castigare i cristiani per le loro infedeltà”. Io penso che la verità sull’Islam sia riconducibile alla divisione tra i cristiani orientali, una divisione spesso dovuta a motivi nazionalistici e culturali nascosti dietro a formule teologiche. Questa situazione ha impedito loro di annunciare ai popoli della regione la Buona Novella, ciò che l’Islam ha fatto parzialmente!

L’Islam è servito a riaffermare la fede in un solo Dio, la chiamata a dedicarci completamente a lui, a modificare la nostra vita per adorarlo. Si è trattata di una reazione sana, nel prolungamento della tradizione biblica ebraica e cristiana. Ma in realtà per arrivare a questo ha eliminato tutto ciò che creava un po’ di difficoltà in particolare: la natura umana e al contempo divina di Cristo; il Dio uno e trino, che è dialogo e amore; e il fatto che Cristo si sia fatto obbediente fino alla morte sulla croce, che si sia svuotato di se stesso come dice san Paolo, per amore nostro!

E’ quindi una religione razionalizzata, non nel senso di secondo lo Spirito e la razionalità divina, ma nel senso di semplificata di quegli aspetti che la ragione umana non può accettare. L’Islam si presenta allora come la terza e ultima religione rivelata … e per noi ovviamente non lo è. Dopo Cristo – che il Corano riconosce come Parola di Dio, Verbo di Dio -, risulta incomprensibile come mai Dio abbia mandato un altro Verbo che è il Corano.

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e il Corano fosse in accordo e servisse a chiarire il Vangelo, direi: perché no? Come i santi che portano una luce sul Vangelo e sulla persona di Gesù. Ma qui no: è in contraddizione. Per questo non posso dire che Dio ha mandato un profeta (che sarebbe Muhammad) con una nuova rivelazione. Ancor meno posso dire di lui che è “il sigillo dei profeti” (khâtam al-nabiyyîn), come afferma il Corano, cioè che completa e corregge e porta a compimento la rivelazione di Cristo.

Ma allora, qual è il posto dell’Islam nel piano di Dio?

Padre Samir: Credo che per noi cristiani sia uno stimolante per riportarci al fondamento di tutto: Dio è l’Unico, la Realtà Ultima! Che è l’affermazione ebraica e cristiana fondamentale, ripresa dal Corano nella bella sura 112 : “Di’: Dio è l’Unico! Dio è l’Impenetrabile!” etc. Una affermazione che la vita moderna rischia di farci dimenticare. L’Islam ci ricorda che, se Cristo è il centro della fede cristiana, lo è sempre in rapporto al Padre; per rimanere nell’unicità, anche se il Corano non è riuscito a capire cosa fosse lo Spirito Santo.

Noi siamo interrogati ogni giorno dai musulmani sulla nostra fede e questo ci porta a ripensarla continuamente in funzione dell’Islam. Ringrazio i musulmani per le loro critiche, purché le facciano come riflessione e non come polemica. Lo stesso direi per le domande dei cristiani.

La nostra vocazione, di noi cristiani d’Oriente, è quella di vivere insieme ai musulmani, ci piaccia o no. E’ una missione! E’ difficile, ma dobbiamo vivere insieme. Per questo direi che tocca al musulmano difendere la presenza cristiana e al cristiano difendere la presenza musulmana. Non tocca infatti ad ognuno di noi difenderci, perché altrimenti si arriva allo scontro.

Spero allora che il Sinodo sul Medio Oriente, che avrà luogo dal 10 al 24 ottobre prossimi, aiuterà noi cristiani d’Occidente e d’Oriente, ma possa aiutare anche i musulmani, nel ripensare il senso del Piano divino che dobbiamo riscoprire nell’amicizia e talvolta nel confronto: perché siamo insieme su questa Terra del Medio Oriente, che è la Terra di Gesù – certo! – ma anche la terra di Mosè e di Maometto? Questa Terra deve diventare davvero “Terra Santa”!

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ZENIT Staff

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