ROMA, lunedì, 21 giugno 2010 (ZENIT.org).- Vari Cardinali della Curia romana hanno concelebrato questo giovedì a Roma una Messa di suffragio per due diplomatici ispirati dal cristianesimo che lottarono contro il nazismo: Luis Martins de Sousa Dantas e Aristides de Sousa Mendes.
Il presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani, il Cardinale Walter Kasper, ha presieduto l'Eucaristia, celebrata nella chiesa di Santa Maria in Traspontina, come riferisce "L'Osservatore Romano".
Hanno concelebrato, tra gli altri, il prefetto della Congregazione per il Clero, il Cardinale Cláudio Hummes, e il prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, il Cardinale William Joseph Levada.
Il presidente emerito del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace e del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, il Cardinale Renato Raffaele Martino, ha pronunciato l'omelia.
Il brasiliano Luis Martins de Sousa Dantas e il portoghese Aristides de Sousa Mendes salvarono migliaia di ebrei nei difficili anni della Seconda Guerra Mondiale.
"Sia Dantas sia Mendes appartengono a quella schiera di persone di retta coscienza - diplomatici e non - che in tutta l'Europa misero la loro vita a rischio per salvare quelle di tante persone minacciate dall'orrore razzista del nazifascismo", indica il quotidiano vaticano.
Tra queste persone, "L'Osservatore Romano" sottolinea lo svedese Wallenberg, lo svizzero Lutz, l'italiano Perlasca (seguendo gli ordini dell'ambasciatore spagnolo Sanz Briz) e il tedesco Schindler.
Profonda fede cristiana
Nella sua omelia, il Cardinal Martino ha ricordato che l'azione di Dantas e Mendes fu motivata da una profonda fede cristiana.
Questa azione acquisì ancor più rilevanza perché si svolgeva in consapevole disobbedienza nei confronti delle disposizioni dei rispettivi Governi, che - come quelli della maggior parte dei Paesi del mondo - in quegli anni erano più che disposti a lottare contro gli ebrei.
Mendes, impiegato nel consolato portoghese a Bordeaux, nella Francia di Petain, occupata dai nazisti, sfidò l'ordine esplicito del Governo portoghese di Salazar di evitare "in qualsiasi circostanza di concedere visti agli ebrei e ad altri indesiderabili".
Organizzò un sistema di visti che nascondeva l'identità ebraica e riuscì a salvare più di 30.000 persone che altrimenti sarebbero state destinate ai campi di concentramento e a una morte certa.
In seguito Mendes vide i suoi 14 figli costretti a emigrare e a disperdersi in vari luoghi del mondo.
Morì nella miseria più assoluta, in un rifugio per poveri gestito dai francescani a Lisbona, il 3 aprile 1954.
Come desiderava, il suo cadavere fu rivestito per la sepoltura con il saio francescano.
Dal canto suo, anche l'ambasciatore Dantas ascoltò la voce della sua coscienza ed eluse le disposizioni del suo Governo - meno esplicite di quelle portoghesi, ma non meno vincolanti - per favorire la fuga di migliaia di persone minacciate di morte.
La sua insubordinazione gli costò la carriera. In sua difesa, si limitò a dire di aver agito "mosso dai più elementari sentimenti di pietà cristiana".
Soprattutto a nome di Mendes e Dantas si è creato un comitato promotore di una Giornata della Coscienza, per ricordare e ringraziare Dio per tutti coloro che hanno avuto il coraggio di ascoltare la propria coscienza in quegli anni terribili.